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 2020  maggio 27 Mercoledì calendario

Biografia di Giovanni Minoli


Giovanni Minoli, nato a Torino il 26 maggio 1945 (75 anni). Giornalista. Autore e dirigente televisivo • «È forse l’uomo che, in Italia, ne sa più di tutti di televisione. Giovanni Minoli. Ha inventato o portato al successo Mixer, Un posto al sole, Report, Turisti per caso, Blitz, Quelli della notte» (Claudio Sabelli Fioretti, La Stampa, 13/7/2009) • «Ha intervistato da Benjamin Netanyahu al Dalai Lama, da Enrico Berlinguer a Clint Eastwood, ma dice che “era un hobby, io sono stato soprattutto un dirigente tv, direttore di Raidue, Raitre, Rai Educational, Rai 150, direttore generale di Stream”» (Candida Morvillo, Corriere della Sera, 11/3/2019) • «È anche per il maggior dispensatore di posti al sole a sconosciuti esordienti: Milena Gabanelli, Massimo Giletti, Bianca Berlinguer, Gianfranco Funari, Myrta Merlino, Sveva Sagramola. In Vite da funamboli (Sandro Teti editore), Antonio Alizzi lo accosta a Eduard Limonov, Andrei Konchalovsky e Paolo Sorrentino» (Stefano Lorenzetto, Corriere della Sera, 16/2/2020) • «Mi mostra un grafico, sono gli ascolti. Minoli ha portato con sé anche due articoli del Sole 24 Ore che lo confermano, e un po’ lo celebrano. Mi porge pure un curriculum lungo nove pagine. È la sua vita professionale (“se te la racconto io poi sembro un megalomane”) […] “Ho un carattere difficile, dicono. Sono antipatico, non sono mondano, non frequento”. Non si direbbe, obietto. “Sono un perdente di successo”, risponde lui, sorridendo, quasi senza ascoltare» (Salvatore Merlo, Il Foglio, 29/3/2014) • «Le viene facile fare le domande scomode? “Sì. Quando Silvio Berlusconi, nel 1994, mi disse che credeva nei valori cristiani, mi prendo un tempo comico di silenzio e domando: quali? Mi voleva ammazzare. È l’adrenalina del match. Ma non ho mai voluto uccidere”» (Morvillo).
Titoli di testa «Questo è un faccia a faccia con l’uomo che il faccia a faccia l’ha inventato» (Morvillo).
Vita «Vengo da una famiglia della borghesia, avvocati, magistrati, imprenditori. Un bisnonno industriale della moda, finanziatore di Garibaldi e di Mazzini, un nonno grande avvocato» (a Sabelli Fioretti). Giovanni è il terzo di otto fratelli • «Eugenio, mio padre, faceva parte di quel gruppo che a Torino stava intorno a Norberto Bobbio, alla Utet, alla Torino colta. Un grande padre, un grande uomo. Si è laureato a 20 anni, è andato in cattedra a 28, Procedura civile. È stato l’inventore dell’arbitrato internazionale» (a Sabelli Fioretti) • Eugenio Minoli è anche un ex massone convertito al cattolicesimo. «Paolo VI lo scelse come uno dei pochi uditori laici che nel Concilio Vaticano II misero a punto il cosiddetto Schema XIII, da cui uscì la Gaudium et spes, la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo» (a Lorenzetto) • «Mamma è stata moglie, mai madre. Amava suo marito, noi figli eravamo il prodotto – o il fastidio collaterale necessario – dell’amore per lui. Diceva: vi cavo gli occhi a tutti se a papà viene un raffreddore» (alla Morvillo) • «Da piccolo, io non c’ero. Esisteva solo mio fratello minore Paolo, morto a sei anni di tumore al cervello. Mi chiamavano Gioannin messo chil, mezzo chilo, perché praticamente non mangiavo per cercare di farmi notare […] Con mia madre ho sempre avuto un conflitto fortissimo. Lei era un capo, ma a me dava ordini, punizioni, però non mi comandava. Invece, mio padre mi faceva fare quello che voleva, perché mi convinceva. Mi ascoltava, puntava sulla mia capacità di capire le cose» • Ogni anno, al momento del cambio di stagione, mamma Minoli accumula in una stanza i vestiti usati dai fratelli più grandi. «Ciascuno correva a prendere ciò che gli piaceva di più: un paio di scarpe, un pullover, dei pantaloni… “Poi dovevamo cucire un numero su ogni