Corriere della Sera, 29 maggio 2020
La disoccupazione, l’incubo di Trump
Con quelli di venerdì (2.123.000), sono 40 milioni e 800 mila gli americani che hanno chiesto sussidi di disoccupazione dall’inizio della crisi del coronavirus: un lavoratore su quattro, anche se, considerando gli impieghi temporanei, il tasso reale dei senza lavoro è probabilmente più vicino al 20 che al 25%. Comunque un incubo per l’America abituata alla piena occupazione (peraltro solo teorica anche nei momenti migliori) e per Trump, vista la tendenza degli elettori a «votare col portafoglio». In realtà nel Dopoguerra gli Usa hanno rieletto presidenti anche in periodi economici molto difficili: Reagan nel 1984 e Obama nel 2012, ma allora la disoccupazione, considerata elevatissima, era all’8%. A sconcertare l’America (e Trump) non è solo il numero dei disoccupati, ma anche la scoperta che nella gestione del mercato del lavoro la vecchia e sclerotica Europa e il Giappone se la stanno cavando meglio degli Usa. Si moltiplicano i raffronti tra i licenziamenti di massa americani seguiti da un’altrettanto massiccia pioggia di sussidi temporanei ai disoccupati e le politiche della Germania che (come gli altri Paesi europei) preferisce sussidiare la permanenza dei lavoratori nelle loro aziende in modo da ridurre la distruzione di capitale umano e la necessità di nuova formazione al momento della ripresa. Fa quasi tenerezza seguire il dibattito economico Usa dominato dalla sorpresa per la scoperta che se licenzi e poi sostieni con sussidi un lavoratore malpagato rendi più difficile il suo recupero. Un Paese che ha poca dimestichezza con gli ammortizzatori sociali perché abituato a una crescita continua che facilita il riassorbimento della disoccupazione, non sa come affrontare il new normal di una ripresa che sarà lenta. Noi sappiamo da tempo che meccanismi come la cassa integrazione, potenziale zavorra per le imprese in periodi di sviluppo, in fase di ripiegamento sono preziosi per contenere il disagio sociale. Trump, che vantava la piena occupazione Usa e la confrontava coi numeri «difficili» della Ue, ora legge, allarmato, il rapporto della Goldman Sachs: in Gran Bretagna, Germania, Giappone e Australia la disoccupazione calerà all’8% a fine anno e scenderà ancora nel 2021, mentre negli Usa il recupero sarà più lento: i disoccupati caleranno dal 25 al 20% nel terzo trimestre. A dicembre saranno ancora al 12. Per scendere all’8% si dovrà aspettare il 2022.