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 2020  maggio 30 Sabato calendario

Reportage da Trapani, Covid free da 40 giorni

Il professor Marino, alla Libreria del Corso, la fa facile: «Resisteremo anche una stagione senza turisti. Meglio che restino a casa». Ma Teresa Stefanetti, libraia indipendente che durante il lockdown ha pedalato ogni giorno per le consegne a domicilio ai suoi clienti, non ne è affatto sicura: «Tu uno stipendio ce l’hai, ma qui la città sta morendo». E ha ragione: Trapani è una città in ginocchio nonostante l’invidiabilissimo primato della provincia italiana che, ormai da 40 giorni, non fa registrare alcun nuovo contagio. Lo conferma il direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asp Franco Di Gregorio: «L’ultimo lo abbiamo registrato il 18 aprile. Qualcuno in questi giorni ha messo in giro notizie di cinque nuovi casi positivi, ma non è così. Tre sono persone che si sono infettate addirittura a marzo o ai primi di aprile in altre province della Sicilia e ora, contravvenendo peraltro alla normativa, sono stati mandati ai loro domicili nella nostra provincia per trascorrere il periodo di isolamento domiciliare».
«Gli ultimi sono due ragazzi rientrati dal Veneto e delle Marche che, a fine quarantena, sono risultati positivi al primo tampone – chiarisce Di Gregorio – Dunque hanno contratto il virus fuori dalla Sicilia e non possono essere ascritti ai contagi del territorio. Sono asintomatici, chi è stato con loro è negativo. E questo conferma quanto è evidente dai nostri dati epidemiologici. E cioè che gli asintomatici hanno una capacità di contagio estremamente bassa. Quindi possiamo serenamente dire, dopo più di due cicli di incubazione trascorsi. che Trapani è zona libera da circolazione virale».
Zero ricoverati da settimane, reparto Covid chiuso. Ma qui sembra non gioirne nessuno. La paura è il sentimento dominante. Che si riflette nei tavolini desolantemente vuoti dei pochi bar aperti sul Corso, nel salotto di quello che fino all’anno scorso era un centro storico gioiello, nei negozi deserti, nelle vetrine di via Garibaldi, dove ( due su tre) campeggiano cartelli di vendesi e affittasi. C’è la fila solo fuori dal Banco di Sicilia: tutta gente che aspetta di sapere se gli attesi 25.000 euro sono arrivati. Il sindaco Giacomo Tranchida, che ammette di avere avuto fin qui «un atteggiamento terrorista che ha funzionato», vorrebbe il passaporto sanitario e al collega Beppe Sala risponde per le rime: «Se non ti vuoi sottoporre al test sanitario per tutelare te stesso, i tuoi familiari e i luoghi in cui vuoi andare allora te ne stai a casa, caro sindaco di Milano». Ciccio Scarcella, mascherina rossa e grembiule nero, davanti al suo “Garibaldi 58” tiene ottimisticamente un cartello in inglese per attirare inesistenti clienti stranieri, “Glass of wine and sicilian plate, 7 euro”, ma di turisti neanche l’ombra. «Sono uno dei pochi che ha riaperto il 18 maggio – dice sconsolato – ma più di qualche caffè non riesco a fare e in giro si vedono solo ragazzini. Speriamo in giugno anche se qui siamo tutti combattuti tra il desiderio di tornare a lavorare e il terrore di vedere arrivare gente da fuori».
All’imbarcadero dei traghetti per le isole Egadi la desolazione è assoluta. I profili di Favignana, Levanzo e Marettimo si stagliano nitidi all’orizzonte di un mare piatto e un cielo azzurrissimo che, in altri tempi, alla vigilia del primo ponte quasi estivo, avrebbe attirato migliaia di vacanzieri. E invece, ad attendere l’apertura della biglietteria (prima di passare nella sala per la misurazione della temperatura) ci sono solo una ventina di isolani che tornano a casa.
Appoggiato al suo taxi, fermo davanti alla stazione marittima, Giuseppe Spezia, 29 anni, guarda avvilito i pochissimi passeggeri che scendono dall’aliscafo e fuggono via verso auto con familiari che li aspettano. «Sono qui dalle 5 del mattino, adesso è mezzogiorno e sa quante corse ho fatto? Zero. E così tutta la settimana. Vengo perché voglio lavorare ma in cinque giorni ho incassato 18 euro. Se non fosse per i 600 euro che mi sono arrivati, non riuscirei neanche a mangiare. E la vedo malissimo. Qui la gente ha paura di quelli che vengono da fuori. Nelle isole sono disperati, non si riesce ad aprire un lido, un hotel, un bed and breakfast. Ma come fai se non siamo in grado neanche di dire alla gente se può venire in vacanza, da quando, se devi fare la quarantena, il test o nulla. Se io fossi un turista, non verrei».