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 2020  maggio 23 Sabato calendario

Chi va in orbita, virus permettendo

Se Space X è pronta a partire, molte missioni spaziali hanno subito contraccolpi a causa della pandemia. A cominciare dalle due missioni destinate a Marte, chiamate Mars 2020 e ExoMars 2020. Sono le due missioni di sonde interplanetarie, entrambe dotate di due grandi e complessi rover, delle due agenzie spaziali, Nasa ed Esa, di due delle realtà terrestri maggiormente colpite.
Se la missione europea è già da tempo slittata, quella del rover americano “Perseverance”, il cui lancio è in programma per il 18 luglio, resta confermata, anche se non al cento per cento. Distanziamento fisico, quindi, anche per la moltutudine di ingegneri e tecnici che preparano le missioni. E così il Covid–19 colpisce anche la capsula “Orion” e il nuovo razzo vettore potente SLS della missione Artemis che nel 2024, da programma, doveva portare per la prima volta un uomo e una donna sulla Luna. Già pronto a gennaio, e allestito con i suoi grandi motori a combustibile liquido (derivati da quelli dello Shuttle) alla base del pri- mo stadio, ecco lo stop già a marzo dopo che alcuni tecnici erano stati scoperti positivi al virus. Il primo lancio era in programma per dicembre. Ora, slitta al 2021. E anche il Webb Space Telescope, destinato nel 2021 a sostituire il vecchio e glorioso “Hubble”, slitterà ancora, ed è già in ritardo di 13 anni, con un costo triplicato rispetto alle previsioni. Quindi, per il nuovo supertelescopio che andrà posizionato lontano dalla Terra, ora si prefigura il 2022. Il coronavirus costringe l’Esa europea (che ha riaperto nei giorni scorsi la base di lancio della Guyana) a mettere in configurazione “standby” i quattro satelliti Cluster per lo studio dell’attività solare nella magnetosfera terrestre, l’ExoMars Trace Gas Orbiter lanciato nel 2016, e il Mars Express lanciato nel 2003 e il Solar Orbiter partito nel febbraio scorso. Un numero ridotto di ingegneri hanno rispettato le normative di distanziamento sociale durante il sorvolo ravvicinato, o “fly by” con la Terra della sonda europea “BepiColombo” già lo scorso 10 aprile.
Chi invece non fa trapelare nulla, come da tradizione, è la Cina. Ma c’è da scommettere che loro, nonostante i recenti “casi di ritorno” del virus, continueranno a lavorare senza sosta e a confermare per tarda estate (o inizio autunno) la loro missione Chang’è 5, destinazione Luna. La prima della Cina a recuperare e riportare a Terra in modalità automatica campioni del suolo selenico, e il primo tentativo dal 1976: allora, fu la sonda sovietica Luna 24.