Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 29 Venerdì calendario

Biografia di Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata


Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata, nata a Roma il 29 maggio 1934 (86 anni). Nobildonna veneziana • «La contessa di Cinecittà» • «Una delle regine di quel jet set che è riuscito a perpetuarsi negli anni sulla scia della dolce vita, quando le capitali del bel mondo erano Roma, St. Moritz, Cortina e, appunto, Venezia» (Davide Scalzotto, Gazzettino, 29/5/2014) • «I Cicogna sono patrizi veneti ascritti al Maggior Consiglio dal 1381 per aver partecipato alla guerra di Chioggia. Insomma, comandano da più di sette secoli. Sua madre è Annamaria Volpi di Misurata e quindi suo nonno era il conte Giuseppe che nel 1932 fondò la Mostra del cinema di Venezia. Simili alberi genealogici raramente producono borghesi mediocrità: o personaggi destinati a perdersi, prede di oscure depressioni; o protagonisti assoluti. Lei appartiene alla seconda schiera» (Paolo Conti) • Prima donna in Italia a occuparsi di produzione cinematografica. È stata titolare, assieme al fratello Ascanio, della Euro International Film, con cui ha finanziato, tra le altre cose: C’era una volta il west (Sergio Leone, 1968), Medea (Pier Paolo Pasolini, 1969), Metti, una sera a cena (Giuseppe Patroni Griffi, 1969), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1970), La classe operaia va in paradiso (Elio Petri, 1971), Fratello sole, sorella luna (Franco Zeffirelli, 1972), Mimì metallurgico ferito nell’onore (Lina Wermüller, 1972), Lo chiameremo Andrea (Vittorio De Sica) • Prima donna in Italia ad amare pubblicamente un’altra donna: visse per vent’anni con l’attrice Florinda Bolkan, ha adottato la sua attuale compagna Benedetta Gardona • Amica di Giovanni Agnelli che una volta le disse: «Mozzoni, vorrei clonarti» • Ha conosciuto e frequentato, tra gli altri, re Idris di Libia, Lady D, Jeanne Moreau, Pierre Cardin, Brando Brandolini, Debo Devonshire, Marella Agnelli, Hilary Swank, Henry Fonda e la quarta moglie Afdera Franchetti, Margaret d’Inghilterra e il marito lord Snowden • «Dice “pazzesco” tante volte, con la e aperta, lombarda, “adésso” invece strettissimo, “nessssuno” con tante esse (voce nasale, ogni tanto sprofonda in un risolino di sospensione: è diventata una bambina). Si alza in continuazione per mostrare, avrebbero detto ai suoi tempi, una taille perfetta, e una postura […] drittissima» (Michele Masneri, Il Foglio, 9/3/2019) • Amante del tennis e dello sci: Teorizza che la vecchiaia non esista e che, se esiste, arriva proprio quando si deve abbandonare lo skilift • Ha un volpino di Pomerania scelto dietro consiglio di Valentino. L’ha chiamato Jay, come la città di Jaypur, nel Rajastan. «Assieme a Rio, per me è il luogo più bello del mondo» • Ha detto: «Per me l’eleganza è mettere pochi orpelli, avere un po’ di fantasia e, aggiungerei, non spendere mai troppo».
Titoli di testa «È vera o finta? È ricca o povera? È giovane o anziana? Nelle interviste in cui l’hanno spremuta a dovere dice che è indigente, che ha fatto solo un lifting. Che ama uomini e donne. Eccola qui appollaiata su via Veneto: animale mitologico, più aquila che cicogna. Con mani che sono artigli affilatissimi, e ai piedi delle Hogan nere brillantate: a Roma un manifesto politico, per chi non ha complessi culturali. Le usava Domietta del Drago, per esempio» (Masneri).
