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 2020  maggio 30 Sabato calendario

Intervista ad Alba Rohrwacher

Doveva essere una primavera di inizi e di traguardi, con film pronti, tra cui Tre piani di Nanni Moretti, in cartellone al Festival di Cannes che non c’è stato, Lacci di Daniele Luchetti, Le ultime parole di Jonathan Nossiter, e altri sul punto di essere girati. Una primavera piena di impegni, cristallizzata dall’esperienza pandemia, in un tempo faticoso per un’attrice abituata a intensi programmi di lavoro. Eppure l’unico titolo che ha visto la luce, Magari di Ginevra Elkann, in cui Alba Rohrwacher con il ruolo di Benedetta è candidata ai Nastri d’Argento, è un successo da 200 mila spettatori e 450 mila visualizzazioni, il quarto titolo più visto on demand di tutta l’offerta RaiPlay: «Siamo felici - dice Rohrwacher -. Con Ginevra siamo amiche da tanti anni, quando mi ha mandato la sceneggiatura l’avevo letta per amicizia e per stima, non sapevo ancora che mi avrebbe chiesto di essere Benedetta. Ho trovato il film delicato, struggente, capace di descrivere un mondo in maniera molto viva».
La storia, ambientata all’alba dei ‘90, è raccontata dal punto di vista della piccola Alma. Lei com’era in quegli anni e in quel periodo della sua vita?
«Sono entrata nell’adolescenza molto in ritardo, a 15 anni ero ancora una bambina, diciamo che la metà degli Anni 90 ha coinciso, per me, con il momento del passaggio, da ragazzina a adolescente. Proprio oggi mi è capitato di ripensarci, sono venuta in campagna da mia sorella Alice, nella casa dove sono cresciuta, e sua figlia ha ritrovato un mio piccolo diario, scritto proprio nell’inverno del ‘94. In questo diarietto parlavo di una domenica come tante, dicevo che ero a casa con mio padre e mia sorella, che c’era un po’ di neve. La nostra è stata una vita di campagna che ha anche a che fare con il sentimento della noia, una vita operosa d’estate che, poi, d’inverno, comporta una specie di letargo. Io mi mettevo a scrivere e a disegnare, cercavo modi per passare il tempo. In questo, forse, c’è un parallelo con i ragazzi di Magari, che pur nella noia di una vacanza forzata, trovano la loro vitalità, lanciandosi in quelle piccole avventure che a quell’età sembrano incredibili e che poi, guardate da lontano, fanno sorridere per la loro ingenuità. Le ho vissute anch’io, allo stesso modo».
Quel tempo, spesso, è anche il tempo della ribellione. Per lei è stato così?
«Sono primogenita, e, secondo il classico lessico familiare, sono stata, come tutti i primogeniti, quella che si è ribellata e ha aperto le porte. Quindi sì, sono stata una tarda adolescente, anzi, una ragazzina ribelle, in opposizione. Credo sia sano creare un conflitto costruttivo, che non si riduca solo al muro contro muro».
Sua sorella è la regista Alice Rohrwacher, che tipo di rapporto è il vostro?
«Alice è il legame più profondo della mia esistenza, nutrito da tante cose, cui, a un certo punto, si è aggiunta la possibilità di lavorare insieme. Un’opportunità scoperta in età adulta, che, come sorelle, ci ha rese ancora più solide. Avere una sorella, dei fratelli, è una fortuna».
Nel film di Ginevra Elkann c’è un padre assente, ritrovato all’improvviso, e una figlia bambina che ne ricerca tenacemente le attenzioni. Tra padri e figlie femmine esiste un rapporto speciale?
«Nella costruzione di una bambina i padri sono riferimenti fondamentali. In un modo ironico e delicato Magari racconta anche quanto sia complesso assumersi le responsabilità paterne e quanto, nel momento in cui questo avviene, per la piccola Alma il padre diventi una figura guida, colui che la condurrà alla scoperta di mondi paralleli».
Benedetta, la sceneggiatrice amante di Carlo, è un personaggio carico di sensualità, con un marcato lato seduttivo. Non le è capitato spesso di interpretare ruoli di questo tipo, come ci si è trovata?
«Sì, Benedetta ha una sensualità libera e una disinvoltura che facilita i problemi. Forse ci sono stati altri ruoli di questo tipo, e altri in cui non mi veniva richiesto di essere così. Un attore è anche, molto, nel modo in cui il regista lo guarda. Benedetta doveva essere sensualmente dirompente nella vita del figlio adolescente di Carlo, io ho messo a disposizione questo mio aspetto e la regista lo ha colto».
«Magari» è arrivato al pubblico su piattaforma, causa chiusura dei cinema per il Covid, in una fase storica molto particolare. Lei come l’ha vissuta?
«Sono stata a casa, come tutti, vivendo questa situazione estrema e difficile. Per ogni essere umano è stata una prova faticosa, dolorosa, sconvolgente, uno stravolgimento epocale. Un’occasione di arricchimento e di impoverimento, che dobbiamo attraversare ognuno con le proprie specificità. E’ chiaro che ci sarà un prima e un dopo, ma non è ancora chiaro il come».
In che modo si sente, a questo punto della sua carriera?
«Non riesco mai a fare questo tipo di valutazioni, non sono brava nei bilanci. Sicuramente, in queste settimane, ho fatto tante riflessioni che vanno oltre me stessa. Ho pensato al nostro modo di vivere frenetico che, improvvisamente, si è bloccato, facendoci scendere dall’ottovolante e obbligandoci a vedere il mondo in modo diverso. Eravamo tutti come sedati, non ci rendevamo conto di essere dentro quella frenesia. Adesso è importante capire che, seppure dovessimo rientrarci, dobbiamo restare vigili, perché oggi possiamo dire che quella frenesia era distraente, ma forse non sana».