Il Sole 24 Ore, 24 maggio 2020
La crisi economica in Brasile
«Ordem e progreso ”. Lo stilema che campeggia sulla bandiera del Brasile pare meno onorato del solito. Il presidente Jair Messias Bolsonaro guida un Paese con record tutti negativi, con poco “ordine” e ancor meno “progresso”. Il peggiore tra i disordini è quello del Covid-19, con dati inquietanti.
A meno di un anno e mezzo dal suo insediamento, Bolsonaro ha inanellato varie sconfitte politiche, la perdita di credibilità internazionale e un netto deterioramento del quadro macrofinanziario del Paese. Un palmarès poco invidiabile.
L’asse di potere che lo ha accompagnato al potere, quello delle tre B, Bibbia, bue, bala (pallottola) pare assistere inerte a questo declino: le tre B fanno riferimento al sostegno che ha ricevuto dalla destra evangelica, dall’industria agroalimentare e da quella bellica. La teologia della prosperità, pilastro della Chiesa evangelica, assicura che «è possibile collocare sul piano terrestre, e non più in un distante aldilà, lo spettacolo pirotecnico promesso alla fine del tunnel». E il Messias ci ha creduto fino in fondo. È convinto che tutti i mezzi siano leciti, che il problema della criminalità, una delle grandi ferite aperte, sia superabile con la violenza autoritaria. In una intervista televisiva ha dichiarato che «gli agenti che uccidono decine di piantagrane debbono essere premiati, non perseguiti».
Quella del Brasile è una crisi,certamente economica e sociale ma innanzitutto politica e istituzionale. Gli ultimi trenta giorni sono forse l’apogeo di una escalation maturata da inizio anno. Il presidente ha silurato il ministro della Salute, Luiz Henrique Mandetta, colpevole di seguire le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e altre pedine importanti del suo Esecutivo.
La gaffe internazionale, l’ultima in ordine cronologico, è di pochi giorni fa,quando ha annunciato una grande grigliata in programma a Brasilia,con migliaia di invitati,una ostentata provocazione alle indicazioni rigorose provenienti dagli istituti sovranazionali e dai suoi stessi governatori che da settimane preannunciano il collasso del sistema sanitario. In barba al Covid. E i risultati parlano chiaro: il Brasile è il terzo Paese al mondo, dietro solo a Usa e Russia: il bilancio è di 21mila morti e 330mila contagi.
Ben prima della pandemia da coronavirus i dati macroeconomici sono preoccupanti, ora peggio: la recessione è conclamata. Gli economisti prevedono, per il 2020, una contrazione del -3,7 % rispetto al 2019.
La disoccupazione è passata dal 10,9% al 12,2% con un aumento di circa 1,2 milioni di disoccupati. Un gruppo di economisti brasiliani, capeggiato da Monica de Bolle, della Johns Hopkins University, difende la teoria secondo la quale lo Stato può stampare moneta e indebitarsi senza generare in?azione (ma svalutando il valore del real). Il 23 aprile il Governo ha presentato il piano “Pro-Brasil”, una sorta di piano Marshall per stimolare la ripresa economica nei prossimi anni.
O dinheiro. I soldi. La fenomenologia del brasiliano, ai tempi del coronavirus, rimane quella di sempre, “primum vivere” e quindi, resistere, costruire, ricostruire. A dispetto di un quadro così fosco le imprese, e in particolare quelle italo-brasiliane, affrontano l’emergenza sapendo che...passerà. E che, male che vada, un Paese-continente (grande 27 volte l’Italia) si salva sempre. Se non altro per le dimensioni del mercato interno che con 210 milioni di abitanti costituisce un enorme bacino di utenti, consumatori. Oltre a essere una piattaforma per altri Paesi latinoamericani.
