la Repubblica, 26 maggio 2020
Orbán e la ferrovia segreta Budapest-Belgrado
Una ferrovia segreta da oltre 2 miliardi di dollari. Una grande opera nel cuore dell’Europa di cui non sapremo quasi nulla per almeno dieci anni. È la “nuova linea Orient Express”, la direttissima su rotaia Budapest- Belgrado. Finanziata e fortemente voluta dalla Cina.
A fine aprile il governo ungherese di Viktor Orbán ha siglato con Pechino un prestito di 1,9 miliardi di dollari per l’ammodernamento della tratta tramite la Exim Bank of China, che coprirà l’85% dei costi dei lavori. I restanti 256 milioni li metterà sul piatto lo Stato magiaro. Ma la settimana scorsa, il 19 maggio, per volere dello stesso Orbán, quel contratto con Pechino è stato dichiarato segreto di Stato. Fino al 2030. In virtù dei poteri straordinari che l’autocrate di Budapest si è fatto dare col pretesto della lotta al coronavirus, l’Orszaghaz (il Parlamento in mano al suo partito, la Fidesz) ha secretato per legge i dettagli di quell’accordo. Oltre alla China Railway International, arma decisiva nella politica espansionistica del presidente Xi Jinping, si sa solo che i lavori in territorio ungherese verranno affidati ad una società controllata da Lorinc Mészáros, amico d’infanzia di Orbán e oggi tra gli uomini più ricchi e potenti d’Ungheria. Un prestito a 20 anni con interessi del 2,5%. Molti critici sostengono, però, che lo Stato magiaro, nella migliore delle ipotesi, ci metterà almeno 120 anni a ripagare il proprio debito.
Alla vigilia dei suoi dieci anni al potere (era il 29 maggio 2010) durante i quali ha fieramente trasformato l’Ungheria in una “democrazia illiberale”, con la firma di questo accordo il leader di Budapest spinge il Paese magiaro ad essere sempre più la testa di ponte della penetrazione cinese in Europa. Molti analisti vedono la crescente presenza del Dragone nella parte sud-orientale del Vecchio Continente più come una minaccia che come un’opportunità per lo sviluppo dell’area. Approfittando della pandemia, si teme che la Cina stia tentando di «comprare influenza» – come ha scritto qualche giorno fa l’agenzia di stampa Reuters — in un Paese Ue. «Le relazioni con Pechino si inseriscono alla perfezione nella strategia comunicativa del governo ungherese secondo la quale il Paese non ha bisogno dell’Ue. Il ritornello è questo: siamo forti da soli e abbiamo amici potenti come Mosca e Pechino», ha raccontato al Financial Times Agnes Szunomar del Centre for economic and regional studies di Budapest.
Prendere il treno oggi per spostarsi tra la capitale ungherese e quella serba è un vero e proprio viaggio nel tempo. La corsa dura otto ore – come 150 anni fa, quando la linea venne costruita – e non si superano i 40 chilometri orari. Il progetto dovrebbe concludersi entro il 2025, dimezzando i tempi di percorrenza e aumentando la velocità dei convogli fino a 200 chilometri orari. Ma la linea non toccherà nessuna grande città: servirà soprattutto per le merci cinesi. Il rinnovo della tratta rientra infatti nella Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta promossa da Pechino. L’obiettivo finale dovrebbe essere quello di collegare il porto del Pireo in Grecia – in pugno alla Cosco, il colosso del trasporto marittimo della Repubblica popolare – all’Europa centrale per facilitare il trasporto di beni made in China. Passando per i Balcani: che diventano così il nuovo corridoio privilegiato da Xi per entrare in Europa. Dalla Croazia fino al Montenegro passando, appunto, per la Serbia l’avanzata del Dragone prosegue da anni.
La “ferrovia segreta” ha una storia tormentata che inizia sei anni fa. Nel 2014 viene presentato il progetto con la firma tra Cina, Ungheria e Serbia. Due anni dopo, nel 2016, l’Ue blocca i lavori per il mancato rispetto delle norme comunitarie sugli appalti pubblici. Sarà forse anche per questo che ora il premier ungherese chiude a chiave in un cassetto il contratto con i cinesi. I lavori nella parte serba (200 km sui 350 totali) iniziano lo scorso anno e qui, oltre agli accordi per 943 milioni firmati con Pechino, entrano nella partita anche i russi. Mosca ha concesso a Belgrado un prestito di 800 milioni di dollari: attraverso la Russian Railways International verrà modernizzato il tratto serbo dell’opera e il collegamento tra Resnik e Valjevo.