Vita Figlia di Cesare Cicogna Mazzoni e Annamaria Volpi di Misurata. Nasce a palazzo Volpi, unica magione in via del Quirinale oltre al Quirinale stesso • Il padre, banchiere, ha prodotto Ladri di biciclette e portato in Italia film come La vita è meravigliosa di Frank Capra. Il nonno materno, Giuseppe Volpi, è imprenditore e uomo di Stato. Ha creato il porto di Marghera, inventato il Festival di Venezia. È diventato governatore della Libia con Giolitti e ministro delle Finanze con Mussolini. Il re lo ha nominato conte di Misurata • Una sua bisnonna è ebrea polacca. «Cosa importante, perché quando vedo l’aristocrazia italiana non è che sono molto inventivi o altro, aiuta molto il cervello avere un po’ di sangue ebreo» • Marina passa un’infanzia agiata. «A Venezia avevamo più di venti persone di servizio, a Tripoli trenta e io una cameriera ad ore» • «La ricchezza cosa è per lei? “Sono cresciuta con la sicurezza che ci sarebbe anche stata, ma l’ho vista anche scomparire per mille e una ragione da tanta gente. Ho visto ricchezze paurose che una volta non esistevano. La gente ricca dell’epoca dei miei genitori oggi sarebbe gente mediamente possidente. Non esistevano quelle ricchezze per cui un uomo solo era più ricco di un Paese”» (Giuseppe Fantasia, Huffington Post, 6/10/2019) • «Sono lombardo-veneta, perché mio padre era di Milano, ma sua madre era una napoletana di origine inglese. Mia madre, invece, era la persona più veneziana che abbia mai conosciuto, ma con una madre fiorentina» • «Sua madre era una donna formale? “Mi amava molto – preferiva me a mio fratello. Quando nacque Bino le venne l’acne: chissà che anche questo non voglia dire qualcosa – ma era distante e poco pratica. Era gentile e io non l’ho mai vista arrabbiarsi, ma, se penso a lei, provo malinconia perché mi pare si sia sempre tenuta tutto dentro”» (Fantasia) • «Ho avuto la fortuna di avere una madre che mi trascinava per musei. Poi mi trascinava anche all’opera – sa: Venezia, la Fenice» (a Silvia Nucini, Vanity Fair, 19/9/2019) • Fin da ragazzina ha la passione per il cinema. «Facevo impazzire mia madre. A Venezia, durante la Mostra, ero al cinema dalle nove di mattina» (a Nanà Bottazzi, Chi, n. 45, 10/11/2010) • «Ho vissuto anche in molti altri Paesi, da bambina a Londra, perché mio padre era antifascista e lavorava lì, tanto che la mia prima lingua è stata proprio l’inglese. […] Durante la guerra eravamo in Svizzera, la mia seconda lingua è stato il tedesco, poi l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese» • Dopo la guerra i suoi genitori si separano. «“Ho dovuto scegliere con chi vivere e quando, se durante la scuola o durante le vacanze. Mio padre era difficile, quindi vivevo con lui il periodo di scuola. Sono andata al Parini a Milano, ma non andavamo d’accordo; a 14 anni ho preso un treno e sono venuta a Roma da mia madre che all’epoca stava mettendo a posto una parte di Palazzo Volpi in cui dopo siamo andate a vivere. Nel frattempo, vivevamo al Grand Hotel (oggi è il St.Regis, ndr) e andavo al Tasso. Molta gente aveva appartamenti lì, tra cui Gianni Agnelli che vi aveva portato anche dei mobili suoi”. Di quella vita in hotel, cosa ricorda? “Stavo benissimo, andavo a scuola, ero coccolata. Poi d’estate a Venezia e d’inverno a Cortina. Una vita molto normale”. Quanti anni ci siete rimasti? “Un paio d’anni e poi tutti a Palazzo Volpi dove siamo andati a vivere. In particolare, ho avuto sempre questa specie di ritorno a Roma, che lo volessi o no”» (Fantasia) • «“Amavo il cinema, incontravo gli attori, David O. Selznick, il produttore di