Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 31 Domenica calendario

È nata la testing economy

Benvenuti nella testing economy. Certe volte gli economisti sono più veloci dei virus e Joshua Gans, dell’Università di Toronto, ha già portato in libreria “Economics in the Age of COVID-19”(MIT Press in 2020) il primo libro sull’economia ai tempi del coronavirus. «In fin dei conti la pandemia è un problema di informazione – spiega Gans -. Hai bisogno di sapere chi sono gli infettati, localizzarli e isolarli il più rapidamente possibile per curarli. Questo richiede un piano e la capacità di testare e di isolare le persone in maniera sicura e non invasiva in modo che non cerchino di sfuggire ai controlli», spiega l’economista. In questo scenario si sono mossi molto bene paesi sviluppati come Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong che si erano confrontati (e scottati) con Sars e Mers negli anni passati e avevano già sviluppato queste misure: «La capacità di testare e tracciare è stata molto utile perché non ha portato ai lockdown come in Italia e Canada dove mi trovo. Altri paesi come Australia e Nuova Zelanda hanno fatto un buon lavoro su questo fronte ma sono comunque dovuti ricorrere alla quarantena». 
Insomma, avere un piano e applicarlo tempestivamente – come hanno fatto con successo anche i Paesi africani – è stata la chiave per fare pochi danni. Per tutti gli altri, che hanno visto economia e società lacerate da lockdown e decessi, oggi la sfida è sviluppare rapidamente una “testing economy” che, come in Italia, stiamo ancora trascurando. Testare efficacemente e agilmente, infatti, è la chiave per determinare chi può tornare al lavoro in sicurezza e garantire la salubrità dei luoghi di produzione. «Anche con il vaccino, se e quando arriverà, i test continueranno ad essere una parte importante della nostra vita quotidiana», osserva Gans, di fatto sostenendo la linea dell’Oms. 
Sviluppare una nuova economia dei test è di fatto un grande sforzo di innovazione che va sostenuto con mezzi adeguati. Gans pensa a una nuova organizzazione sovranazionale che assomiglia più al Fondo monetario internazionale che all’Oms, in grado di sostenere l’innovazione non solo di nuovi farmaci ma anche in nuove tecnologie di tracing e diagnostica rapida per contenere la diffusione del virus sui luoghi di lavoro e sui mezzi di trasporto pubblici. Il ruolo della mano pubblica è fondamentale perché il mercato ha dimostrato di non riuscire a riconfigurarsi in tempi rapidi e per chi, dopo il Recovery Fund, si chiede come far digerire ai falchi dell’austerità altri investimenti pubblici, Gans ha i dati pronti. «Il trade-off è chiaramente conveniente come dimostrano epidemie come Sars ed Ebola». Nel 2003 il coronavirus della Sars, stretto parente di quello del Covid causò più di 40 miliardi di dollari di danni all’economia globale, mentre gli Usa investono appena un miliardo di dollari l’anno in programmi contro le pandemie e le malattie infettive. Una sperequazione ancor più evidente se si guarda agli investimenti nell’antiterrorismo statunitensi che raggiungono i 100 miliardi l’anno. 
Una delle priorità d’investimento sono, ovviamente la ricerca nei vaccini e negli antibiotici, spesso trascurata dalle aziende farmaceutiche, ma i nuovi farmaci non sanciranno la fine dei problemi causati dai virus. «Il vaccino è un problema enorme che incombe su tutti noi – spiega – perché se e quando arriverà nel 2021, ci saranno meno dosi di quelle richieste. La migliore risposta per i governi è cominciare investire in strutture di produzione già ora, anche prima che si identifichi il vaccino giusto. Tuttavia, con le carenze di vaccino si dovrà ricorrere a schemi di razionamento e suppongo che questo seguirà lo schema dei lavoratori essenziali che avranno la precedenza nel venire vaccinati». Poi seguiranno le persone più vulnerabili come gli anziani, poi è verosimile che ci saranno dei sistemi di assegnazione “a lotteria”. 
«Non sarà una discussione piacevole come economista penso che ci sarà spazio per permettere un sistema a lotteria insieme con uno di rivendita, così che, anche se vinci puoi rivendere la tua dose a chi è più indietro nella fila. Questo potrebbe essere lo schema migliore ma in realtà nessuno ha ancora un piano per questa fase che sarà un tema da affrontare nel 2021. Se saremo così fortunati da avere un vaccino che funziona». Il lavoro di Gans è ampio e fa chiarezza anche su diverse discussioni emerse nei paesi colpiti dal Covid dove si è parlato di economia di guerra e di scelte da fare tra distruzione dell’economia e protezione della salute. Entrambe sono fallaci. Le guerre, infatti, alterano e reindirizzano le attività economiche ma non le fermano, i lockdown invece riducono drasticamente la forza lavoro alle figure essenziali mettendo in crisi tutto ciò che non può essere svolto con sicurezza a distanza, creando una stasi rischiosissma per l’economia già nel medio termine. 
Allo stesso modo pensare di poter azzeccare un bilanciamento tra costi in vite umane e per l’economia puntando sullo sviluppo di una immunità di gregge è sbagliato nel caso di una virus così infettivo che, se lasciato libero, causerebbe un tasso di mortalità pesantissimo per l’economia nel lungo termine. Chi teme che Covid19 segni anche la fine della globalizzazione può però dormire sonni tranquilli. «Ci riprenderemo. Le pandemie lacerano le supply-chain sia a livello locale che globale. Va bene avere input da un altro paese, ma se hai una pandemia avrai lo stesso problema a livello locale. Chi vede il Covid come la fine della globalizzazione legge questa pandemia in maniera ideologica».