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 2020  maggio 27 Mercoledì calendario

Le due facce di Nicola Porro

Ogni tanto mi capita di seguire le intemerate di Nicola Porro, giusto per soppesare un’eventuale giordanizzazione. In Zuppa di Porro(sul suo sito) urla, si abbandona a una collera furiosa, rovente, devastatrice, proprio come il sodale Mario Giordano. Ne è passato di tempo, da quando Carlo Freccero lo accusava di non essere tracotante e determinato, di non avere fame di successo, di fare le vacanze a Saint Tropez, come se la Costa Azzurra lo deprivasse di una pulsione animalesca indispensabile per condurre un talk pop.
Tornato a dirigere Quarta repubblica, dopo aver sconfitto il coronavirus, Porro ha ripreso il suo aplomb moderato, quanto meno nei modi (Rete 4, lunedì). Ha intervistato Giorgia Meloni e, da signore, si è guardato bene dal contraddirla, così come più tardi ha tollerato che Alessandro Sallusti desse della cretina a Claudia Fusani.
Il comportamento onorevole di Porro, unito a quella forza ed efficacia di parola che gli sono così peculiari, avrebbe convinto qualsiasi persona ragionevole a moderare i toni; ma per sfortuna, in quel preciso momento, la mente di Porro era tutt’altro che disposta a frenare il suo direttore. Così si è passato a parlare d’altro: la criminalizzazione della movida, gli ausiliari del Covid (una trovata degna di un Toninelli), il caso Palamara e, in particolare, la tensione tra il leader della Lega Matteo Salvini e la magistratura, dopo le ultime intercettazioni emerse dall’inchiesta di Perugia.
Ovviamente, fra gli ospiti in studio, c’era Mario Giordano e un osservatore occasionale avrebbe subito colto a quale vertice di soddisfazione e di comprensione reciproca i due – Nicola e Mario – fossero pervenuti. Forse Porro è davvero quella «mirabile difformità» che è il «liberale per Salvini» che contempla la pretesa di dirsi liberali e il contestuale sostegno al salvinismo inteso come approccio di governo. O forse no, gli piace solo fare di tutto una zuppa.