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 2020  maggio 27 Mercoledì calendario

Il Giappone rivaluta gli hikikomori

Il Giappone riapre, con una settimana di anticipo rispetto ai piani. Lo farà in modo graduale, già rispetto al limitato lockdown finora applicato con diverse modalità, con verifiche ogni tre settimane ma con l’obiettivo di un ritorno alla normalità entro agosto. La roadmap comunicata lunedì dal premier Shinzo Abe con la fine dell’emergenza da ieri nelle cinque aree rimaste escluse (compresa quella di Tokyo) dalla precedente sospensione del provvedimento in altre 42 prefetture del Paese, potrà essere modificata in caso di recrudescenza dell’epidemia.
Le scelte governative sono state confortate ieri dall’apprezzamento arrivato direttamente da Tedros Adhanom Ghebreyesus direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ghebreyesus ha definito «un successo» gli sforzi di Tokyo per fronteggiare la crisi dal primo caso di positività al coronavirus registrato il 16 gennaio, fino a ieri con un numero di casi (16.632) e decessi (851) tra i più bassi percentualmente tra i Paesi sviluppati. Sicuramente, dietro la decisione della riapertura vi sono le difficoltà per l’economia, con una contrazione del 22 per cento prevista tra aprile e giugno e difficoltà di vari settori produttivi e dei servizi, che hanno costretto a quasi raddoppiare, fino all’equivalente di 1.740 miliardi di euro, l’entità delle misure di sostegno previste, ma non solo. Vedremo se basteranno per restituire al più presto un segnale di normalità all’interno e di fiducia all’estero. Come segnale concreto, dal 19 giugno riprenderanno le principali attività sportive, a partire – a porte chiuse, però – dal campionato di baseball, sport nazionale. Viaggi e eventi pubblici vedranno una riapertura graduale e un ruolo importante avranno le prefetture nel segnalare la situazione locale al governo centrale, anche se questo ha già indicato che la guardia non potrà essere abbassata, mantenendo tracciabilità, distanziamento e dando alla ripresa economica la priorità su ogni altra, a esclusione della tutela della salute. L’avvertimento del direttore esecutivo dell’Oms, Michael Ryan, di una necessità di allerta elevata per il rischio di recrudescenza dei contagi riguarda solo marginalmente il Paese del Sol Levante, sia perché esso ha già sperimentato una seconda ondata di
infezioni, sia per l’alto livello di responsabilità della popolazione.
Quest’ultima, determinante. Un termine è emerso nella crisi: jishuku (auto- limitazione basata sulla responsabilità sociale), e più che il telelavoro e la segregazione domestica hanno potuto nell’evitare il contagio il già diffuso utilizzo delle mascherine a tutela altrui e la mancanza di contatto nei rapporti pubblici.
Spontaneo il confronto tra le limitazioni imposte dall’epidemia e la condizione degli hikikomori, almeno un milione di “auto-esclusi” passati nel tempo da aberrazione a provocazione, da espressione di disagio sociale a rivendicazione di «libertà estrema» dell’individuo dibattuta sui mass media, in testimonianze e libri. Un dibattito che resta aperto, ma il paradosso per chi vorrebbe essere dimenticato è che proprio il distanziamento sociale ha posto sotto nuova luce una realtà complessa e controversa che è diventata esemplare a confronto con i – pochi per la verità – moralmente colpevoli di avere violato regole di distanziamento suggerite più che imposte. Una conferma di quella che gli psichiatri Alan R. Teo and Albert C. Gaw in un recente studio segnalavano come «l’ironia del termine hikikomori », di cui popolarità e riconoscimento sociale «finiscono inconsapevolmente per cancellare origini e problematiche ».