I toni degli imprenditori sono positivi. A differenza di altri momenti drammatici,l’Effetto Tequila del 1994 (che travolse il Messico oltre a vari Paesi asiatici) e l’Effetto Tango del 2001 (con default dell’Argentina) del 2001, quella del Brasile sembra davvero un’eccezione. Graziano Messana, presidente della Camera di Commercio italiana di San Paolo, rilascia dichiarazioni prevalentemente ottimistiche. «Il Brasile supererà l’emergenza Covid-19 e la crisi economico-finanziarie perché è abituato alle turbolenze. La crisi 2015-2016 fu la peggiore degli ultimi 50 anni, il Brasile sprofondò in una recessione profonda ma la ripresa è stata fulminea. Il Paese passò dal -3,5% di Pil di fine 2016 a +1% del 2017. Con un tasso di interesse altissimo e pari al 14%, non aveva nessun aiuto finanziario per contrastare la recessione, e invece la svolta avvenne».
I settori ? Agrobusiness, farmaceutica, oil & gas, sicurezza digitale sono quelli in cui le imprese italiane, piccole e medie, si inseriscono con più facilità. Soprattutto l’agrobusiness che, data l’estensione delle terre, costituisce il 20% del Pil; ebbene – dice Messana – «molte imprese italiane si inseriscono nel settore dei fertilizzanti, dei prodotti chimici».
Tra le aziende presenti qui che hanno adottato misure specifiche per affrontare il Covid-19, Enel ha aumentato i turni, distanziato le persone e creato un meccanismo di turnazione che prevede squadre di lavoratori che non si mescolano mai e non hanno contatto con le altre.
La Engineering, azienda italiana che ha una filiale in Brasile con oltre 500 dipendenti, ha lanciato una tecnologia che si chiama Smart Proximity, un braccialetto digitale che misura la distanza tra i dipendenti. La Ima, azienda emiliana, con una filiale in Brasile, produce una macchina brevettata in grado di fabbricare 4 milioni di mascherine al mese e inizia la commercializzazione in Brasile.
Un’altra impresa italiana basata in Brasile è quella guidata da Maurizio Mazzaferro. Una azienda familiare fondata 67 anni fa che produce filati sintetici per l’industria e occupa quasi 600 lavoratori. «Siamo sotto i volumi di produzione pre-crisi, ma non ci sono dati allarmanti. Piuttosto, si potrebbe ridefinire il profilo della collocazione commerciale del Paese». Il real, la moneta brasiliana, ha perso il 40% del suo valore da gennaio a oggi, rispetto al ’euroe il Covid-19 ha un impatto (non favorevole) sull’immagine della Cina. Per questo il Brasile, in questo nuovo scenario di scetticismo nei confronti della globalizzazione, con una moneta molto competitiva, potrebbe rilanciarsi nel mercato interno. Per Mazzaferro «l’azienda si può riposizionare sia nel consumo interno, spazzole, scarpe, sia nei consumi intermedi (filati per pneumatici, fili per il settore biomedicale e tessile). Ci sono settori in crisi, certo. L’automotive è forse quello più colpito, la vendita di auto con il lockdown è crollata a picco nelle ultime settimane.
Ma ciò che, a livello sistemico, si può osservare è una progressiva uscita o almeno rallentamento dalle filiere produttive della Cina. Filiere già interrotte da mesi(per mancanza di prodotti in arrivo) che ora potrebbero essere sostituite da filiere locali. Si tratta di un fenomeno di straordinario interesse, un test regionale di una tendenza ben più ampia, ovvero la riscrittura della organizzazione e divisione internazionale del lavoro. In Brasile la progressiva uscita dalla supply chain cinese è già un fatto; il Covid come ovvio genera anche un “effetto psicosi”e i rapporti commerciali con la Cina ne rimangono danneggiati.
In altre parole nel processo di parziale de-globalizzazione,già in corso, un Paese delle dimensioni del Brasile può trarre benefici e iniziare a tracciare una nuova mappa politico-commerciale.
Il popolo brasiliano soffre, da sempre. Il Carnevale è la sua catarsi e il samba è la colonna sonora del Paese che potrebbe accompagnare la riscrittura delle linee geo-economiche mondiali.