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 2020  maggio 23 Sabato calendario

Orsi & tori

«Ora la semplificazione e torneremo a correre», il presidente Giuseppe Conte, il 15 maggio, in un colloquio con la Repubblica.«Si riparte. Basta burocrazia. E fiducia nelle imprese», il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sempre su la Repubblica, un giorno prima di Conte.
«Quanto costa a imprese e lavoratori l’inefficienza della burocrazia italiana», un’inchiesta de la Repubblica, nella serie «Gli aiuti impantanati», l’11 maggio, con tanto di risposta: 50 miliardi, tanti quanti gli aiuti post-Covid.
«Questa crisi deve diventare l’occasione per abbattere la burocrazia», il presidente di Brembo, Alberto Bombassei», sempre su la Repubblica, il 5 maggio.
«Modello Genova per il paese», la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, sul Corriere della Sera del 3 maggio.
Facendo grazia ai lettori di tutti gli articoli dedicati al tema su queste colonne.
Quindi «Fusse che fusse la vorta bona», direbbe Nino Manfredi, interpretando er barista di Ceccano nella trasmissione televisiva Canzonissima.
Sembrerebbe, effettivamente, che possa essere la volta buona, perché lo chiedono gli imprenditori, lo chiede la seconda autorità dello Stato, lo promettono il presidente del Consiglio e il ministro sicuramente più serio e competente dei 5Stelle... e chi sa quanti altri in Parlamento, nei consigli regionali, nei consigli comunali, negli uffici pubblici. Sì, perché ormai, grazie a un lavoro fatto da questo giornale e convalidato a livello di Ue, in Italia ci sono attualmente in vigore, prima degli altri provvedimenti ancora da approvare, ben 165 mila norme nazionali e regionali. In Francia 7 mila. In Germania 5.500. Nel Regno Unito 3 mila...
Così frustrando completamente le esigenze di celerità, anzi di drammatica urgenza provocata dal virus, finora è stato approvato, nell’avvilupparsi delle norme, un solo decreto, quello di marzo, per il quale tuttavia mancano ancora alcuni decreti attuativi che sono di competenza delle direzioni dei vari ministeri.
Una tragedia nella tragedia, che fa apparire il dramma in cui si trova l’Italia se solo si ricordano le parole di Mario Draghi sul Financial Times: fate prestissimo, raccogliete quanta più liquidità potete e distribuitene immediatamente, non preoccupatevi dell’indebitamento perché ogni giorno che passa renderà sempre più difficile la ripresa.
Si vuole un esempio drammaticamente positivo? Leggete qui sotto quanti atti deve compiere una farmacia per beneficiare e far beneficiare ai cittadini dell’azzeramento dell’Iva su vari prodotti necessari in questa contingenza, a cominciare dalle mascherine. Questi i sei punti complicatissimi, secondo la dichiarazione del commercialista di una farmacia in Toscana.

CORRISPETTIVI IVA ZERO EX ART 124, DL RILANCIO – C.D. BENI COVID

1) AGGIORNARE BANCA DATI E VERIFICARE CHE SIA STATA STERILIZZATA L’IVA IN CORRISPONDENZA DEI BEN NOTI ARTICOLI INDIVIDUATI DAL DECRETO LEGGE RILANCIO (ALLEGATO ART. 124).

2) VERIFICARE LA STERILIZZAZIONE IVA DEGLI ARTICOLI CARICATI MANUALMENTE.

3) VERIFICARE CHE LO SCONTRINO ESCA SENZA IVA. SE UN PRODOTTO IERI VENIVA VENDUTO A 5 EURO PP OGGI DEVE ESSERE VENDUTO ALLO STESSO PREZZO DERIVATO OVVERO A 4,10 PP. CI RACCOMANDIAMO DI AGIRE SOLO SULL’IVA.

4) L’OPERAZIONE DI STERILIZZAZIONE DELL’IVA FINO AL 31/12 NON COMPORTA NESSUNA PENALIZZAZIONE PER L’ESERCENTE. L’IVA SULLE FATTURE DI ACQUISTO BENI COVID ANTE 20/05 SARÀ DETRATTA, L’IVA SUI PROSSIMI ACQUISTI DI BENI COVID NON VERRÀ APPLICATA. L’AZZERAMENTO SI APPLICA SOLO SULLE VENDITE C.D. COVID CHE SARANNO ESCLUSE DALLA VENTILAZIONE. IL MECCANISMO DI DETRAZIONE RIMARRÀ INVARIATO. NESSUN DANNO PER LA FARMACIA.

