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 2020  maggio 23 Sabato calendario

Lino Banfi incoronato dal Guardian. Intervista

«Mi sta chiamando il mondo, pure un amico di New York!!». Con l’immediatezza che lo contraddistingue Lino Banfi risponde così al telefono. Euforico. 
Il quotidiano britannico The Guardian ha dedicato una pagina al suo film, ormai mitico, «L’allenatore nel pallone» del 1984 dove lei interpreta l’allenatore Oronzo Canà. Un elogio a lei e ai messaggi positivi di quel film. 
«Oggi è stato come ricevere un premio. Sento di dire grazie di cuore a questa giornalista, Nicky Bandini». 
Un film che allora non fu considerato un capolavoro. 
«Da un po’ di anni Oronzo mi dà soddisfazione. L’hanno visto quasi tutti i calciatori nel mondo. Mi ricordo quando Ancelotti – che io conoscevo bene e frequentavo a Trigoria – andò ad allenare il Paris Saint Germain: gli scrissi un telegramma in francese “Mister ricordati il 5-5-5”. Lui appese il telegramma e tutti i giocatori ridevano come matti perché si ricordavano lo schema di gioco di Oronzo».
Perché un film leggero e divertente sul calcio entra nella storia dello sport? 
«Perché è antico e moderno insieme. Sembra un film girato ieri: dagli sfottò, al razzismo, dagli spogliatoi agli imbrogli». 
Ma come è nato davvero «L’allenatore nel pallone»? 
«Su un aereo Roma-Milano. Sedevo di fianco al grande Nils Liedholm: lui sapeva che ero romanista sfegatato e parlavamo spesso di calcio. Mi disse con quel suo accento tipo don Lurio: “Hai mai pensato di fare un film su un allenatore di calcio?”. E io dissi: “No. Sono pure grasso. Come faccio?”. E lui: “Tu assomigli a un vero allenatore, Oronzo Pugliese, molto buffo». 
Un’occasione ghiotta
«Sì. Proposi il film al regista Sergio Martino e cominciammo. Ma posi una condizione. Nome Oronzo, cognome Canà. Perché così mia moglie Mara sarebbe diventata Mara-Canà e noi potevamo andare in Brasile a girare il film. Se no quando mai l’avrei visto lo stadio Maracanà a Rio de Janeiro, io?».  

Ci furono tante comparse di giocatori famosi.. 
«Sì tanti. Fu un film davvero divertente. Ricordo Graziani che sfotteva la mia pelata e io gli dissi: “Tu diventerai più pelato di me”... E poi il grande goleador De Sisti, detto Picchio. Mi diceva sempre: “Ho fatto un sacco di cose nello sport e la gente si ricorda di me per quella stron... che ho fatto nel film». 
Però Banfi il mondo del calcio non ha più nulla a che fare con quella storia che ha raccontato lei. 
«Vero. Il presidente deve essere della stessa città della squadra. Deve andare negli spogliatoi e parlare la stessa lingua. Da quando la Roma viene guidata da presidenti stranieri, non ho piu affetto. E poi non c’è più l’attaccamento alla maglia». 
Lei così attento al sociale ha pensato qualcosa in epoca di Coronavirus? 
«Mi ha chiamato Pierpaolo Sileri, vice ministro della Salute, per chiedermi di essere testimonial di uno spot “a favore” delle mascherine. Ho realizzato uno spot che farà sorridere con garbo e misura. E ho posto una condizione: dare 20-30 mascherine gratis a chi ha tra i 65 e i 105 anni. Almeno a 3 milioni di nonni vanno regalate solo per il fatto di aver raggiunto una certa età. Ve lo dice un Membro dell’Unesco». 
Eh già, altro che Oronzo, siamo davanti a un membro dell’Unesco... 
«Voglio che venga convalidato il ruolo del “nonno d’Italia” come patrimonio dell’Unesco, perché un nonno vale più di un museo». 
Quando sarà finita la pandemia come festeggerà? 
«Vorrei che tutti gli italiani, dopo aver cantato l’Inno di Mameli, uscissero sui balconi a cantare: “È finita la quarantena, porca puttena”».