cappotto o camicia o golfino. Perché poi le cose finissero nel cassetto giusto. Io ero il terzo dei fratelli. Dunque cucivo sui miei vestiti il numero tre. E mia madre, in quella grande e sonora casa di Torino, alla Crocetta, per chiamarci squillava un campanello. Anche lì, tre squilli ed ero io”» (Merlo) • «Una grande famiglia è la più grande scuola di vita che si possa avere. Ho scoperto sin da subito che la vita è una lotta» • Studi superiori dai gesuiti, prefetto del suo istituto è Carlo Maria Martini. «Aver studiato dai Gesuiti cosa ha dato alla sua formazione? “Il senso del primato della cultura e un metodo di giudizio delle mie azioni. Gli esercizi di Sant’Ignazio sono un viaggio profondissimo attraverso il silenzio dentro te stesso. Impari a giudicarti severamente ma anche con tenerezza. Setacci le esperienze, il bene e il male. La tua responsabilità parte da quel momento in poi”. Di quali difetti si è emendato con gli esercizi di Sant’Ignazio? “Ho imparato ad avere pazienza. Tutto arriva a chi sa aspettare. E di Sant’Ignazio, che dice ai Gesuiti “andate e incendiate il mondo”, mi piace l’idea che non bisogna fermarsi mai”» (Morvillo) • «Anche da ragazzino eri narciso? “Sono sempre stato un po’ protagonista. Da ragazzo giocavo bene a pallone”. Bene quanto? “Bene bene. Serie C. Ho vinto la medaglia d’oro al trofeo Carlin per il miglior giocatore del torneo e quell’anno c’erano Agroppi, Fossati, Vieri, Mazzola. Avevo 15 anni”. Il trofeo Carlin. “Giocavo nella squadra dei gesuiti dell’Istituto sociale, la terza squadra di Torino dopo Juventus e Torino. Un giorno mi vide giocare Nereo Rocco, allenatore del Milan. Io ero appena tornato dai campionati di atletica. Ero forte anche in atletica, facevo i cento metri in 11 secondi”. Quando il record italiano era 10 e 4… “Il problema non era il narcisismo. E che oggettivamente sono sempre stato abbastanza in evidenza…” Oggettivamente… “Se a quindici anni vinci il trofeo Carlin sei uno di cui si parla. Non è colpa tua”» (Sabelli Fioretti) • Giovanni sogna diventare un grande calciatore. «Però il calcio a Torino non era conveniente per un borghese. Mia madre non mi ha lasciato. Era come se mia sorella le avesse chiesto di fare la ballerina dell’avanspettacolo» • «Eri anche un bellone… “Mah…” Cioè, rimorchiavi… “Mi sono sempre piaciute le donne. Ma non ho mai amato i molliconi…” I latin lovers… “Appunto…”» (Sabelli Fioretti) • «Da ragazzo, all’età di quindici o forse sedici anni, scrissi un romanzo di duecento pagine in cui descrivevo la morte di mio padre come sarebbe poi in effetti avvenuta dieci anni dopo. Incredibile. Un incidente automobilistico, mentre veniva da noi al mare, a Punta Ala» (a Merlo) • «“Avevo previsto l’incidente […] La seguente scena è uguale: noi figli a colazione, mamma alza il telefono, ascolta, attacca; si gira e dice ‘Papà è morto. L’avevo scritto dieci anni prima”. Come se lo spiega? “Resta l’interrogativo della mia vita. Ogni volta che ci penso sto male” Che pensò quando sua madre disse: è morto? “Ebbi un attimo di felicità per papà: parlavamo tanto noi due, era un credente e sapevo che la sua vera curiosità era scoprire cosa l’aspettava dopo. Quella è stata la reazione che mi ha tenuto in vita”. E quando è passato quell’attimo? “I successivi anni sono stati di disperazione. Ho pensato: non sarò mai più capace di ridere. Era morto un amico, un padre, un amante, un maestro. Poi ho capito che, se uno non sa ridere almeno cinque minuti al giorno, sta sbagliando vita”» (Morvillo) • Giovanni si laurea in giurisprudenza. Poi, nel 1971, entra in Rai come produttore: realizza documentari, servizi giornalistici, reportage. La sua prima rubrica, nel 1980, è A come agricoltura. «Nell’80, anno chiave in cui i partiti riprendono il controllo della Rai riformata e il Psi si impadronisce di Raidue, gli viene assegnata la