Avvenire, 24 maggio 2020
In crisi alimentare un americano su tre
Venditori ambulanti senza passanti ai quali offrire hot dog e bagel. Camerieri senza tavoli da servire e cucine dove potersi riempire la pancia. Donne delle pulizie senza uffici da spazzare. Bambini senza scuola dove pranzare gratis. A New York – già prima della crisi sanitaria da coronavirus una delle città con le più forti disuguaglianze d’America – in questi giorni un residente su quattro non sa se domani, o la prossima settimana, riuscirà a mettere insieme il pranzo con la cena. È un concetto noto come «insicurezza alimentare», e può andare dal ridurre i pasti ai minimi termini per far durare le provviste più a lungo alla completa dipendenza da organismi caritativi per calmare la fame.
L’anno scorso ne soffriva circa un milione di newyorkesi. Il Comune della Grande mela ha annunciato questa settimana che il numero ha superato i due milioni e che avrebbe incrementato la distribuzione di pasti: dalla prossima settimana, saranno un milione e mezzo al giorno, che i newyorkesi nel bisogno potranno raccogliere in scuole o centri comunitari, o, in alcuni casi, ricevere a casa. Dall’inizio di aprile, la metropoli ha già distribuito 32 milioni di sacchetti di vettovaglie gratuiti ai residenti che faticano a sfamare le loro famiglie, ha detto il sindaco Bill de Blasio.
Ma il problema dell’insicurezza alimentare negli Stati Uniti va ben oltre le sponde di Manhattan o i palazzoni del Bronx. Le statistiche sono meno chiare a livello nazionale, ma secondo alcune ricerche la perdita di quasi 39 milioni di posti di lavoro e le interruzioni nella catena della distribuzione alimentare causate dal lockdown hanno fatto quasi raddoppiare il numero degli americani che conoscono la fame. Secondo l’associazione Feeding America, sono 54 milioni gli statunitensi a non aver mangiato abbastanza nell’ultimo mese, circa uno su sei. Ma un sondaggio condotto dall’università del- l’Arkansas usando un questionario del ministero dell’Agricoltura è ancora più impressionante. Il 38% degli intervistati ha detto di non essere sicuro di poter acquistare cibo una volta che avrà finito le scorte attuali e di prevedere di dover ridurre le dimensioni dei pasti. Il numero è confermato, per eccesso, da un’altra ricerca della società Marketplace-Edison, secondo la quale il 44% degli americani ha paura di non potersi permettere di acquistare abbastanza generi alimentari nelle prossime settimane. «Sono livelli da record – dice Emily Engelhard, amministratore delegato di Feeding America, che gestisce una rete nazionale di banche alimentari –. Non abbiamo mai visto questo tipo di insicurezza da quando la misuriamo». Quando si parla di fame, il riferimento storico in America resta sempre la Grande Depressione, con le foto di file interminabili di operai derelitti allineati davanti alle mense della carità. Oggi le file spesso si fanno in auto e continuano per chilometri, o, quando sono a piedi, sono già più lunghe di quelle degli anni Trenta, anche solo a causa dell’obbligo di rispettare la distanza di due metri. Oggi come allora, moltissime delle persone che sperano in un piatto caldo o in un panino non sono abituate a chiedere la carità. Circa il 40% di chi si presenta affamato a un centro di aiuto non era mai stato in una banca alimentare prima, secondo Feeding America e la Caritas Usa, che sostiene che gli Stati Uniti non hanno ancora toccato il fondo del bisogno. L’insicurezza alimentare, dicono della Caritas, sta aumentando in ogni parte degli Stati Uniti e continuerà sicuramente per tutto il 2020. Fra le categorie più vulnerabili ci sono gli anziani, ai quali è stato consigliato di isolarsi il più possibile e hanno quindi meno possibilità di ottenere aiuto. Ma anche i bambini sono a rischio: uno studio recente calcola che uno su cinque ha già dovuto saltare dei pasti negli ultimi due mesi. «L’America era già insicura dal punto di vista alimentare e la pandemia da Covid-19 ha aggravato il problema a vari livelli – spiega Kevin Fitzpatrick, l’autore della ricerca dell’Università dell’Arkansas –. La fame è entrata nelle cinture urbane popolate dalla classe media dove non era mai stata presente e dove non esistono mense dei poveri». Un indizio in questo senso lo si ritrova a New York, dove le domande di buoni per la spesa sono triplicate nell’ultimo mese. «Ma non bastano ancora – sostiene Katherine Garcia, zar per l’emergenza cibo della Grande mela –. I programmi di sostegno all’alimentazione della città fanno sempre più fatica a soddisfare la domanda crescente».