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 2020  maggio 26 Martedì calendario

Periscopio

Non sopporto la stupidità degli altri. Preferisco la mia. Ennio Flaiano (Francesca d’Angelo). Libero.

L’Italia è in bilico fra disagio e caos. Nicola Zingaretti, segretario del Pd (Massimo Franco). Corsera.

Conte non si fida più di nessuno, e fa bene. Galleggia aggrappato a una tavola di legno, circondato da squaletti. Il capo di gabinetto anonimo del libro Io sono il poter. (Pietro Senaldi). Libero.

Quando vedo che in Italia si verifica la distribuzione a pioggia degli interventi pubblici, mi viene voglia di dar ragione agli olandesi. Giancarlo Giorgetti, vice della Lega (Francesco Verderami). Corsera.

Al popolo, fino a un certo punto, non spiace essere illuso e Conte sa bene che illudere è l’unica arma che gli è rimasta per comandare (dispensando qui e là dei «vi consento di?»), manco fosse un monarca assoluto. Alessandro Sallusti. il Giornale.

Sul mio giornale ho scritto un editoriale da cavare la pelle. Non a caso il titolo, molto chiaro, credo, era: «È esplosa giornalistopoli ma i giornali non ne parlano». Per anni questi giornalisti e i loro giornali si sono limitati a firmare le intercettazioni in arrivo dalle procure e adesso, solo perché c’è il loro nome nel cellulare di Palamara, tacciono? A me le intercettazioni non interessano, ma loro (che vivono di relata refero) dovrebbero pubblicarle. Piero Sansonetti, direttore del Riformista (Tommaso Montesano). Libero.

Martha Gellhorn ed Ernest Hemingway si incontrarono nel 1936, divennero amanti l’anno dopo, Hemingway divorziò per lei e la sposò nel 1940, per poi divorziare da lei quattro anni dopo. Aveva la sindrome del matrimonio, Ernest, retaggio di un’educazione cattolica che non contemplava le gioie del peccato se non attraverso i dolori dell’espiazione. Il tradimento, insomma, andava redento e santificato attraverso il sacramento. Stenio Solinas. il Giornale.

Non ho mai coltivato sentimenti di rigetto o ostilità verso la modernità e la tecnologia. Ma da tempo avvertivo la sensazione che avevamo perso il senso del limite. Sempre di più, sempre più veloci, senza mai accettare qualcosa in meno. Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose (Antonio Gnoli). la Repubblica.

«Gricia, tra la Colombia e il Cile ci sono tremila chilometri e tre cordigliere» lo ferma Remedios, con un sorriso. «E noi in Colombia non abbiamo avuto Pinochet, ma i narcos. Travestiti da rivoluzionari comunisti». Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Anche Enrica Bonaccorti si dedica alla casa, ma a differenza della Laurito «vorrei tanto imparare a cucinare», e così Barbara D`Urso, «ho già preso un chilo», fa. «Tranquilla», le dico, «mi piaci anche chubby, paffuta, diciamo». Massimiliano Parente. il Giornale.

Quale meravigliosa primavera ci stiamo perdendo. Dal cielo di Roma ronza un elicottero della Polizia, che gira e torna, insistente. Il rombo delle pale mette angoscia. Ricorda, per un istante, un altro elicottero, quello con cui Benedetto XVI lasciò San Pietro. Come allora, oggi, qualcosa di mai visto a Roma, qualcosa che inquieta, quasi temessi di sentirci dentro un segno di fine dei tempi. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

A Trastevere in quei giorni circolava impunito un pastore senza mascherina, seminudo, con le pelli addosso, i sandali e un bastone; di solito ubriaco, sembrava si fosse perduto dal presepe scorso, ma nessuno osava fermarlo. A Bari è stato beccato uno che andava al mare a pescare le pelose e lo ha scritto pure sull’autocertificazione. Marcello Veneziani. Panorama.

Il potentissimo ministro democristiano, Giulio Andreotti, racconta in uno dei suoi libri: «Mentre si discuteva la legge Breganze – scrive – in una riunione di ministri Dc dissi che quel sistema di automatismi per cui la progressione in carriera avveniva senza concorsi e nemmeno verifiche sul loro operato mi sembrava inconcepibile. Mi risposero in coro di tenere per me questa opinione: se no, quelli ci incriminavano tutti gli amministratori». «Quelli» era il nome che la politica dava alle toghe. Da ciò, si può arguire che razza di stima corresse tra beneficatori e beneficiati. Lo stesso deputato vicentino che volle la legge, visti gli sconquassi, si pentì di averla caldeggiata. Lo confidò il figlio, Massimo Breganze, al giornalista, Antonio Galdo, dopo la morte del padre nel 1999. Giancarlo Perna. LaVerità.

Ricordo l’esultanza nei severi saloni del Corriere della Sera quando nel 1978 fu approvata la riforma sanitaria voluta tenacemente dalla Anselmi, che soppresse la mutua e istituì il Servizio sanitario nazionale. Pareva la madre di tutte le conquiste sociali. Invece ha solo creato la più grande «industria» nazionale dopo l’edilizia, un’enorme mangiatoia. Con regioni, come la Sicilia, dove ci sono più medici ospedalieri che degenti: 9.369 camici bianchi per 7.624 posti letto. A distanza di un trentennio, il risultato è sotto gli occhi di tutti: moltiplicazione esponenziale della spesa. Una siringa che all’ingrosso vale 3 centesimi viene pagata dalle Asl in media 7 centesimi. Il 133% in più. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio, 2014.

Il peggiore dei peggiori è il moralista, che è una versione turbo, esasperata, del buonista. Quando non ci dà l’orticaria, ci dà la nausea. Non vogliamo generalizzare. Ci sono moralisti, mosche bianche, che con coerenza e coraggio si battono per le loro idee, giuste o sbagliate che siano. E per queste idee pagano. Più che moralisti sono piccoli eroi del nostro piccolo tempo. Una specie in estinzione che merita rispetto. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.

Al di là di tutte le loro divergenze, noi troviamo in Paul Kennedy, Samuel Huntington, Zbigniew Brzenzinski, Henry Kissinger o Robert Gilpin la stessa visione prudente di un’America che, lungi dall’essere invincibile, deve gestire l’inesorabile riduzione della sua potenza relativa. Emmanuel Todd, Après l’empire, Dopo l’impero. Gallimard, 2002.

«Non ti montare la testa», mi disse Tedeschi, «Longanesi preferisce farti segretario generale della Lega dei Fratelli d’Italia che assumerti col contratto di praticante». Non me la montai. Non pagava neppure gli articoli: «È lei che mi dovrebbe pagare perché glieli pubblico, e glieli metto anche a posto». Mettere a posto per lui erano le modifiche e correzioni che potevano giungere a riscritture quasi totali, quel che i bidelli delle case editrici chiamano editing. Piero Buscaroli, Una nazione in coma. Minerva edizioni, 2013.

Ormai tutti danno i numeri. Pippo Franco, comico (Francesca d’Angelo). Libero.

Di quanto bene fatto male, mi sono pentito! Roberto Gervaso. Il Giornale.