rubrica Mixer che diventerà e resterà per anni il fiore all’occhiello della rete socialista. Minoli – che non è ancora giornalista e se ne cruccia – inventa i faccia a faccia aggressivi all’americana che con le batterie di domande prefabbricate paiono mettere in croce i politici. I quali, però, finiscono per fare la fila» (La Stampa) • «“Mixer è stato uno spartiacque, ha dato modernità a quello che era polveroso” Comunque quelle inquadrature… “Sono di una modernità assoluta e non si riesce ad andare oltre. È come il taglio di Fontana. C’è un prima e un dopo”» (Sabelli Fioretti) • «Molti intervistati vanno lunghi. Ogni risposta, un comizio. Tu che fai, li interrompi? “Entro nei fiati. Quando respirano, mi inserisco. Così nel Faccia a Faccia riesco a fare settanta, ottanta domande in venticinque minuti”. Ho notato che alcuni intervistatori chiedono continue conferme. È vero che lei ha detto questo? È vero che lei ha fatto quest’altro? Risultato: dall’intervista non esce niente di nuovo. “Il tipo di intervistatore a cui ti riferisci vuol dimostrare di aver studiato. È uno che non studia per niente, invece. Perché un’intervista è un percorso logico-psicologico con una sceneggiatura abbastanza ferrea, nella quale tu prevedi in qualche modo la risposta, e hai l’aggancio per la successiva. Salvo varianti. Il percorso è per il 70 per cento rigoroso, per il 30 per cento improvvisazione”. Un altro errore di alcuni intervistatori televisivi: non ascoltano le risposte. “Sbagliatissimo” Vanno avanti. Se l’intervistato, alla domanda “Cosa farà domani?”, risponde “Mi butto giù dal grattacielo Pirelli”, l’intervistatore procede diritto per la sua strada. “Benissimo, cosa pensa del governo?”. “E invece gli devi dire subito: ‘Perché?’. La domanda è sempre la seconda domanda, mai la prima. Con la prima domanda gli lasci fare l’enunciato, con la seconda domanda lo costringi a spiegare”» (Beppe Severgnini, 7, 1/12/2017) • Minoli diventa famosissimo. Dicono che sia un raccomandato, perché ha sposato Matilde Bernabei, figlia di Ettore, potentissimo dirigente della Rai. Dicono che si sia fatto strada perché amico di Craxi e Martelli. «Di politici nella mia vita ne ho conosciuti moltissimi, quasi tutti li ho conosciuti. Li ho incontrati e intervistati per quarant’anni. Dunque quando raccontano che ho frequentato il potere, e fanno un’equazione tra la mia carriera e i rapporti personali, mi dispiace sul serio. Ma è così da sempre. È la storia della mia vita. Nei giornali in una pagina leggevo: “Bravo”, “bravo”, “bravo”. Poi nell’altra leggevo: “Amico di Craxi”. Con tutte le sciocchezze sui salotti, sulle mie frequentazioni» (a Merlo) • «Vorrei essere giudicato per quello che ho fatto. Non ho mai letto di Scalfari che è genero di Giulio De Benedetti, il direttore della Stampa. Ma solo che è un grande giornalista e che ha fondato l’Espresso e Repubblica. Essere “amici di” o “figli di” non significa niente. Tutti siamo parenti di qualcuno. Non capisco perché per me vale la malizia e per gli altri no”» (ibidem) • «Craxi, presidente del Consiglio, nell’87 andrà da Minoli ad annunciare il suo rifiuto a concedere alla Dc la promessa “staffetta”. Più tardi Minoli per l’amico Bettino girerà uno spot elettorale, col garofano in mano alla cassa di un supermercato» (La Stampa). Gli viene rimproverato per anni, lui dice che lo rifarebbe. «Vada a rivederselo e faccia i confronti con l’oggi. Certo che era uno spot, però ci misi la mia faccia, non finsi che non lo fosse» (Lorenzetto) • Dicono anche che Minoli sia un narciso. «“Forse lo sono. Ma è una cosa che riesco a gestire. Ho sempre avuto la consapevolezza che è lei, non sono io, la matrice della fama”. Lei chi? “Lei, la televisione”» (Sabelli Fioretti) • «Nei cervelli la tv ha l’effetto della droga assunta a piccole dosi. La trasformazione dei cittadini in consumatori è