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 2020  maggio 23 Sabato calendario

Storia dei viaggi su rotaia

Per via della paralisi mondiale imposta dal coronavirus, un giorno di aprile mi sono improvvisamente resa conto: da più di un mese non salivo a bordo di un aereo! Prima mi ha presa lo sgomento, giacché i miei piedi non erano mai stati incollati alla terra così a lungo dall’adolescenza. Poi, a prevalere è stata l’euforia dall’affrancarmi da un ritmo insostenibile che aveva reso i miei spostamenti non più viaggi, bensì mero nomadismo - nel frattempo il mondo era andato avanti lo stesso senza la mia cocciuta presenza ai quattro angoli del globo. 
È stato dunque con questo spirito, e in questa sedentarietà inedita e forzata, che mi sono messa a leggere Storia meravigliosa dei viaggi in treno dello svedese Per J. Andersson, pubblicato da Utet con la traduzione di Valeria Gorla. 
Allora mi sono ricordata che a me, viaggiare in treno è sempre piaciuto (quando i treni erano ancora a forma di treni e non di uffici). Non credo di essere l’unica, soprattutto in un Paese come l’Italia con i panorami più spettacolari al mondo. 
Quando prendere il treno ha iniziato a sembrarci un gesto démodé, un modo di muoversi retrogrado da archiviare perché lento, scomodo e in costante ritardo?
Non sono diverse le domande cui tenta di rispondere l’autore in questo saggio supportato da dati incontrovertibili. Perché Andersson ha uno scopo preciso che dichiara fin dalle primissime pagine: «Voglio usare questo potere per spingervi a sognare vagoni ristorante, treni notturni, vedute magnifiche e incontri emozionanti negli scompartimenti. A prendere il treno più spesso e riservare i viaggi in aereo alle volte in cui non c’è quasi alternativa. A fare meno viaggi, ma più grandiosi».
Già immagino cosa ribatterà adesso il lettore - lo stesso che ho ribattuto io: facile parlare da un’efficientissima stazione del Nord Europa in cui sfrecciano treni puntualissimi e pulitissimi; aspettare per ore un treno scalcinato in una stazione fatiscente non ha proprio niente di grandioso. 
Per sgombrare subito il campo da simili obiezioni, Andersson, che nella vita è un viaggiatore di professione, ha percorso personalmente tutte le tratte di cui narra nella sua Storia meravigliosa - non si è certo limitato a viaggiare a bordo del Polar Express, il treno che dal 1936 collega Stoccolma a Narvik, in Norvegia, passando per il Circolo polare artico mentre i viaggiatori degustano le tre succulente portate offerte dalla table d’hôte a bordo.
Con l’intento d’indagare le profonde dinamiche sociali, politiche ed economiche con cui l’avvento della ferrovia ha rivoluzionato le mappe dell’Europa nel corso dell’Ottocento, Andersson inizia il suo libro là dove tutto è iniziato: è al National Railway Museum di York che è esposto il primo «cavallo di ferro», o «cavallo a vapore», come venivano ancora chiamate le locomotive al tempo delle carrozze e delle diligenze, con cui il 15 settembre 1830 venne inaugurata la prima linea di traffico regolare per passeggeri su rotaia tra Liverpool e Manchester (per l’occasione, un parlamentare troppo su di giri lasciò la vita sui binari).
Da quella prima tratta, molto - quasi tutto - è cambiato in Europa, a partire dal tempo, standardizzato su quello dell’orologio principale, detto «the master clock», della Euston Station di Londra (in precedenza l’orario tra una città e l’altra poteva variare anche di una decina di minuti). Intanto, insieme ai paesaggi di Francia, Germania e Italia, i paesi europei che maggiormente tappezzarono le loro terre di «cammini di ferro», a cambiare furono intere città e nazioni, la cui vita venne stravolta da un nuovo sistema economico che consentiva di produrre merci diverse che potevano essere rapidamente trasportate altrove grazie al lavoro di persone che vivevano altrove. Con i viaggi in treno migliorarono le comunicazioni non solo tra singoli individui o imprese, ma anche i giornali si arricchirono di un respiro più ampio della cronaca locale e così tutta la rete culturale, che da domestica divenne europea.
È davvero una Storia meravigliosa quella narrata da Andersson in questo libro, soprattutto perché l’autore non scade mai nella nostalgia fine a se stessa, ma avanza una proposta concreta: di fronte al disastro ambientale in atto, cosa aspettiamo a cambiare le nostre abitudini e ad aggiornare la rete ferroviaria europea? Quelli in cui viviamo non sono più gli anni Novanta ancora ubriachi di boom economico, oggi non è più sostenibile volare ogni giorno per tratte brevi o brevissime - intasare i cieli di CO2 non è più roba da ricchi, è da sfigati.
E ce l’ha fatta a convincermi, Andersson, tornando alla mia constatazione in apertura: il mondo gira anche senza volarci intorno come una trottola inquinante. Molto meglio programmare i viaggi che verranno in treno per ammirarne la bellezza dal finestrino - viaggiare meno, ma in modo più grandioso.