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 2020  maggio 29 Venerdì calendario

Periscopio

I cinesi non saranno i nuovi padroni dell’Europa perché il loro autoritarismo potrà andare bene in qualche paese balcanico. Tutto il resto dell’Occidente è vaccinato. Rino Formica, 93 anni, ex ministro delle finanze, socialista (Concetto Vecchio). la Repubblica.
Le manette e la reclusione sono tutti poteri dei pm che, nella maggior parte dei casi, soggiogano i giudici delle udienze preliminari, gip, ma per fortuna non i collegi giudicanti. Infatti, circa il 40% dei processi si conclude con l’assoluzione. L’ideologo di queste leggi è Piercamillo Davigo. Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc (Maurizio Caversan). LaVerità.

Nell’Unione europea ci sono Paesi molto più poveri dell’Italia, come ad esempio la Slovacchia, la Polonia, l’Ungheria. Conte è là seduto per terra che strilla: «Voglio gli eurobond!», ma chi dovrebbe pagare, gli ungheresi? Gli slovacchi? L’Italia vuole solidarietà da un gruppo di Paesi che sono molto più poveri di lei. Edward Luttwak (Antonio Amorosi). Affari italiani.

Il tema della sostenibilità era stato centrale per l’Expo. Oggi come allora i modelli economici e gli approcci ambientali tradizionali hanno mostrato la propria inadeguatezza, a cominciare dalla corsa alla globalizzazione, concausa della rapida diffusione della pandemia. Letizia Moratti, ex sindaco di Milano (Giannino della Frattina). il Giornale.

Io penso molto più volentieri per strada, nei cantieri, nei caffè, camminando sui marciapiedi. Adesso che sono costretto a stare in casa penso in modo diverso. Se la vita è un grande mosaico che ciascuno di noi costruisce su una parete, ogni giorno aggiungendo una tessera, questo è il tempo in cui ti allontani, prendi una distanza, guardi le dimensioni delle cose. I mosaicisti di Ravenna lavoravano così: ogni tanto si allontanavano per capire meglio cosa andava bene e cosa no; magari si rendevano conto che le proporzioni erano sbagliate, e dovevano lavorare diversamente. Non è roba da intellettuali: io non sono un intellettuale. Lo fa anche il contadino che il sabato si siede sull’uscio e osserva i campi che ha lavorato. Renzo Piano, architetto e senatore (Aldo Cazzullo). Corsera.

No, non voglio immaginare il mio futuro chiuso in casa a leggere libri di poesie, a fare il pane con il lievito, a osservare dalla finestra la pioggia sui vetri e convincermi che mi ero perso qualcosa. Avevo un’anima anche prima, leggevo poesie anche prima, sapevo stupirmi della vita anche prima. Andrea Di Consoli. il Giornale.

No. L’uomo non è malvagio di natura. L’uomo è egoista. Certo, non è un angelo. Guai a trattarlo da angelo. Questo è il vero segreto che tiene in vita la Chiesa cattolica da duemila anni: noi non abbiamo mai trattato l’uomo da angelo. Noi sappiamo che l’uomo è fatto di terra, anzi di fango. Noi sappiamo che l’uomo desidera, ama, mangia, beve, uccide. A dirla tutta, l’uomo brama, scopa, divora, tracanna, squarta. Ma può essere indotto al bene, se la cosa lo fa sentire migliore. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Di musica Alberto Arbasino capiva meno dei cazzi che pretendeva di aver ricevuti. Andava solo alle prime seguite dalle cene nelle case dell’aristocrazia dove ambiva essere ricevuto. Paolo Isotta, musicologo. Libero.

È stato come se fossimo tutti agli arresti domiciliari, un’esperienza straniante per tutti. E io, tra una partita alla Playstation e una serie su Netflix, mi domandavo come passano vip, scrittori, intellettuali la loro quarantena. Il primo della mia lista è stato Silvan. «L’esperienza più assurda è stata andare a fare la spesa, per la prima volta in vita mia. Avevo un cappello, gli occhiali scuri, la mascherina, l’impermeabile, sembravo l’uomo invisibile. Ci ho messo due ore, perché non trovavo niente». Grazie alla quarantena abbiamo scoperto un trucco che Silvan non sa fare: trovare un barattolo in un supermercato. Massimiliano Parente. il Giornale.

Nei giorni del sequestro Moro tenevo i rapporti fra Berlinguer e Zaccagnini. Quante notti ho passato pregando con Benigno. Durante i funerali dello statista, partecipò alla messa che celebrai sul tavolo da cucina dei Brigante, i parenti presso i quali il segretario della Dc, Zaccagnini, appunto, abitava quando veniva a Roma. Gianni Gennari, 80 anni, ex prete, oggi collaboratore di Avvenire (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Ogni tanto mio padre, Fosco Maraini, spariva per i suoi fantastici viaggi. Parlo degli anni tra il 1947 e il 1955. Il più epico, per me bambina, fu quando tornò dal Tibet. Assieme alle solite casse di libri, ce n’era una di metallo. Quando l’aprì vidi delle corde e dei pezzi di legno. Era un letto tibetano che papà rimontò e mise nel suo piccolo studio. Toni Maraini, storica dell’arte (Antonio Gnoli). la Repubblica.

La politica ha le sue miserie ma il magistrato Di Matteo? Ha agito da emulo maldestro di un suo corregionale e politico di seconda fila, Leoluca Orlando, che 30 anni fa accusò in tv il giudice Giovanni Falcone di «tenere nel cassetto» le prove che inchiodavano il dc Giulio Andreotti, a suo dire mafioso di complemento. Erano panzane, ma la vicenda indebolì Falcone, finché fu ucciso. Poi, sparsero tutti lacrime di coccodrillo, Orlando più di tutti. Ripeto: me ne impipo di Bonafede ma che un giudice accusi via whatsapp anziché con carta bollata mi ribolle. Che aspetta a tirargli le orecchie il Csm, se non per mano del suo presidente Sergio Mattarella, che un terzo siciliano è forse troppo, ma almeno del bigio Davide Ermini, suo vice? Giancarlo Perna. LaVerità.

Al giovedì sera, dopo cena, mio padre Luigi Einaudi riceveva gli amici. Vino di Dogliani e pasticciai. Erano escluse le signore che la mamma riceveva al tè del venerdì. Ricordo in particolare due barbe, una bianca del professor Jannaccone, e una rossa, di Giole Solari. A quest’ultimo, da ragazzino, tiravo la barba, e lui mi sollevava da terra affinché potessi farlo più facilmente. Mi comportavo con lui come forse avrei desiderato comportarmi con mio padre, al quale non avrei mai osato tirare i baffi. Giulio Einaudi, Frammenti di memoria. Rizzoli, 1988.

Tra cielo e suolo, c’è la terza Roma, quella del Palazzo pasoliniano, sintesi di tutti i luoghi dove ogni tipo di potere trova alloggio e sfogo, sollevato dalle miserie, proiettato verso lo splendore. Nel raggio di questo palazzo rientrano i salotti e i giardini pensili che ospitano le cene dove si fanno e disfano relazioni, carriere, le ascese ardite e le risalite, le vite degli altri. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.

Un buon politico ha la memoria corta e la vista lunga. Roberto Gervaso. il Giornale.