avvenuta così» • «È seduttiva, dà piacere, ma illude moltissimo, perché poi ti molla e passa ad altro. È lei forte, non tu. Invece tutti quelli che la fanno pensano di essere forti loro. Quando li tolgono dal video, svengono, si ammalano, muoiono» • «Sono diventato direttore di Rai2 soltanto dopo la fine politica di Craxi. E mi ci mise la Sellerio, che a quei tempi era nel Consiglio d’amministrazione. Un giorno mi telefonò perché voleva incontrarmi, e siccome non conosceva Roma prese la macchina per raggiungermi da casa sua, che era a cento metri da me. Era una donna eccezionale. Quella era la Rai dei professori. Poi tornò la politica, e Letizia Moratti mi fece fuori. Mi recuperò dopo, prima a Stream, e poi quando divenne ministro dell’Istruzione. Con Moratti divenni direttore di Rai Educational. E fu allora che inventai La storia siamo noi con Piero Corsini. […]”. E qui Minoli è come afferrato da un ricordo amaro, torna a incresparsi. “Io ho vissuto la disoccupazione, sai? So cosa significa non avere un lavoro. Sul serio. Girai l’Africa tra i comboniani. Kenya, Tanzania…”» (Merlo) • In predicato più volte per tornare a dirigere una rete: all’inizio del 2007 il direttore generale Cappon lo propone per Raidue ma il Consiglio di amministrazione si spacca (centrosinistra a favore, centrodestra contrario). Riproposto in maggio come «l’unico capace di ricollocare Raidue in un’offerta da servizio pubblico», indicato a settembre per la guida di Raitre. Nel 2012 si candida pubblicamente alla carica di presidente o direttore generale della Rai e invia il proprio curriculum a Mario Monti, al tempo primo ministro; che sceglie altrimenti • In pensione dal 2010, ha con la Rai un successivo contratto di tre anni: diventa direttore della struttura Italia 150, istituita per le celebrazioni dell’Unità, ma il contratto non viene mai rinnovato. «Ti ha mandato via Luigi Gubitosi, il direttore generale nominato dal governo tecnico di Mario Monti. “Gubitosi non mi ha trattato bene e penso si sia sbagliato. E penso che si possa anche essere pentito. Dirigenti come lui forse pensano che la televisione sia un’industria qualsiasi”» (Merlo). Replica Gubitosi: «L’abitudine in Rai è quella di farti fare pressioni e poi di venirti a parlare. Ogni politico che incontro mi dice che Minoli è andato a farsi raccomandare […] Il suo è un contratto molto oneroso per la Rai: 2,499 milioni per tre anni. Inoltre, si è tenuto alcuni diritti del programma: restano alla Rai per 10 anni e poi tornano a lui […] Vede, Minoli è stimabile e apprezzabile per la sua conoscenza del prodotto, ingiustificabile per i metodi che usa, mi fa martellare da chiunque» (a Emanuela Fiorentino, Panorama, 30/5/2013) • Dal 2016 al 2018 Minoli passa a La7, riproponendo il suo format in Faccia a Faccia. «Come si fa un faccia a faccia? “Ponendo tutte le domande ed esigendo le risposte, senza inutili durezze”. Le è capitato di essere inutilmente duro? “Sì. Con Berlusconi. Era l’intervista della discesa in campo: 14 milioni di spettatori. Si sapeva che avrebbe vinto le elezioni, e questo mi diede una carica ulteriore. Alla fine mia moglie Matilde mi disse: sei matto, è finita. Infatti ero direttore di rete e mi fecero fuori […]”. Le è capitato invece di essere troppo morbido? “Mai”» (Cazzullo).
Moglie «Come resiste un amore per 45 anni? “Il matrimonio è come il Giro d’Italia. Il problema è arrivare primi a Milano, non è vincere tutte le tappe. Capitano tappe che sono vere storie a sé, però gli amori si sommano, non si elidono”. E come si riparte dopo una tappa critica? “Con la sincerità si superano e si accettano anche le lontananze e i silenzi, se si conserva la stima”» (Morvillo).
Prole Una figlia, Giulia, che il 4 settembre 2010 ha sposato a Filicudi Salvo Nastasi, all’epoca capo di gabinetto del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi.