4) LA FARMACIA CONTINUERÀ A TRASMETTERE UN UNICO FILE CON IVA VENTILATA. LA CONTABILIZZAZIONE SEPARATA DEI CORRISPETTIVI AD ALIQUOTA ZERO SARÀ GESTITA MANUALMENTE DAL VOSTRO CONSULENTE IN FASE DI LIQUIDAZIONE IVA MENSILE A PARTIRE DA QUELLA DI MAGGIO 2020. PERTANTO, È INDISPENSABILE LA COMPILAZIONE DEL REGISTRO MANUALE DEI CORRISPETTIVI COLONNA OPERAZIONI ESENTI OPPURE INVIARE DOCUMENTAZIONE CHE ATTESTI A CALENDARIO LE VENDITE ESENTI.

5) IVA ZERO O IVA ESENTE? FEDERFARMA NAZIONALE HA POSTO QUESTO QUESITO IN DATA ODIERNA AD AGENZIA DELLE ENTRATE E CHIEDE DI FARE CHIAREZZA: TRATTASI DI CESSIONI ESENTI O, IN VIA TRANSITORIA, DI ALIQUOTA ZERO? PER NOI TECNICI LA QUESTIONE È RILEVANTE. IN ATTESA DELLA RISPOSTA DELL’AGENZIA VI CONSIGLIAMO DI NON TOCCARE LE IMPOSTAZIONI DEL REGISTRATORE TELEMATICO.

6) FATTURE BENI COVID: IVA A ZERO E DICITURA «IVA ZERO ART. 124, DL 34/2020» – VA BENE ANCHE SCRITTO NELLE NOTE DELLA FATTURA.

RICORDIAMO CHE LE VENDITE ESENTI DI IMPORTO SUPERIORE A 77,47 ASSOLVONO L’IMPOSTA DI BOLLO DA 2 EURO: CARTACEA PER LE FATTURE EMESSE A PERSONE FISICHE, VIRTUALE PER LE FATTURE ELETTRONICHE. LA MARCA DA BOLLO VIRTUALE SI VERSA CON MODELLO F24.

