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 2020  maggio 24 Domenica calendario

A Blenheim con Churchill

Quando visitai per la prima volta il Palazzo di Blenheim ero piuttosto giovane, non vivevo ancora a Roma e non ero pronto per capire l’importanza di quella lezione artistica: era la risposta nordica al meraviglioso scoppio emotivo nell’Urbe del Bernini. Nessuna country house ha destato reazioni più contradditorie di questo immenso edificio. Horace Walpole, una delle menti più agili e originali dell’epoca, l’ha definita «esecrabile sia all’interno che all’esterno» ma in altra occasione è stato ancor più insolente: «Siamo stati a Blenheim e abbiamo visto tutte le cave di pietra di Vanbrugh, tutti gli editti del Parlamento e i dispacci relativi al Duca iscritti nella pietra, e tutte le poltrone ricamate, i tavoli di massello, e le gonne e le vesti della regina Anna che la vecchia Sarah poté ammassare nel marmo (si riferisce al monumento della Regina sistemato nella biblioteca del Palazzo). Sembra la casa di un battitore d’aste divenuto re di Polonia, che abbia riempito le proprie stanze con vecchi trofei, robaccia che nessuno ha voluto comprarsi, e una dozzina di quadri che ha rubato mentre inventariava i beni di diverse famiglie. Il parco è brutto quanto il palazzo». Walpole, dunque non apprezzava Vanbrugh, non aveva simpatia per la Regina Anna (morta nel 1714) né per la Duchessa Sarah, né per la statua reale scolpita da Rysbrack.

Non sempre è andata così. Di tutt’altro avviso è stato Sir Winston Churchill, nato a Blenheim e primo cugino del nono Duca di Marlborough. Sir Winston fu come tutti sanno uno straordinario statista che riuscì a distruggere le forze oscure del nazismo ma anche un grande scrittore. Qui ci interessa un suo volume molto ben documentato dedicato ai suoi antenati. Il fondatore della dinastia si chiamava come lui ma era nato nel 1620. Destino volle che il primo Winston fosse il padre del grande eroe inglese del Settecento, il Generale John Churchill, divenuto per i suoi meriti primo Duca di Marlborough. Il nostro Winston in quel suo studio reputa che il costruttore di Blenheim, Vanbrugh, era riuscito ad ideare un palazzo italiano fornito in seguito da un parco in perfetta armonia dal paesaggista Capability Brown. Uno dei più intelligenti conoscitori dell’architettura europea, John Summerson sa chiarire, in poche parole, l’importanza di Blenheim paragonandolo alla facciata est del Louvre, col colonnato di Perrault e alla Piazza di San Pietro del Bernini a Roma: «Ebbene, ecco tre edifici che dimostrano, a mia opinione, in maniera particolarmente brillante la retorica del Barocco. Sì, retorica è la parola chiave. Questi edifici usano il linguaggio classico dell’architettura con forza e senso drammatico allo scopo di vincere la nostra resistenza e persuaderci della verità di ciò che affermano - sia questa la invincibile gloria dell’esercito britannico, la magnificenza suprema di Luigi XIV o l’abbraccio universale della chiesa di Roma».

I Marlborough, portavano due cognomi, Churchill e Spencer: il grande generale morì senza eredi maschi scomparsi ambedue assai giovani e fu succeduto dalla figlia che aveva, privilegio rarissimo in Inghilterra, il diritto di successione al ducato. Henrietta si sposò con un membro della famiglia Spencer (col tempo al cognome dei primi si aggiunse quello dei secondi). All’epoca di Winston Churchill nacquero due suoi cugini, il primo, nel 1871, divenne nono Duca e sposò la celebre e ricchissima Consuelo Vanderbilt. Il secondo, Edward G. Spencer-Churchill nato nel 1876 ereditò per via materna buona parte dell’immensa collezione di Northwick Park che completò via via con oggetti importanti sia nel campo delle antichità che della pittura (opere di Beccafumi, Fra Angelico, Lorenzo Monaco, Brueghel, Dirck Bouts, vasi greci, oggetti persiani, basalti egiziani). I tre cugini discendevano direttamente dal quarto Duca di Marlborough, George (1739-1817) di cui si conserva a Blenheim un meraviglioso ritratto della sua intera famiglia opera di Reynolds e non a caso egli tiene in mano una sardonica antica mentre il figlio primogenito un astuccio con una delle famose Gemme Marlborough. Il quarto Duca soggiornò a lungo in Italia tra il 1760-1761 per ritornare poi a Milano anni più tardi. Nella prima occasione ebbe l’opportunità di acquistare buona parte della raccolta di incisioni e cammei appartenuti ad Anton Maria Zanetti. Questo particolare aspetto del collezionismo della famiglia fu uno dei più felici. La raccolta di gemme fu considerata la più importante del suo genere in Gran Bretagna - un terzo proveniva dell’antico fondo appartenuto ai Duchi di Mantova, acquistata a suo tempo da Lord Arundel e poi completata con oggetti già appartenuti a Lord Bessborough. L’intera collezione fu venduta alla fine dell’Ottocento ed è oggi dispersa in mezzo mondo.