Politica «Io sono, sono stato e sempre sarò un uomo di centrosinistra».
Religione «“Ho scommesso tutto sul rosso, sull’esistenza di Dio”, le confessò suo padre Eugenio, ormai prossimo alla fine. Lei su quale colore ha puntato? “Lo stesso”» (Lorenzetto) • Va a messa.
Tifo Juventino.
Vacanze Spesso in Kenya. «Bella vita, a Malindi. “Bellissima, e non meno sicura di quella d’una grande metropoli. Con, in più, la poesia e la forza della natura africana. Ho fatto safari in cui...”. Lei uccide? “Ma no... si trattava di safari fotografici in cui, come le dicevo, ho visto tutto: leoni, leopardi, ippopotami, giraffe...” [...] Dov’è in questo momento? “Sono nel resort di Flavio Briatore. Aveva una villa magnifica che, insieme a Henry Chenot, ha da poco trasformato in un centro benessere” Dev’essere pieno di belle donne... “Belle? Le dico solo che, l’altra settimana, c’era persino Naomi con alcune sue amiche...”» (Fabrizio Roncone).
Curiosità «Qual è la sua paura più grande? “Incontrare un leone sulla spiaggia di Malindi» (Morvillo) • Da dg di Stream partecipò al provino per il Grande Fratello di Rocco Casalino • Ha una ventina di nipoti • Primo cugino di Giovanna Melandri • Gioca a golf • Abita in un convento del Quattrocento vicino a piazza Navona a Roma che ha richiesto ventidue anni di restauri. Sui campanelli si legge «parroco», «viceparroco», «sacrestia», «Bernabei Minoli». «La fanno sentire vicino al Padreterno? “Né vicino né lontano. Mi stimolano alla preghiera” So che da questo salotto si diparte un cunicolo che porta all’abside della chiesa di San Salvatore in Lauro. “Me l’hanno chiuso, purtroppo. Nel 1400 lo usava una principessa per raggiungere l’amante, un cardinale. Però sento ancora messe, canti, orazioni e musiche. Un sottofondo soave”» (Lorenzetto) • «La Rai sta perdendo totalmente la sua identità. Buona parte della prima serata è prodotta in outsourcing, uno sfregio agli 11.000 dipendenti interni e ai 1.770 giornalisti. Vuol dire che la burocrazia ha stravinto su uomini e prodotti» • Oggi non guarda i tg. «Se proprio devo, seguo quello di Enrico Mentana, almeno mi confronto con un’opinione» • Detesta i talk show. «Sono la tomba dell’approfondimento e la morte della politica. Mettono sullo stesso piano tutte le opinioni, quella dell’attricetta e quella del ministro del Tesoro. Tutti uguali. Tutti nello lo stesso minestrone. È confusione. E dopo il decimo minuto è noia. C’è solo chi grida di più. Demagogia. Alla fine ti ricordi solo il conduttore, o gli ospiti. Ma non ne sai di più. Rimani con la sensazione che hai perso tempo. E vai a dormire insoddisfatto» • Non sopporta nemmeno i giornalisti che fanno gli opinionisti. «Sono tutti lì che corrono e provano a mettere la faccina da qualche parte perché hanno capito che devono ripensarsi completamente. Tutti a correre. E stanno distruggendo la televisione perché sono i giornalisti da carta stampata che distruggono la televisione, perché pensano di piegarla a quello che sanno fare loro, e la trasformano in radio. La televisione è diversa, ha le immagini» • «C’è qualcuno che ti assomiglia oggi nel modo di fare interviste? “Lucia Annunziata. Ma ha un problema. Vuole sempre dirti che la sa più lunga di te. Ogni sua domanda è un editoriale. Non ha l’umiltà necessaria per fare le domande semplici. Però sa di cosa parla e non molla”» (Sabelli Fioretti) • Nel 2018 ha avuto un infarto. «Mi hanno operato per nove ore a cuore aperto e impiantato tre bypass. Il cardiochirurgo mi ha detto: “Io qui ho visto morire papi, presidenti... Tutti disperati. Invece tu, sereno e tranquillo”» • Dice di non avere paura della morte.
Titoli di coda «Suo padre le manca ancora? “No, perché gli parlo sempre. È una presenza viva nella mia vita. Gli parlo come sto parlando ora con lei. Lui risponde, perché so cosa pensa”» (Morvillo).