Via col vento, mi considerava la figlia femmina che non aveva avuto, all’università in California la mia vicina di stanza era Barbara Warner, la figlia di Jack Warner, più tardi Montgomery Clift divenne mio intimo amico. Tra i 18 e i 26 anni mi tolsi tutta la voglia di divertimento” […] sua madre Annamaria aveva acquistato la Euro International Film, società di distribuzione. “Non conoscendo nessuno abile nella scelta, mi feci avanti io. Il mio primo film fu L’uomo del banco dei pegni. Andai a Cannes, dove c’erano i manifesti di Bella di giorno con Catherine Deneuve. Alla Euro mi presero a male parole: chi è questo Buñuel? Risposi: andrà bene nelle sale e vincerà a Venezia. Così fu. Volevo film con protagoniste donne che uscissero da schemi normali. Presi Helga, tedesco, non si era ancora mai visto un parto in primo piano: costato 10 milioni di lire, guadagnammo 3 miliardi». Era pronta per il salto come produttrice, ed ecco Metti, una sera a cena di Peppino Patroni Griffi» (Cappelli) • «Com’era lavorare in un ambiente che era soprattutto maschile? “Suscitavo stupore, anche perché ero molto giovane. La prima volta che Mario Cecchi Gori è venuto in ufficio pensava fossi la segretaria. Comunque alla fine essere donna si è rivelato più un vantaggio che altro”» (Nucini) • «Nel lavoro mi è sempre piaciuto mettere insieme le cose e le persone, meglio se ancora da scoprire: la Wertmüller, Patroni Griffi, Morricone, Dante Ferretti. Avrei potuto lavorare con Luchino (Visconti, ndr), eravamo praticamente parenti, ma ogni suo produttore diventava il suo peggior nemico: meglio mollare. Federico (Fellini, ndr) pure lui era molto difficile. Il dialogo coi registi famosi è complicato, ma per me è sempre stato indispensabile. Non volevo essere solo quella che metteva i soldi. E ci sono riuscita. Gian Maria (Volonté, ndr) quando girava, e sul set arrivava il produttore, si chiudeva in camerino e diceva: avvisatemi quando va via. A me, invece, quando facevamo Indagine (su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ndr) chiamava anche di notte. Gli altri ruoli del cinema non mi sono mai interessati. Solo una volta ho recitato per far felice Sordi, ma sono talmente cagna che non riesco nemmeno a riguardarmi» (ibidem) • Nel dicembre 1971, suo fratello Ascanio, detto Bino, si suicida. «Cadde nella trappola di truffatori, aveva un mandato di cattura, c’era un problema di droga» • «“Io sono fuggita per due anni in California a lavorare per la Paramount…” Si è sentita in colpa? “Dopo un suicidio, per chi rimane, c’è sempre una colpa. L’avevo incontrato a Londra il giorno prima, in un ristorante, stava male. In Italia avevano emesso un ordine di cattura, era ricattato da quelli che gli vendevano la droga. Aveva scritto una lettera a mio padre per dire che la faceva finita. Sfortunatamente Bino era un pallonaro, papà non gli aveva creduto. Mio fratello era sempre stato più fragile di me, col macigno delle attese da primogenito maschio sulle spalle. Era elegante, un po’ spagnolesco. Aveva bellissime gambe, da ragazza mi arrabbiavo: che te ne fai sotto i pantaloni? Mio padre è morto due anni dopo, mia madre si ammalò di tumore” Lei invece ce l’ha fatta. “Sono una lottatrice”. E di questo è orgogliosa? “Non sono orgogliosa di nulla. Al mio ritorno in Italia avrei dovuto riprendere in mano la produzione dei film che erano la mia vita. Nessuna fierezza”» (Raffaela Carretta, iO Donna, 21/5/2018) • «Quando tornai, trovai il cinema cambiato, involgarito: funzionavano solo le commedie con Renato Pozzetto che all’estero non interessavano a nessuno».
