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 2020  maggio 24 Domenica calendario

Il contagio della politica rende il mondo più pericoloso

Il coronavirus non ha contagiato soltanto esseri umani; ha contagiato anche la politica nazionale e internazionale, con risultati che potrebbero essere non meno pericolosi per le sorti del Paese e del continente in cui viviamo. 
In primo luogo ha suggerito ad alcuni uomini politici che l’epidemia, se bene utilizzata, avrebbe giovato alle loro ambizioni. Il caso più evidente è quello di Viktor Orbán, primo ministro dell’Ungheria, che ha usato il coronavirus per ottenere i pieni poteri senza limiti di tempo. Ma il caso più politicamente insidioso è quello di Donald Trump. Sapevamo che il presidente degli Stati Uniti misura ogni sua iniziativa politica con il metro degli effetti che avrà sulla sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali di novembre; e sapevamo che ha fatto della Cina, in questa prospettiva, la principale responsabile della pandemia. Ma non potevamo immaginare che avrebbe accusato l’Organizzazione Mondiale della Sanità di avere aiutato la Cina a nascondere le sue «colpe». E tantomeno potevamo immaginare che avrebbe negato all’Oms il contributo annuale del suo Paese in un momento in cui la mancanza di fondi può rendere la battaglia contro il virus ancora più difficile. 
La pandemia ha avuto altri effetti non meno insidiosi. Ha diviso il mondo in due campi. Nel primo vi sono quelli per cui questa catastrofe può essere combattuta soltanto con una severa quarantena: misure che limitano drasticamente la nostra libertà di movimento e richiedono la chiusura di negozi, fabbriche, ristoranti, stadi, cinema e teatri. Nel secondo vi sono tutti quelli che vedono nella interruzione delle attività economiche l’equivalente di una biblica carestia destinata a impoverire larghi ceti delle nostre società e a preparare le condizioni per rabbiose rivolte sociali. In questo secondo campo i due principali campioni sono il presidente brasiliano Jair Bolsonaro (l’uomo che vorrebbe fare nell’Amazzonia una colossale speculazione edilizia), e il presidente degli Stati Uniti insieme a un largo stuolo di amministratori locali, imprenditori, banchieri e commercianti. 
Nel primo invece vi sono tutti quelli (politici e sociologi, ma anche rappresentanti del mondo degli affari) per cui il diritto alla salute è più importante di qualsiasi considerazione strettamente economica. 
Quello che dovrebbe essere un confronto fra prospettive e soluzioni diverse è ormai una potenziale guerra civile: la prima guerra civile su scala mondiale. Vi sono fortunatamente anche quelli che, come in quasi tutte le democrazie europee, stanno cercando una via di mezzo fra le due soluzioni. Non sarà semplice e non darà soddisfazione a nessuno, ma è probabilmente la sola via d’uscita possibile.