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 2020  maggio 31 Domenica calendario

Usa, è Carmageddon

Qualcuno ha coniato il termine apocalittico Carmageddon, per definire la paralisi di produzione e vendite e i suoi strascichi nell’era del Coronavirus. I grandi protagonisti americani del settore affrontano però lo shock senza lo spettro dei crack del 2008 e 2009. Non tutti sono nelle medesime condizioni. General Motors ha ancora spuntato un profitto nei primi tre mesi dell’anno. Ford è invece reduce da perdite per due miliardi di dollari e ne ha previste per oltre cinque miliardi nel secondo. Ma nell’insieme il settore stando agli analisti ha risorse per sopravvivere per alcuni trimestri – almeno fino al quarto – anche in assenza di entrate.
Gm e Ford, assieme a Fca, hanno rafforzato le loro casse dando fondo a linee di credito per 45 miliardi. Per preservare risorse hanno tagliato i compensi del management e sospeso i dividendi. I costi della crisi ci sono. L’agenzia di rating Fitch ipotizza che Ford bruci cash per 8,5 miliardi nel 2020, anche tenendo conto di una riapertura degli stabilimenti scattata il 18 maggio. Gm 3 miliardi. A fine del trimestre scorso Gm aveva tuttavia liquidità per 33,4 miliardi, contro i 14 nel 2008; il suo braccio finanziario Gm Financial 23,9 miliardi. Ford disponeva di 35 miliardi, contro i 24 di dodici anni or sono, e la sua Ford Credit 28,3 miliardi. Abbastanza perché Morgan Stanley, in un’analisi sullo shutdown, esprimesse fin dagli inizi «fiducia» sulla possibilità delle case Usa di «evitare destini» pessimistici. La stessa Gm ha stimato che il settore, che impiega un milione di lavoratori, è in grado di raggiungere il pareggio con vendite annuali tra 10 e 11 milioni di veicoli in Nordamerica, rispetto ai 15-17 milioni degli anni recenti di crescita. JD Power si attende quest’anno vendite tra 12,6 e i 14,5 milioni.
La solidità rivendicata dal settore ha diminuito l’urgenza di soccorsi pubblici. Anche se stimoli sono probabili nei prossimi piani economici federali, simili al programma Cash for Clunkers del 2009 quando furono offerti 4.500 dollari – 3 miliardi in tutto – per rottamare e sostituire vecchi modelli. Gli interrogativi in cerca di risposta, tuttavia, non mancano. La produzione resta ostaggio di sfide sanitarie e della necessità di sostenere la catena dei fornitori per evitare carenze di componenti. Non basta: la forza del recupero della domanda è men che sicura. E nel più lungo periodo, la crisi può mettere in dubbio investimenti per progetti di innovazione necessari a rimanere concorrenziali.
Sul mercato potrebbe pesare in particolare il collasso dei gruppi dell’autonoleggio, che contano per il 10% degli acquisti, 1,7 milioni di auto nel 2019. L’attesa è di forse 250.000 nel 2020. Società quali Hertz dovrebbero anzi cedere parchi di vetture in ottime condizioni, frenando qualunque fame di nuovi veicoli e indebolendo i prezzi dell’usato. In aprile le vendite sono crollate del 53%, ai minimi da decenni. In maggio, aiutate da forti incentivi su Suv e pickup, hanno dato segni meno scoraggianti, in ripresa del 50% dal mese precedente, ma pur sempre con cali ipotizzati attorno al 33%. Wall Street teme inoltre, accanto al debito accumulato dalle aziende, l’impatto di quello dei consumatori davanti all’elevata disoccupazione. Il mese scorso il 3,5% dei prestiti auto era in difficoltà, a fine 2019 quelli in sofferenza erano il 2,36%. Sulla frontiera delle strategie per il futuro, se Gm aveva già ampiamente riorganizzato le sue attività, Ford ha tuttora in gioco un piano pluriennale di ristrutturazione da 11 miliardi che prevede 7 miliardi di investimenti.