Il Messaggero, 24 maggio 2020
Trump vuole tornare ai test nucleari
Un test nucleare ordinato ed eseguito in tempo breve, per comunicare lo stato di allerta e l’efficienza ancora vigente negli Usa. L’idea è stata discussa otto giorni fa alla Casa Bianca durante un incontro dei vice responsabili della Sicurezza nazionale. Nessuna azione è stata decisa secondo le fonti che hanno rivelato l’accaduto al Washington Post. Ma il dibattito è stato aperto, e più voci vi hanno partecipato con opinioni favorevoli. Un test eseguito con accurata precisione sarebbe un messaggio diretto alle cancellerie di Pechino e di Mosca, e farebbe da sponda al desiderio più volte espresso da Donald Trump, che la Cina si unisca alle altre due potenze nel discutere un nuovo accordo sulla gestione dell’arsenale mondiale di armi atomiche oggi esistente.
LE CONSEGUENZE
Gli Usa non conducono un test dal 1992, quando un ordigno da 20 chilotoni fu fatto esplodere sottoterra nel deserto del Nevada. Era il numero 1032 condotto dagli Stati Uniti dal 1945 in poi, e l’attività ha lasciato scorie radioattive nell’intera regione centrale del paese. Quattro anni dopo l’assemblea generale dell’Onu approvò una risoluzione per il bando totale della sperimentazione, firmato da 185 Paesi. La sua attuazione è da allora in limbo, perché il requisito fondamentale: la ratifica da parte delle otto delle nazioni che al tempo avevano capacità nucleare, non è mai stato soddisfatto, per via della riluttanza di Usa, Cina e di altri 15 Paesi che non l’hanno ancora adottata nei propri ordinamenti. Quello che resta in vigore è il precedente accordo del ’63 che eliminava le esplosioni aeree, ma le permetteva sotto la superficie terrestre.L’idea di una ripresa unilaterale negli Stati Uniti è stata ricevuta con enorme scetticismo. «Altro che spinta al negoziato! Sarebbe un plateale invito alle altre potenze per rilanciare i test su scala globale» dice Hans Kristensen, direttore del programma di informazione nucleare per la Federazione degli scienziati americani. La proposta potrebbe comunque tentare Donald Trump, in cerca come sempre di uno strumento di pressione per rilanciare il confronto con la Cina. Il governo di Pechino non ha mostrato finora nessun interesse a sedersi ad un tavolo a tre con Putin e Trump. L’arsenale atomico cinese è venti volte più piccolo di quello ancora in possesso degli Usa, dopo decenni di denuclearizzazione. Il presidente degli Stati Uniti insiste invece per imporre una museruola alla Cina, prima che possa diventare un antagonista di pari grado. Trump ha già sottratto il suo paese da tre accordi internazionali sugli armamenti, l’ultima volta questa settimana, quando ha annunciato che uscirà dall’Open Sky, il trattato firmato da 33 paesi nel 1992, e che ha permesso di condurre migliaia di voli di ricognizione nei rispettivi territori, al fine di eliminare i sospetti e allentare la tensione reciproca. Ha minacciato anche di non rinnovare alla scadenza del prossimo febbraio il New Start firmato da Obama e Vladimir Putin nel 2010, che limita a 1550 le testate nucleari negli Stati Uniti e in Russia e ll dislocamento di armi strategiche. Per estenderlo, Trump chiede che la Cina entri nel negoziato, e si impegni a congelare i suoi arsenali. Nell’amministrazione statunitense si è fatta largo l’idea che Cina e Russia stiano già sperimentando esplosioni nucleari in violazione ai trattati, anche se le due diplomazie hanno smentito, e Washington non ha prodotto prove. Sono semmai gli Stati Uniti che negli ultimi tempi hanno mostrato i muscoli. Il giorno dopo l’incontro alla Casa Bianca sulla ripresa dei test, la Marina militare ha condotto una prova con un’arma a raggio laser, capace di colpire un aereo in volo alla velocità della luce.