Amori «Degli uomini mi sono innamorata, ma con le donne è più naturale stare nella stessa casa. Oggi poi l’idea di condividere il bagno con un maschio mi fa orrore. Però, non mi piace incasellare, definire. Né fare battaglie, anche se ammiro chi le fa. Appartengo a un’altra generazione. Una sorella di mio padre era omosessuale, lo sapevamo ma erano fatti suoi. E poi, sono dei Gemelli, segno doppio, imprendibile» (Carretta) • «Ho sempre vissuto così come mi sentivo, senza pormi né farmi porre problemi. Non amo i ghetti, ma neppure gli esibizionismi. Ciascuno, nel privato, deve compiere le proprie scelte con discrezione ed eleganza. Ho passato più di vent’anni con Florinda Bolkan ed eravamo invitate ovunque, da casa Agnelli alla reggia d’Inghilterra» (Bentivoglio) • «Come reagirono i suoi genitori quando scoprirono le scelte che lei ha fatto nella sua vita privata? “Chiariamo una cosa. Io non ho mai definito una persona omosessuale o no. Ci sono donne che sembrano uomini fin dalla nascita, e maschi con tratti femminili accentuati. Ma se non nasci con certe stigmate, l’amore dipende dagli incontri. Tanto è vero che ho avuto anche amori con uomini stupendi”. Chi per esempio? “Alain Delon. Quando seppi che si era separato da Romy Schneider decisi di conquistarlo. Ho avuto anche una storiella buffa con Warren Beatty”. Quanto reggono le sue relazioni con i maschi? “Mai più di un anno” E con le donne? “Tanto di più. Ora, da venticinque anni, vivo con Benedetta tra Modena e Roma. Benedetta è diventata mia figlia, l’ho adottata per garantire il suo futuro» (Bentivoglio) • «Ha dichiarato di essere contraria al matrimonio omosessuale. “Guardi, io non credo nemmeno al matrimonio tra un uomo e una donna. Poi capisco che gli etero si sposino per formare una famiglia e che gli omosessuali lo facciano per dare una qualche forma di protezione ai loro compagni. Anche io l’ho fatto con Benedetta, ma l’ho adottata. A sposarla non ci ho mai pensato, mi sarebbe venuto da ridere”» (Nucini).
Politica «Ci piace solo quella dei Paesi nordici ed europei, ma anche loro adesso cominciano ad avere problemi».
Religione «Ho sempre creduto in Dio, ma non sono religiosa. Mia madre era assolutamente agnostica, completamente non religiosa e in punto di morte non ha cambiato idea. Io invece ho sempre dei grandi punti di domanda».
Vizi Non ha mai fumato né bevuto. «Non mi piacciono i vizi minori».
Curiosità Detesta prendere l’aereo • Abita tra Roma e Modena. «La casa però non è certo il tinello di pòra nonna: è piuttosto quella di una trentenne newyorchese o di uno stilista, international style, lampade di Noguchi, sculture di Niki de Saint Phalle, due cicogne enormi, “erano di mio padre, sono cinesi”, ride, è uno sketch collaudato» (Masneri) • «Mi affascina la cultura che posso vedere e scoprire, che mi sorprende. Per questo alle mostre non uso mai le audioguide: preferisco forse sbagliare qualche interpretazione, magari anche perdermi dei dettagli, ma fare da me» (alla Nucini) • «A 30 anni mia madre ha smesso di sciare: pensava di essere troppo vecchia. A 83 io mi lancio ancora sulle Alpi» • «Quand’è stata l’ultima volta che ha ballato? “Non esco più per ballare, ma qualche volta, in casa, se c’è una musica che mi piace…”» (Nucini) • La sua unica paura è perdere la vista • «Qual è il suo più grande rimpianto? “Aver smesso di fare cinema troppo presto”» (Satta) • «Sono stata vagamente felice» • «Come ha fatto a tenere la testa accesa? “Sono rimasta curiosa, magari anche di cose sciocche. Se perdi la curiosità sei fottuto”».
Titoli di coda «In un futuro più lontano possibile, cosa lascia Marina Cicogna? Ci pensa un po’ e poi ci guarda “Non lasciamo niente, cosa vuoi che lasciamo? Io lascio qualche bel film che ho voluto fare e che è stato fatto, l’importante è quello. Non credo che lasciamo un granché. Le cose muoiono con noi, non ce le portiamo via in eterno. La nostra vita è la nostra e anche se si crede nella reincarnazione, vuol dire ritornare senza ricordarsi di quello che si era prima. No, non credo proprio che ci portiamo dietro molte cose. A me però va bene così”» (Fantasia).