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 2020  maggio 23 Sabato calendario

I soldati italiani vanno alla guerra del Sahel

I militari italiani saranno sempre più impegnati nell’Africa Nera. Con elicotteri, soldati, reparti speciali e anche una nave. Grazie alla formale delibera predisposta dai ministri Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio scatta infatti la nostra partecipazione a due nuove missioni multinazionali che ci vedono assieme ai francesi. In Niger e nel Golfo di Guinea. Nella prima, manderemo una task-force elicotteristica per l’evacuazione medica nell’ambito della neonata missione «Takuba» a guida francese. Nella seconda, schiereremo una fregata.
Non ingannino le parole: quella di «Takuba» (che vuol dire sciabola nel dialetto tuareg) sarà una missione ad alto rischio, di profilo «combat», perché si tratta di andare a recuperare morti e feriti sul campo di battaglia. E non è un pericolo ipotetico. L’area delle operazioni è teatro di continui scontri tra formazioni jihadiste e forze lealiste, finora appoggiate dai francesi. Eppure le cose vanno sempre peggio. E siccome la missione «Barkhane» assorbe sempre più uomini e finanze a Parigi, e non è stato sufficiente aumentarne gli effettivi fino a 5100 soldati nel corso del 2019, ecco che nasce ad affiancarla «Takuba». 
Il territorio dove opereranno i nostri è la regione di Liptako, un triangolo insanguinato tra Niger, Mali e Burkina Faso quasi del tutto fuori controllo, ove imperversano Daesh e Boko Haram, trafficanti di droga e di uomini, predoni vari. Per intendersi, il Liptako è esteso 370mila chilometri quadrati, più dell’Italia o della Germania. Obiettivo è schierare nell’area almeno 500 soldati di reparti speciale di 13 Paesi europei. Gli italiani per il momento ci mettono un assetto pregiato come la task-force con personale sanitario, commandos, ed elicotteri da combattimento che garantiscano la scorta ad ogni sortita.
In una prima fase, gli elicotteri andranno alla base di Niamey, la capitale del Niger, dove ci sono già da 2 anni un centinaio di nostri istruttori che assistono le forze di sicurezza nigerine. Non si esclude però che la task-force in un secondo momento possa spostarsi in Mali. 
Così come sta andando fuori controllo questa area sub-sahariana, con ovvie ripercussioni sulla Libia, la sicurezza è in bilico anche nel Golfo di Guinea, davanti a Nigeria, Camerun e Costa d’Avorio. Qui l’Eni ha importanti piattaforme di estrazione petrolifera off-shore. Ebbene, nel Golfo di Guinea sempre più spesso si registrano episodi di pirateria e perciò partirà una missione pilota sotto egida europea, in stretto coordinamento con il comando statunitense Africom, a cui parteciperanno le marine di Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Gli italiani già frequentavano l’area con una nave militare, formalmente per addestramento. Nel corso del 2020, una fregata stazionerà nel Golfo di Guinea per almeno quattro mesi, alternandosi con i partner europei.
Confermati grossomodo i numeri e la spesa per Afghanistan, Iraq, Libano, Somalia e Balcani, va avanti anche la missione in Libia con l’ospedale militare a Misurata e la nave-appoggio nel porto di Tripoli per dare continuità all’azione della Guardia costiera libica. 
Una novità può essere considerata «Irini», missione aero-navale europea per il rispetto dell’embargo in Libia, concordata dai ministri degli Esteri dei Ventisette, quindi Luigi Di Maio per l’Italia, ad aprile. In verità la missione è in totale continuità con «Sophia», perciò il quartier generale è a Roma e al comando c’è un ammiraglio italiano, Fabio Agostini. Al momento in mare c’è solo una fregata francese (ennesima conferma che Roma e Parigi si muovono in grande sintonia), ma presto arriverà anche una nostra nave, probabilmente la San Giusto.