È comprensibile che i farmacisti, sottoposti anche alla beffa delle mascherine a 0,50 euro che non sono mai arrivate, siano inferociti. Ma soprattutto questa dell’Iva a zero è anche la più palese delle dimostrazioni che, come ha detto Bombassei, ci vorranno almeno due anni prima di vedere qualche effetto di semplificazione, dovendo quindi prendere le parole del presidente Conte e del ministro Patuanelli come un semplice auspicio.
In televisione, la sera di giovedì 21, ha fatto quasi tenerezza la oggettiva difficoltà in cui si è trovato il mistero dell’Economia, Roberto Gualtieri, una delle persone più serie e preparate del governo. Le domande del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, del direttore de La Stampa, Massimo Giannini, e del conduttore Corrado Formigli lo hanno messo in oggettiva difficoltà sul punto che in realtà del «poderoso intervento» del primo decreto, quello di marzo, e del secondo, quello di Liquidità, ad oggi nelle tasche dei cittadini designati e delle aziende piccole e medie non siano ancora arrivati che una parte minima di quanto era necessario e programmato. Gualtieri stava quasi per cadere nell’errore di dire che è colpa dell’inefficienza delle banche. Ma si è ripreso e ha concluso dicendo che il sistema del credito quale può essere, se non quello delle banche?
La macchina dello Stato non funziona. Ma prima ancora conviene domandarsi da dove nasce la burocrazia, come si è domandato uno dei migliori economisti italiani, Tito Boeri della Bocconi, che fino a non molti mesi fa è stato presidente dell’Inps e quindi ha potuto toccare con mano il peso drammatico della burocrazia. «La burocrazia è colpa dei politici e dei burocrati? La causa è di quel ceto che sta nel mezzo fra i politici e la tecnostruttura. Un ceto che umilia la tecnocrazia proprio, alla fine, ai danni degli stessi politici, perché non riescono a capire se la legge funzionerà o meno oppure se chi la deve applicare o ne deve fruire riesce a capire quanto nel testo c’è scritto. E non è poi secondario il ruolo che negli enti o nei ministeri può avere il sindacato ai fini delle scelte delle persone che hanno potere».
Con questa analisi in corpore vili, viene da domandarsi che cosa potranno produrre le pur buone intenzioni del governo e delle istituzioni.
La parola semplificazione ha un valore migliore di riforma, perché riforme della pubblica amministrazione sono state annunciate da ogni ministro che ha ricoperto quell’incarico. Ma se semplificazione deve essere, le occasioni migliori, irripetibili, il governo le aveva e forse le ha ancora proprio nel contesto del virus. L’eccezionalità e l’urgenza avrebbero potuto giustificare un vero e proprio taglio delle procedure e un ribaltamento della logica che le leggi devono prevenire abusi e imbrogli. In tutto il mondo, sempre, ma in particolare nel contesto del virus, sia o non sia pari a una guerra, tutto viene semplificato dalla logica opposta: piena fiducia ai cittadini e alle aziende fino a prova contraria, cioè fino all’emergere dell’imbroglio, contro cui fin dall’inizio sono previste pene severissime.
I lettori ricorderanno il modulo che pubblicammo, adottato dall’Autorità per le pmi in Usa. Un modulo per richiedere finanziamenti pari a tre mesi di stipendi dei dipendenti, con la clausola che se a fine anno fosse stata mantenuta l’occupazione, quel prestito sarebbe diventato un’elargizione dello Stato a fondo perduto. Il modulo, secondo la definizione contenuta nello stesso, era compilabile in 8 minuti. E il meccanismo era tanto semplice quanto brutale. Rispondi a queste domande: se le risposte sono affermative, hai diritto a presentare la domanda; ma rispondi anche a queste altre domande: se sono a risposte affermative, vuol dire che non puoi presentare le domande. Se menti, sei passibile di condanna fino a cinque anni. Insomma, una filosofia completamente opposta al burocratese italiano, che poggia tutta la logica delle leggi sul principio della sfiducia nei confronti dei cittadini, come se tutti avessero l’animo di ingannare lo Stato, di distorcere la realtà e per questo via a produrre leggi, invece di averne poche con tanti regolamenti esecutivi. Invece, con un numero di norme da far paura, ci sono poi i decreti attuativi, che da soli possono perfino stravolgere o complicare all’esasperazione la legge stessa. E chi fa i decreti attuativi? Le direzioni dei ministeri, dove quasi mai ci sono eccellenze, gente che è arrivata lì esclusivamente per meriti. Ogni governo piazza nei ministeri propri uomini, che magari rimangono in posizione inferiore, giusto per complicare la vita agli altri.
Il fatto fondamentale è che a lavorare nella pubblica amministrazione vanno persone che assegnano un grande valore alla sicurezza del posto di lavoro, a orari ridotti, a tante pause per il caffè e sostanzialmente (non tutti, per carità) vedono il cittadino come un peso, anche se sono i cittadini che pagando le tasse garantiscono loro lo stipendio. Basta spesso essere un capufficio per sentirsi qualcuno, e mettere in difficoltà il cittadino invece di aiutarlo a destreggiarsi in una selva infernale di leggi.
Come ha scritto con parole brillanti Ferruccio de Bortoli sul Corriere, il Paese si salverà davvero solo se avviene il recupero del valore del sapere; solo se si recupera il principio del merito; solo se si forma una nuova classe dirigente, anche nell’amministrazione pubblica.
Perché ciò avvenga è necessario che la scuola, fin dall’inizio, indirizzi verso l’orgoglio di sapere e di prepararsi adeguatamente. Lo abbiamo già scritto ma è il caso di ripetersi. I Paesi che funzionano sono quelli dove esiste una classe dirigente che ha studiato, che si è preparata a essere classe dirigente. In primo luogo, nell’amministrazione pubblica. Nonostante un leggero, recente offuscamento, l’esempio più significativo, perché europeo, è l’Ena, la scuola superiore francese che non a caso ha sfornato più di un presidente della Repubblica. L’ultimo è Emmanuel Macron. In Italia non c’è neppure l’ombra di una Ena. Anche le migliori università hanno solo alcuni corsi dedicati alla pubblica amministrazione. Ripropongo agli amici della Bocconi e della Luiss di non indugiare oltre e di lanciare, proprio per l’appeal che hanno come università, una facoltà tutta dedicata a preparare teste fine a entrare nella pubblica amministrazione, a essere superburocrati ma tecnocrati. Occorre lanciare un messaggio ai giovani, Signor Presidente del Consiglio, che non ci può essere missione più accattivante, più motivante che lavorare ad alto livello per tutti i propri concittadini, per il Paese, per il suo progresso. Occorre ribaltare la logica perché si entra nella Pa. Mi permetto di lanciare questo messaggio in particolare a due grandi professori: a Luigi Guatri, l’uomo che ha reso indipendente culturalmente, perché l’ha resa indipendente economicamente, l’Università Bocconi. Il professor Guatri è più che novantenne, ma segue sempre la vita della sua università. L’altro appello è al presidente in carica, il professor Mario Monti, che ha vissuto direttamente l’inefficienza della macchina dello Stato. Credo che lanciando ora il progetto, sarebbe un modo anche per far sperare che i buoni propositi che si leggono rimangano solo speranze. Laureare 50 super selezionati cervelli all’anno per andare a lavorare nell’amministrazione dello Stato sarebbe una via sicura per dare stimoli verso la Pa anche a chi è già laureato e non ha preso neppure in considerazione di partecipare ai concorsi (probabilmente per gli stipendi relativamente bassi, ma sicuramente anche per nessuna considerazione del ruolo di dirigente dello Stato).