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 2020  maggio 28 Giovedì calendario

Periscopio

Ascoltate oggi il premier Conte e guardate quella pila di carta che si porta dietro per confermare, come ormai non smette di ripetere, che siamo di fronte alla manovra «più poderosa di sempre» e che il testo è «complesso», l’investimento «importante» e che però neppure un minuto in più è stato perduto di quello strettamente «necessario». Carmelo Caruso. il Giornale.
Continuo a difendere artisti come Damien Hirst, anche se oggi è un po’ in declino. Lui, Cattelan, Banksy sono personaggi che hanno avuto idee straordinarie e non è giusto circoscriverli in un banale discorso mercantile. Fulvio Caroli, storico dell’arte (Roberta Scorranese). Corsera.

Il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, da Bisceglie, diventa di colpo il simbolo del caos italiano. Ha annunciato fieramente l’istituzione di 60 mila «assistenti» per vigilare che siano rispettate le regole contro assembramenti, movida e trasgressioni varie. Senza avvisare nessuno, neanche il ministero degli interni, istituzionalmente preposto alla nostra sicurezza. Il progetto non passerà, ma resta in piedi la solita domanda: chi comanda in Italia? Cesare Lanza. Alle 5 della sera.

Fedele Confalonieri. Voto 9. Il presidente di Mediaset sull’ospedale anticoronavirus allestito in 14 giorni alla Fiera di Milano: «Mi sono diventati antipatici pure gli opinionisti. Non li leggo. Non li guardo neppure nei talk show. Parli e dici cavolate. È il momento del silenzio o della preghiera, per chi ci crede. L’ospedale è un fatto, tutto il resto, compreso il mio, è rumore». Sei tutti noi. Stefano Lorenzetto. Arbiter.

Il coronavirus spariglia le carte e torna il fai da te di antica memoria. Basta con sardine, gretini e altri figli di papà che, incapaci di mantenere se stessi, pretendono addirittura di aiutare gli altri. Ne hanno fatto un mestiere, chiamando solidarietà questo marchingegno del volontariato che crea vantaggi ambigui a manovratori nell’ombra. Giancarlo Perna. LaVerità.

I quotidiani online vorrebbero «spiegare bene le cose» agli analfabeti di ritorno in un Paese dove il sito di cucina Giallo Zafferano ha più utenti del Sole 24 Ore. Filippo Facci. Libero.

Quest’anno non ho festeggiato il mio 62esimo compleanno. Il festeggiamento, se non è collettivo, non ha senso. L’importanza degli altri nella nostra vita la stiamo vedendo adesso. Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano (Candida Morvillo). Corsera.

Al giovanissimo Massimo D’Alema che mi aveva voluto conoscere a un ristorante di Fregene raccontai che proprio quel giorno ero stato a casa di Franco Rodano sulla via Appia: lui mi spiegò che con Rodano aveva stretti rapporti. Poi si rabbuiò: «Però c’è un problema». «Quale?», domandai io. «Rodano sostiene che noi della Federazione giovanile comunista siamo bravi, andiamo nella giusta direzione ma non si può insistere sul comunismo. Eppure a noi interessa solo quello, il comunismo». Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.

Ci sono ancora in Germania le associazioni studentesche dove sono molto considerate la sbronze e i duelli. I giovani studenti, anche oggi, si battono di nuovo in duello. La sola differenza rispetto al passato è che oggi il bon ton non esige più, come prima della guerra, di esibire le Schmisse, le fini cicatrici sul viso che un tempo erano così apprezzate: gli studenti adesso portano della maschere quando fanno i duelli. Brigitte Sauzay, Le vertige allemand, la vertigine tedesca. Olivier Orban, 1985.

Persino il potente senatore Giulio Nardi (ex potente, ex senatore) si intenerisce un poco a sentire i settantamila dell’Olimpico cantare in coro l’inno scritto da Antonello Venditti. Tra Roma e Lazio non c’è partita quanto a parole e musica. Nardi va volentieri allo stadio (tribuna autorità, ovviamente), un po’ per pubbliche relazioni, un po’ perché lo considera un teatro anatomico per lo studio dell’animo umano. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Ho lasciato un importante impegno politico che avevo assunto, ho lasciato un amore più che germinato nel mio cuore, ho lasciato la terra del Monferrato che ancora oggi amo e desidero, almeno come la terra che accoglierà il mio corpo quando sarò morto. Enzo Bianchi, fondatore e primo priore della Comunità di Bose (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Ero un bambino piccolo e il pensiero che un morto fosse a casa nostra, in mezzo a noi, abitasse libero in famiglia, mi atterriva, rendendo possibili, nella mia mente sconvolta dalla paura, i fatti e le apparizioni più assurde: «Mamma, non dormo», ripetei più volte. «Sono sveglia, comincia a dormire», rispondeva con pazienza. Dalla strada salivano le prime voci. Erano i pescatori che tornavano dal mare. Finalmente la speranza del nuovo giorno mi quietò in un sonno leggero. Gaetano Afeltra, Desiderare la donna d’altri. Bompiani, 1985.

Il fascismo era morto, ma Leo Longanesi non sperò di resuscitarlo. Fu amico dei neofascisti, ma non fu dei loro. Odiò l’antifascismo con tutte le sue forze. Piero Buscaroli, Una nazione in coma. Minerva edizioni, 2013.

Molte, anzi moltissime case milanesi risultavano rase al suolo dai bombardamenti alleati. Ancor più numerose erano quelle demolite solo in parte; sull’interno dei muri diroccati di queste, si vedevano ancora un quadretto, o un mazzo di fiori artificiali appesi di sghembo; si vedevano anche lembi di pavimento che sostenevano a mo’ di mensola qualche mobile, per esempio una sedia, oppure un letto di ferro a metà pencolante nel vuoto. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983 (33esima edizione).

Era al volante di un’auto sportiva da 48 mila dollari assieme a una delle più belle donne di New York… forse non sapientissima in letteratura, ma splendida veramente! Un giovane animale scalpitante! Faceva parte, lui, di quella razza il cui destino naturale era di ottenere quello che voleva. Tom Wolfe, Il falò delle vanità. Mondadori, 1988.

Il precettore finisce per rifugiarsi sotto un pitosforo assieme al sicario dell’Imperatore. E questo sicario è piuttosto affabile, però molto professionale e riservato. Anche abbastanza schifiltoso coi cibi; scarta quasi tutto. Mette da parte le bucce e le pelli. Non si sbottona assolutamente quando il precettore tenta di estorcergli qualche «prossimamente» sul suo programma di lavoro per il weekend, ricoperto dal segreto professionale. Il massimo che gli si porta via è una fetta di mortadella, o un dash di salsa piccante. Alberto Arbasino, Super-Eliogabalo. Einaudi, 1978.

Solo con me stesso non sarò mai solo. Roberto Gervaso. il Giornale.