Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 27 Mercoledì calendario

Parla la scrittrice Celeste Ng

Il segreto di una buona storia, dice Celeste Ng, è l’empatia. «Se c’è quello, puoi metterti nei panni dei personaggi, pensare come loro, provare quello che provano. E allo stesso tempo, puoi imparare qualcosa di più su te stesso». In Tanti piccoli fuochi, edito da Bollati Boringhieri, le protagoniste sono donne e sono madri, e nel giro di poche pagine viene facile immedesimarsi nella loro sofferenza e nella loro percezione della realtà: vediamo attraverso i loro occhi e parliamo con la loro voce. «Puoi non condividere tutto quello che dicono, ma puoi capirle; e in questo modo il tuo punto di vista si allarga». 
Quando scrive, Ng non comincia mai dalla fine, e cioè dal messaggio che intende dare con la sua storia, ma dalle parole: e ogni parola è come un piccolo mattone, e ognuno di questi mattoni contribuisce alle fondamenta del racconto. «Mi accorgo di cosa volessi parlare solo una volta che ho completato la prima stesura. In Tanti piccoli fuochi volevo approfondire il tema della maternità, e provare a spiegare cosa fa di una madre una buona madre, e quali madri finiamo col giudicare troppo velocemente e a quali, invece, diamo il beneficio del dubbio». E poi? «E poi volevo parlare di privilegio e di potere. Mi sono chiesta: chi aiutano veramente le regole della nostra società?». E così, in Tanti piccoli fuochi convivono due anime: quella del romanzo puro, di finzione, ricco e appassionante; e quella del trattato sociologico che non sale mai in cattedra, ma che comunque suggerisce, insinua, mostra. 
È il 2017 quando per la prima volta Ng prende in considerazione la possibilità di vedere il suo libro adattato in una serie televisiva. «Stavo guardando Big Little Lies assieme a mio marito, e a un certo punto gli ho detto: non sarebbe straordinario se Reese Witherspoon leggesse Tanti piccoli fuochi, le piacesse, e decidesse di interpretare il ruolo di Elena Richardson?». Quando al cast si è unita anche Kerry Washington, nella parte di Mia, ogni cosa ha assunto una forma e una consistenza più precise. «Adoro guardare le serie tv», confessa Ng, «specialmente quelle brevi. E, come lettrice, adoro guardare le serie tv che sono basate su libri». Perché? «Perché si rivolgono a un pubblico più ampio. Tutti quelli che hanno lavorato alla serie di Tanti piccoli fuochi hanno amato il romanzo, e ognuno di loro aveva il suo punto di vista. Sapevo che sarebbe stato meraviglioso provare a portare quel mondo, il mio mondo, sul piccolo schermo». 
Dopo un po’, continua Ng, la serie, già disponibile su Amazon Prime Video, è diventata un’altra cosa rispetto al libro. «Una creatura praticamente indipendente, se devo essere onesta. Sono una delle produttrici, ma non ho mai imposto la mia visione. Ho parlato con la showrunner, Liz Tigelaar, ho letto la sceneggiatura e ho mandato qualche nota. A volte sono andata sul set per seguire da vicino quello che stava succedendo. Ma tutto quello che ho fatto è stato dare una mano a tenere insieme i vari pezzi». 
Nei suoi libri, Ng racconta spesso gli ultimi: «Persone che non fanno parte del sistema, e che di solito sono eccezionali, che fanno la differenza, sia in positivo sia in negativo, e che sono i veri artefici del cambiamento. E poi, certo, sono le più interessanti». Le radici, nella costruzione di questi personaggi, diventano essenziale. Perché senza le radici, senza la nostra discendenza, dice Ng, non saremmo le stesse persone. «Io, per esempio, non avrei vissuto nessuna delle esperienze che mi hanno resa quella che sono oggi». I suoi genitori si sono trasferiti negli Stati Uniti negli anni 60; entrambi vengono da Hong Kong. Suo padre ha lavorato come fisico per la Nasa, mentre sua madre era una chimica. Sua sorella è diventata ingegnere, e lei ha scelto la strada della letteratura. 
Se c’è un linguaggio che riesce a intercettare le sfumature di un romanzo, è quello delle serie tv, «il modo migliore», ribadisce Ng, «per adattare un libro»: «Un film, al contrario, ha bisogno di ridurre la storia, di sintetizzarla. Una serie ha abbastanza spazio per tutti i dettagli. E anche il ritmo, in un certo senso, sembra riprendere quello dei capitoli di un libro». Ma attenzione: «Ci sono anche libri che non funzionano, se adattati. Perché questi, di fatto, restano due modi diversi di raccontare storie; e non tutto è traducibile, e non tutto può vivere in queste due dimensioni».