Avvenire, 23 maggio 2020
Il problema della sepoltura dei morti islamici
«Stiamo vivendo un’emergenza nell’emergenza. In molti casi oltre al dolore del lutto c’è l’angoscia di non poter seppellire il proprio caro» denuncia Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia. Per la comunità musulmana, la crisi sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 ha portato alla luce l’annosa problematica dell’insufficienza di spazi cimiteriali. «Secondo un nostro censimento, fino a poco prima dell’emergenza, su circa 8mila Comuni in tutta Italia, 48 dedicavano un’area ai defunti di religione musulmana all’interno del proprio cimitero» spiega Lafram. Numeri insufficienti per ovviare all’improvviso aumento delle richieste di sepoltura dovuto allo stop dei rimpatri delle salme. «Prima dell’arrivo del coronavirus – continua Lafram – il rimpatrio dipendeva generalmente dalla volontà di una persona di essere sepolta nella propria terra di origine o di ricongiungersi post mortem con la propria famiglia». Oggi, invece, con la sospensione dei viaggi internazionali e le misure di lockdown adottate dai governi dei Paesi d’origine, la sepoltura in Italia è diventata una scelta obbligata.
A complicare la situazione sono spesso i regolamenti comunali molto restrittivi, che non permettono la sepoltura del defunto in un Comune diverso da quello di residenza. In altri casi, invece, garantire la sepoltura nel cimitero islamico più vicino significa attraversare un’intera regione. In Calabria, ad esempio, l’unica area cimiteriale disponibile è a Reggio; in Campania, invece, il primo cimitero islamico è stato aperto solo qualche settimana fa ad Avellino. Dall’inizio dell’emergenza, è stato messo a disposizione un numero di cellulare per assistere tempestivamente le famiglie che cercano un posto dove seppellire il proprio caro. Una volta ricevuta la segnalazione, si attiva l’unità di crisi creata ad hoc durante questa pandemia, che interagisce con le prefetture e le amministrazioni comunali per risolvere ogni singolo caso. «Quando non è possibile individuare uno spazio cimiteriale adatto corriamo a destra e sinistra per trovare un posto dove seppellirlo» spiega Lafram. «Altrimenti si cerca di trasportare la salma altrove».
Grazie al dialogo aperto con prefetti e sindaci, in queste settimane sono state costituite altre 16 aree cimiteriali. «Così facendo abbiamo raggiunto la settantina di cimiteri in tutta Italia, ma non basta perché si tratta di numeri piccoli rispetto a quella che è la vera emergenza». Oltre ad Avellino, anche le amministrazioni di Palermo, Piacenza e di altri piccoli Comuni del Nord hanno risposto positivamente all’appello.
La geografia dei cimiteri islamici al momento premia il nord Italia dove si concentra circa il 55% della comunità musulmana del Paese, principalmente in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. Però, anche qui i casi drammatici non sono mancati: a marzo, nel Comune di Pisogne, in provincia di Brescia, una famiglia ha dovuto convivere per una settimana con la salma del proprio caro in casa in attesa dell’autorizzazione alla sepoltura nel vicino cimitero islamico di Brescia. «Questo è umanamente e igienicamente insostenibile» recrimina Abdellah Redouane, segretario generale della Grande Moschea di Roma.