Huffington Post, 23 maggio 2020
Facebook e la libertà
Lo scorso anno Facebook ha oscurato alcune pagine di Forza Nuova e CasaPound. Non era ben chiaro il motivo, aveva genericamente a che vedere con messaggi di odio e di discriminazione, una specie di grande classico dei social, e non certo esclusiva della destra estrema. Mi sembrava un errore e lo scrissi. Primo, Forza Nuova e CasaPound (di cui non condivido nemmeno il taglio di capelli, meglio premetterlo) partecipano alle elezioni e sono autorizzati dai tribunali a pubblicare i loro giornali: per quale presupposto Forza Nuova e CasaPound hanno diritto di cittadinanza per lo Stato italiano e non per Facebook? La risposta, ragionevole ma temo insufficiente, è che Facebook è una società privata e può fare come crede. È vero, Facebook è una società privata ma ormai è diventato un luogo pubblico, dove ogni partito e ogni politico vivono, diffondono idee, raccolgono consenso, scambiano opinioni con i cittadini e i potenziali elettori. Non è che uno può essere zittito al capriccio di Marc Zuckerberg o di un suo algoritmo.
Secondo – poiché parecchi obiettavano molto sbrigativamente che in fondo si trattava di fasci, e non bisogna essere tolleranti con gli intolleranti (unica citazione di Popper salita a luogo comune, e da lì non se ne esce), e anzi le istituzioni avrebbero fatto meglio a prendere esempio da Facebook e non viceversa – si replicò che se il liberale accetta la censura dell’illiberale, solleva il coperchio a un tombino da cui presto o tardi sarà inghiottito. Beh, la profezia s’è avverata prima del previsto (nel frattempo Forza Nuova e CasaPound sono ricorsi alla giustizia ordinaria, Forza nuova ha perso, CasaPound ha vinto, dunque la questione dell’arbitrio di Facebook in forza della privatezza dell’impresa non è campata in aria).
Il 16 aprile il corrispondente dalla Turchia per Radio radicale, Mariano Giustino, scrive un post. Testuale: «Carceri #Turchia. Questa notte, grazie alla legge sull’esecuzione penale è stato rilasciato un membro della criminalità, Alaattin Çakıcı, appartenente ai Lupi Grigi. La legge concede la riduzione della pena per 90mila prigionieri, ma non per giornalisti, politici di opposizione e attivisti per i diritti umani».
Nel giro di due minuti, il post viene cancellato automaticamente. Sul video di Mariano Giustino compare una scritta: «Abbiamo ricevuto le tue informazioni. Se continuiamo a riscontrare che il tuo account non rispetta i nostri Standard della community, rimarrà disabilitato. Facciamo sempre molta attenzione alla sicurezza delle persone su Facebook, pertanto fino ad allora non puoi usare il tuo account».
In giornata l’account è oscurato e lo è ancora oggi, quaranta giorni dopo, e nonostante Giustino abbia chiesto spiegazioni, senza ottenerle, alla sede centrale di Facebook a Palo Alto e a quella italiana. Possiamo continuare a fare finta di niente, oppure possiamo cominciare a porci il problema, molto al di là qualche fascistello italiano.