Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 22 Venerdì calendario

Perché la Cassa integrazione va riformata

Durante la Grande Crisi 2008-2015 ci fu anche chi, scherzando ma non troppo, propose di eleggere la Cassa integrazione come «uomo dell’anno». E sicuramente se non abbiamo pagato un prezzo ancora maggiore alla recessione lo dobbiamo a un ammortizzatore sociale utile e duttile allo stesso tempo. Al punto che, sostengono i giuristi con una punta di malizia, i tedeschi per una volta ci hanno copiato creando la Kurzabeit. Nella nuova emergenza però la Cig è diventata un omnibus, copre più modalità lasciando in piedi le differenze tra le varie tipologie. Quelle differenze che tirando in ballo le Regioni e il peggio del federalismo italiano hanno creato lungaggini e contraddizioni. Tessuti i doverosi elogi, dobbiamo però sapere che con questi numeri la Cig non può reggere a lungo e bisogna attrezzarsi a intervenire, prima con il cacciavite e poi con nuove idee. In una fase di difficile ripartenza come l’odierna può scattare la trappola del sussidio. Ovvero che qualche operatore, specie dei servizi, preferisca tener giù la saracinesca e lasciare i dipendenti in Cig piuttosto che riaprire e sbattere il grugno sulla carenza di domanda (pochi clienti). Ma può capitare anche che si generi un’abbinata perversa, che si lavori e si tengano gli addetti in Cassa. Un comportamento sleale e che in qualche maniera andrebbe monitorato per evitare il contagio. Ragionando, invece, in termini di prospettiva la vecchia Cassa ha bisogno di profonde novità. Il cacciavite non basta. Due appaiono mature: la prima riguarda la possibilità di togliere il divieto di cumulo con attività lavorative per permettere un passaggio soft dal vecchio posto di lavoro a una nuova occupazione. La seconda investe il tema della formazione: milioni di lavoratori resteranno fuori da fabbriche e uffici per mesi e non si può sprecare l’occasione di dar vita a un serio piano di formazione digitale. Se non ora quando? Altrimenti rischiamo tra qualche tempo di avere posti che non trovano candidati e tanti cassaintegrati a casa ad aspettare. Infine se vogliamo essere preveggenti dobbiamo pensare a scelte più radicali magari già dalla prossima legge di Bilancio. Al tema stanno lavorando il Cnel di Tiziano Treu e Astrid di Franco Bassanini e ci sarà modo di riparlarne.