Il Sole 24 Ore, 30 maggio 2020
Wall Street, valutazioni ai massimi dalla bolla internet
La recessione che si prospetta all’orizzonte sarà nettamente più dura di quella del 2008-2009. Le stime del Fondo monetario internazionale indicano un -5,9% per gli Usa e un -7,1% per Unione europea (nel 2009 il calo fu rispettivamente del 2,5% e del 4,5%). La recessione avrà un impatto pesante sui conti societari. Le previsioni del consensus degli analisti Refinitiv indicano una flessione del 23,2% per i titoli dell’S&P500 americano e un -26,6% per le “blue chip” europee.
Numeri pesanti che, a una prima occhiata, non sembrano prezzati da un mercato azionario oggi come non mai lontano dall’economia reale. In particolare a Wall Street dove l’indice S&P500 ha recuperato oltre il 34% dai minimi di fine marzo e ha ridotto il passivo da inizio anno ad appena 6 punti percentuali. Una simile performance a fronte di una pesante sforbiciata sulle previsioni degli utili si è tradotta in un’impennata record dei cosiddetti multipli, gli indicatori che rapportano il valore di un’azione a dati di conto economico e di bilancio e che vengono normalmente presi come riferimento per valutare se il prezzo di un titolo o di un listino azionario è congruo con i fondamentali di bilancio: oggi Wall Street quota mediamente 23 volte gli utili attesi nei prossimi 12 mesi. Era dalla bolla internet di inizio anni 2000 che non si vedevano numeri del genere. Anche in Europa si è registrata un’impennata delle valutazioni di Borsa seppur meno pronunciata che a Wall Street: l’indice S&P Europe 350quota oltre 18 volte gli utili attesi contro una media dell’ultimo decennio di 13,28 punti.
In genere l’impennata delle valutazioni azionarie si registra nelle fasi di esuberanza irrazionale che precedono lo scoppio delle bolle speculative (come appunto la famosa bolla delle dotcom di inizio anni 2000). È anche vero che, seppure in misura più contenuta, il fenomeno dell’impennata dei multipli si registrò anche nel 2009, l’anno della pesante recessione post-crisi finanziaria.
Il mercato azionario è anticipatore di natura e, archiviata una recessione, scommette già sulla ripartenza. Non sono tanto i numeri del 2020 quelli a cui guardano le Borse ma a quelli del 2021 quando si spera che, magari con l’arrivo di un vaccino, tutto tornerà “business as usual”. Non è al -23,2% di calo degli utili che guarda Wall Street ma al +30% previsto per il 2021. Il mercato scommette sulla ripartenza anche sulla scorta di una dose di carburante senza precedenti garantita dalle politiche straordinarie di stimolo fiscale e monetario messe in atto da governi e banche centrali che, per far fronte alla peggior crisi dal secondo dopoguerra, hanno messo in campo risorse per un controvalore a livello globale che Bank of America Merrill Lynch stima intorno ai 18mila miliardi di dollari.
Le valutazioni record di Wall Street riflettono anche il peso specifico della tecnologia che vale un quarto della capitalizzazione dell’S&P 500 e che è indubbiamente uno dei sei comparti usciti vincenti dalla crisi. La speculazione sul settore, già molto forte prima della pandemia, ha registrato una chiara accelerazione perché si scommette che il massiccio ricorso alla tecnologia che si è visto durante il lockdown sarà un processo destinato a consolidarsi anche finita l’emergenza. Insieme al comparto utilities la tecnologia è l’unico che non registrerà un calo degli utili quest’anno stando alle previsione degli analisti e nel 2021 i profitti sono previsti tornare a crescere a doppia cifra: +18 per cento. In questa prospettiva le valutazioni di Big Tech sono balzate a livelli mai visti nel passato recente: l’indice Nasdaq tratta in media 34 volte gli utili attesi contro una media storica di 22 volte.