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 2020  maggio 20 Mercoledì calendario

Intervista a Paolo Nespoli

Lui che ha visto nascere la Crew Dragon, ha maneggiato in orbita con il braccio robotico dell’Iss la gemella cargo Dragon, e ha compiuto una missione con lo Space Shuttle e due con la Soyuz, ovvero gli ultimi due mezzi con equipaggio umano prima della svolta di mercoledì, ci guida nella nuova avventura di SpaceX. Paolo Nespoli risponde da Houston, dove sta trascorrendo il lockdown da coronavirus con la famiglia. Da Cape Canaveral alle 22,37 partirà la prima missione commerciale umana.
Il suo amico Douglas Hurley fa il modesto, ma intanto lui entra nella Storia tornando nello spazio con la Crew Dragon, mentre lei resta a terra?
«E già, Doug è molto distinto, non lo fa pesare. Ci vediamo un paio di volte a settimana in piscina per ritirare i figli, lui Jack e io Sofia, dopo i corsi di nuoto, ma lo conosco da molti anni, dalle missioni Shuttle alle quali abbiamo lavorato insieme. E poi io sono in pensione e lui ha solo 54 anni. Ed è persino sposato con un’astronauta veterana come Karen Nyberg. Doug merita alla grande questa missione e questo ruolo nella storia dell’esplorazione spaziale».
Hurley è il primo americano che, con il collega Bob Behnken, 50 anni, riparte per lo spazio a bordo di una nave spaziale americana dopo i 9 anni di dura dipendenza dai russi.
«Sì, è finita la traversata nel deserto degli Usa che sono di nuovo autonomi nell’accesso degli astronauti allo spazio: questa prima missione spaziale commerciale umana è davvero significativa. L’America si fermerà a guardare verso il cielo come negli anni 60 e 70 con gli Apollo e poi negli anni 80 con gli Shuttle. La Crew Dragon parte non a caso dalla stessa rampa di Cape Canaveral, arriverà ancheTrump».
Che differenze tra queste missioni?
«La Soyuz è e resterà, come avviene da oltre 40 anni, un gioiello di arguzia e intelligenza sovietica-russa: con risorse assai inferiori alla concorrenza hanno costruito e ammodernato cna navicella perfetta che funziona con precisione fenomenale, robusta e adatta portare astronauti, cosmonauti per loro. Niente fronzoli e anche la bella ideologia di non pensare sempre a un modello nuovo come facciamo magari con i telefonini. Peccato per quei sedili».
I sedili?
«Sono fatti per il russo medio, io che sono alto 1,90 dovevo essere inserito a martellate in quel guscio. Un contorsionista, dovevo essere. E poi la Soyuz non teme il maltempo in Spagna».
In Spagna?
«Una volta un lancio dello Shuttle dalla Florida venne rinviato 12 volte perché su Saragozza c’era maltempo. Lì c’è una pista di emergenza se lo Shuttle deve rientrare. E così se vicino alla rampa di Cape Canaveral passa, esagero ma mica tanto, una farfalla. Invece alla vigilia del mio primo lancio con la Soyuz c’era una furiosa bufera di neve nella steppa. I russi ridevano: nessun rinvio».
Però vuole mettere la comodità e la vista panoramica dello Shuttle?
«No certo, a patto di avere un miliardo di dollari a a lancio. Una macchina magnifica ma in anticipo sui tempi. Molto complessa, legata a mille variabili, costosissima anche se poteva portare in orbita 7 astronauti e 20 tonnellate di carico utile, prestazioni al momento inarrivabili».
Chissà la planata dall’Iss alla Florida...
«Uno spettacolo: dal ponte di comando ci si lascia il buio pece dello spazio e ci si tuffa verso la Terra, a un certo momento, per l’attrito con l’atmosfera, i finestroni sono avvolti dal plasma ionizzato di un rosso infernale. In quella fase esplose il Columbia e, insomma, ci si pensa. Poi la vista del golfo del Messico che lascia senza fiato e infine, con la comandante Pam (Pamela Melroy, ndr) di nuovo ai comandi manuali, la planata fino alla Florida leggeri come un aliante quale in effetto lo Shuttle è, anzi era. Sensazioni irripetibili, poi però si pensa ai costi, prima di tutto umani (ovvero le vite di 14 astronauti) e finanziari dell’epopea trentennale dello Shuttle. Per questo dico che era una macchina arrivata troppo presto nello scenario delle esplorazioni spaziali».
Con la capsula Crew Dragon si torna invece al passato, alle missioni Apollo?
«Solo in apparenza perché ad esempio, parlando ancora di costi, la Nasa ha risparmiato molto affidando alla SpaceX di Musk il compito di riportare in orbita, e poi magari sulla Luna e su Marte, i propri astronauti. L’ente americano avrebbe speso forse cinque o sei volte tanto e non sono più i tempi della gara con l’Urss per la Luna che dirottarono su quell’avventura il 4% del Pil Usa».
Per questo si parla di prima missione commerciale umana?
«Sì, si è partiti dall’ideale della Luna e ora siamo al business della Space economy in crescita tumultuosa perché dello spazio, ad esempio dei satelliti per le comunicazioni, avremo sempre più bisogno. Così ci sono sempre più aziende come SpaceX che investono in razzi e navicelle o capsule. La nuova frontiera dell’uomo nello spazio inizia davvero».
Elon Musk non pare un tipo che punta solo al profitto.
«No di certo, sennò nemmeno ci si sarebbe messo. In lui conta tantissimo anche la visione di un’umanità in continua ricerca di nuovi orizzonti, una molla formidabile per progettare capsule e poi astronavi vere e proprie».
Meglio dire capsula con la Crew Dragon?
«È più corretto, ricorda temi delle missioni Apollo, a cominciare dalla forma, ora molto più affascinante come capita con l’ultimo modello di un’auto, ma comunque un capsula issata in cima a un razzo che poi torna sulla Terra con una caduta controllata e frenata infine da paracadute. Anzi sul mare, perché vedremo di nuovo un ammaraggio nell’oceano. È molto panoramica con questi finestrini e comodissima per l’equipaggio, niente lividi come sulla Soyuz».
Nostalgia?
«Tanta. E sarà ancora più forte quando SpaceX farà atterrare con i retrorazzi la Crew Dragon come fa adesso con il primo stadio del Falcon 9. Quell’atterraggio me lo sogno».