la Repubblica, 24 maggio 2020
I quattro taccagni
Fa sorridere che vengano definiti “frugali”, quasi ufficialmente, quei Paesi ricchi (Austria, Danimarca, Olanda, Svezia) che per non mettere a repentaglio il benessere nazionale pongono vincoli piuttosto severi all’elargizione degli aiuti europei. La frugalità è certamente una virtù, ma in questo caso è una virtù richiesta agli altri. Fare il frugale con le tasche altrui, specie se le proprie sono piene, espone al rischio di essere definiti in ben altra maniera. Tirchi? Taccagni? Gretti? Ben altro sarebbe il dibattito politico se i titoli di giornale fossero: “I Paesi tirchi contro il piano franco-tedesco”. O “I quattro taccagni pongono le loro condizioni”.
"Frugali” è un geniale eufemismo, lascia intendere l’irriducibile etica di poche formiche, laboriose e risparmiatrici, che cercano di opporsi all’egemonia delle cicale scialatrici. Sia chiaro che le cicale esistono. Nella voragine del nostro debito pubblico ci sono parassitismi e ruberie – una per tutte, l’evasione fiscale – che non ci mettono nelle condizioni di bussare serenamente alle porte delle formiche pretendendo che paghino anche per le nostre omissioni. Non fosse che l’Europa è un insieme che si fonda sulla trans-nazionalità di molte cose, a partire da quella dell’economia, così felicemente descritta da Romano Prodi nella celebre battuta «a chi vendono i loro tulipani gli olandesi, se gli altri Paesi fanno bancarotta?».
Sulla stessa falsariga: per chi apriranno, gli austriaci, i loro skilift ? A chi venderanno, i danesi, la loro birra? Per la Svezia mi vengono in mente solo le aringhe e la socialdemocrazia. Ma la seconda non è oggetto di import-export.