Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2020
Il Covid riscrive le gerarchie del Covid
A Barcellona Nissan chiude uno stabilimento ed esplode la rabbia dei 3 mila operai licenziati. In Francia il presidente Emmanuel Macron mette nero su bianco un piano da 8 miliardi di euro per sostenere l’auto transalpina e Renault risponde programmando 15 mila tagli e 2 miliardi di risparmi. In Italia Fca chiede 6,3 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato. Il settore auto è ufficialmente di nuovo in crisi travolto da uno tsnunami inatteso, generato dal Covid-19, e da un rivoluzione sottotraccia che l’emergenza dettata dalla pandemia ha accelerato in maniera repentina: l’avvento della nuova mobilità sostenibile.
In pochi mesi lo storico paradigma che ha sempre guidato la classifica dei gruppi automobilistici top al mondo è stato stravolto: il numero di vetture vendute conta solo parzialmente, ora prevale la capacità di guardare lontano. E la Borsa si è rivelata lo specchio più limpido di questa trasformazione. Ancora prima che il lockdown facesse crollare le immatricolazioni, Tesla aveva già imposto il proprio modello. La creatura di Elon Musk lo scorso gennaio ha superato per la prima volta i 100 miliardi di dollari di capitalizzazione, ora ne vale in Borsa 150 miliardi di dollari, scavalcando Volkswagen e diventando la seconda casa auto al mondo immediatamente alle spalle di Toyota, nonostante il colosso tedesco produca ben 30 volte l’ammontare di vetture rispetto a Tesla. Tanto che il 19 febbraio scorso, prima che l’Europa e poi lentamente anche il resto del mondo venissero sconvolti dal Covid-19, la compagnia valeva 170 miliardi di dollari contro i circa 79 miliardi di dollari di Volkswagen (ordinarie e risparmio): trattava oltre due volte il gruppo di Wolfsburg. E questi mesi difficili non hanno modificato questo curioso equilibrio. Tesla ha perso circa l’11,6% e Volkswagen l’11%.
Frutto, queste due performance, della forte correzione dei mercati legata allo scoppio della pandemia, una crisi che, come detto, ha fermato fabbriche e stabilimenti mettendo in ginocchio i grandi gruppi mondiali del settore già alle prese con un complesso processo di consolidamento e di transizione verso l’elettrico.
E a poco, per il momento, sono valse le misure messe in campo dai singoli Stati per sostenere il comparto. Interventi non coordinati e che solo nel caso del piano francese sono stati veicolati direttamente al mondo delle quattro ruote.
Lo scenario che ne emerge racconta così di qualcosa come 130 miliardi bruciati in Borsa ai tempi del Covid. La sola Fca ha visto il proprio valore a Piazza Affari scendere del 38% da inizio anno, Bmw del 25% sebbene sia una di quelle che ha parato meglio i colpi della crisi sul fronte delle vendite. Questi movimenti, d’altra parte, sono lo specchio di una performance che sul piano industriale fotografa una situazione al limite del sostenibile. Guardando al solo mese di aprile Volkswagen ha visto crollare le immatricolazioni del 76,2% in Europa, Psa dell’83,3%, Renault dell’82% Fca addirittura dell’88,6%. E se si guardano i numeri tra gennaio e aprile il quadro non consola, anzi, gli andamenti sono tutti compresi tra il -52% segnato da Mazda e il -28% di Toyota. Numeri tanto più eclatanti se si pensa che il settore normalmente nella sola Ue produce ogni anno oltre 20 milioni di veicoli pari al 23% della produzione mondiale. Un traino per il Vecchio Continente e che ora rischia di soccombere sotto il peso di queste due variabili inattese: la pandemia e la scalata di Tesla.
La correzione dei mercati degli ultimi mesi costruisce così una nuova classifica mondiale. Se la vetta resta presidiata nel pre e nel post Covid dalla casa giapponese Toyota con i suoi 211 miliardi di capitalizzazione, da questa posizione in giù cambia tutto. Tesla, come si diceva, è arrivata a capitalizzare 150 miliardi di dollari, occupando in modo stabile il secondo posto della graduatoria che nei volumi di vendita è presidiato da Volkswagen. La casa tedesca con i suoi 79 miliardi tra ordinarie e privilegiate scivola in terza posizione. In pratica la capitalizzazione di mercato del gruppo di Musk oggi supera la somma di quelle di GM (38 miliardi), Ford (22), Daimler (41 miliardi) e FCA (14 miliardi). Questo, a fronte del fatturato cumulato di queste aziende nell’anno scorso, pari a 608 miliardi di dollari, che vale quasi 25 volte quello di Tesla (25 miliardi) che per la cronaca nei suoi quasi 17 anni di vita non ha mai prodotto un utile annuo. Per incontrare l’alleanza Renault Nissan, il terzo gruppo mondiale auto con 8,1 milioni di vetture vendute, bisogna scendere fino alla 12° posizione per la casa giapponese (17 miliardi) e alla 22esima per il gruppo di Dominique Senard (7 miliardi). Un paradosso assai difficile da spiegare con i multipli, indicatori a cui normalmente si affida la Borsa per assegnare un valore prospettico a un’azienda. Certamente Tesla è la compagnia più attrezzata per affrontare le prossime sfide ma d’altro canto i numeri ad oggi non giustificano una simile valutazione. Qualcuno comincia già a parlare di bolla. Ma altri invece preferiscono mettere in fila i punti di forza del gruppo. Per molti oggi si tratta di trovare una nuova strada da percorrere in tempi piuttosto rapidi. E in proposito le leve sembrano essere fondamentalmente tre: veicoli elettrici, economia circolare e innovazione ad alto valore aggiunto. Tasselli che in parte già compongono il mosaico realizzato da Musk negli ultimi anni.