Il Messaggero, 31 maggio 2020
Un libro sull’ignoranza degli studenti universitari
Francamente viene da piangere leggendo queste pagine su un tema tanto cruciale quanto negletto come la formazione. Associato di Storia contemporanea all’Università di Cassino, studioso di Giovanni Nicotera, della Confederazione nazionale dell’Artigianato, e di Roma nel Novecento, Marco De Nicolò offre una disamina spietata delle competenze linguistico-cognitive dei suoi studenti e stila un catalogo ragionato delle carenze logiche, lessicali, sintattiche, dell’approssimazione comunicativa e dell’arte di arrangiarsi, vale a dire i tanti mali che affliggono i ragazzi italiani, spingendo gli esperti a parlare di dealfabetizzazione e desensibilizzazione alla cultura, per spiegare la narcolessia civile che è l’effetto. Intendiamoci, sono studenti universitari che però non sono in grado di recepire, assimilare e riprodurre costrutti complessi. Hanno difficoltà a orientarsi con la dimensione astratta, privi come sono di dimestichezza con la temporalità storica, la geografia, la logica conseguenziale e soprattutto con la lingua italiana.
FLORILEGIO
Ecco allora il florilegio di errori marchiani: «infliggerono, nacquerono, insignò, (peraltro utilizzato al posto di insediò)»; ecco gli svarioni fantasiosi: «Lenin fu decapitato e costretto all’esilio»; o il distillato di affermazioni tanto vaghe quanto intercambiabili: «In Russia c’ha Stalin, negli Stati Uniti c’ha il capitalismo». Segue l’elenco delle assurdità di giudizio di chi ci prova, buttandosi a indovinare cose che ignora: «La Guerra fredda si sviluppò nell’Europa del nord, e prese il nome per il clima gelido che causò la morte di moltissimi soldati».
APPROSSIMAZIONE
Trionfano così saccenteria e approssimazione: «Nel complesso appaiono emergere non pochi né minuscoli problemi», e insieme al luogo comune il moralismo prevale sulla conoscenza e sull’argomentazione razionale, e alla fine domina «l’esperienza onirica, caratterizzata dalla totale assenza di relazione tra dimensioni diverse, di logiche consequenziali, di identità esatte dei personaggi evocati».
Il male forse è irreversibile, ma la responsabilità prima, insiste il professore, è della scuola, che dalle elementari in su non è più in grado di fornire quelle nozioni di base, linguistiche, spazio-temporali, di analisi logica e di calcolo, che l’istruzione gratuita e obbligatoria dovrebbe garantire a tutti i cittadini. L’università, di conseguenza, è diventata il terminale di una formazione impossibile, che in nome dell’irrilevanza della scuola e dell’indifferenza verso la cultura rischia di disarticolare l’intera società.
IL CROLLO
Attenzione però. Per quanto imputi le colpe politiche del disastro al berlusconinsmo, alla tv commerciale, all’incuria per la cultura e ai tagli alla spesa pubblica che tra il 2007 e il 2012 hanno ridotto da 13 a 3 miliardi le risorse per l’istruzione, relegando l’Italia all’ultimo posto per gli investimenti sulla cultura e sulla scuola fra i paesi dell’Ue, De Nicolò non è un laudator temporis acti. Non è un bilioso spregiatore del presente in balia della retrotopia e della nostalgia per il buon tempo antico, quando Quasimodo e La Pira, grazie alla scuola pubblica, superavano l’handicap di essere nati poverissimi. È semmai un eroe civile, uno dei tanti invisibili eroi civili che ogni giorno combattono a mani nude per cercare di arginare il disastro, ora guardinghi sugli allievi che vorrebbero copiare, ora inflessibili sulla sbirciatina garantita almeno agli appunti, ora prodighi di sostegno alla studentessa capace di descrivere alla perfezione l’esistenza di Facebook, ma convinta di non poter sormontare un esame, e però inflessibili verso gli accompagnatori adulti degli studenti, quei genitori iperprotettivi che per difendere i figli finiscono per neutralizzarli, sabotandone la crescita e l’autonomia.