Blenheim, come ho accennato, a prima vista mi lasciò perplesso - un gelido spettacolo fin troppo studiato a tavolino, una gigantesca massa un po’ confusa anche se brillantemente disegnata: mi apparve una cattedrale non priva di torri ma senza cupola. D’altra parte è questo il palazzo donato dalla Regina Anna come ringraziamento a Marlborough, all’uomo che aveva assicurato all’Inghilterra un trionfo destinato a durare lungo i secoli. Ma il successo degli artisti non è sempre capito dai politici della loro epoca né dai critici del tempo successivo. Se si vuole intendere l’importanza dell’uomo e del suo palazzo basti ricordare come il suo nome impossibile a pronunciare per un francese o per uno spagnolo restò famoso. Qualche traccia di questa gloria si sente ancora nella tiritera dei nostalgici di Luigi XIV che lo chiamavano ancora Monsieur Malbrouck (Malbrouck s’en va-t-en guerre). In Spagna fu ancora più celebre e ricordo ancora la strofa che si cantava nella remota isola dove nacqui

Mambrú se fue a la guerra,

¡qué dolor, qué dolor, qué pena!.

Mambrú se fue a la guerra,

quizás si volverá...

Se ai tempi del regno congiunto di Guglielmo III e della Regina Mary gli venne negata la giarrettiera, la Regina Anna, che talvolta lo amava quanto amava la moglie e talvolta lo detestava quando non voleva Sarah nei suoi appartamenti, gli fece donare il maniero reale di Woodstock e pagò la costruzione di un nuovo palazzo, qualche volta generosamente e qualche volta, non mantenendo i patti, non pagò affatto. È anche vero che il grande generale era un uomo misterioso; abilissimo e calmo nel suo mestiere, sicuro nell’indovinare la tattica opportuna, attento ad ogni dettaglio delle sue azioni e meticoloso nell’impostazione diplomatica della propria esistenza. Ma in quegli anni ogni cosa cambiava per eccesso o per difetto a seconda del dominio erotico che la moglie esercitava sulla sovrana.

Con l’inizio della Guerra di successione spagnola le stelle di Marlborough brillano al loro apice. Aiutato dal più giovane ma non meno geniale generale austriaco, il Principe Eugenio di Savoia, la battaglia di Blenheim assicura il trionfo degli anglo-austriaci: gli spagnoli e i francesi insieme alle truppe dell’Elettore di Baviera furono pressochè annientati. All’immenso successo di Marlborough, alla sua imperitura gloria, a nulla servirono i complessi rapporti della moglie con la Regina, come del resto accade spesso nelle relazioni derivate dal sesso e dal potere guidate dall’intrigo e dall’interesse. Alle continue ostilità fra la Regina e la Duchessa si aggiunse la cugina di quest’ultima, decisa a subentrare nell’alcova reale come chi entra a far parte di un assurdo bataclan. 

Con l’immensa dote portata nel 1895 quando il cugino di Sir Winston sposò Consuelo Vanderbilt (a quanto pare la cifra corrisponderebbe oggi ad una settantina di milioni di dollari) la dimora rimase in piedi, ma erano ormai stati venduti non pochi capolavori come la Pala Ansidei di Raffaello e il Carlo I a cavallo di Van Dyck, passati alla National Gallery. Oggi la collezione, vanto della famiglia, non è paragonabile a quella di una volta. Accontentiamoci di ammirare una sorta di estratto elegante dei modelli di Van Dyck preparato per il graziosissimo quadro di John Singer Sargent ai tempi di Consuelo. Molte altre cose circolano in innumerevoli musei non sempre ben ricordati. Qualche anno fa vennero identificati alcuni bronzi di Massimiliano Soldani Benzi eseguiti nel 1711 a Firenze per il primo Marlborough, a lungo dimenticati a Blenheim nonostante la firma. Fino all’inizio di questo anno furono esposti nella mostra delle sculture in bronzo all’epoca dei Medici a Palazzo Pitti: la più bella mostra fatta in Italia prima della pandemia insieme a quella di Raffaello al Quirinale che, grazie a Dio, è prossima a riaprire i battenti.