la Repubblica, 22 maggio 2020
Il dilemma delle vacanze italiane
Da quando per semplificarmi la vita ho deciso che il premier Conte ha sempre ragione pure quando ha torto, trovo giustissimo, anche se vago, il suo consiglio paterno o ordine perentorio di trascorrere le vacanze in Italia: noi italiani e loro stranieri. Con un errore però di comunicazione che qualsiasi esperto di marketing gli boccerebbe, tranne il suo. Ha aggiunto infatti, “Ma no movida!!!”.
Ora immaginarsi una vacanza a Rimini ma anche a Cortina senza movida è del tutto illusorio, perché sono luoghi, come tutti quelli di vacanza di massa vuoi per famigliole che per la crème, in cui si va un po’ per il mare e un po’ per i monti, ma soprattutto per ammassarsi sulle apposite strade circondate da negozi, sia di sdraio da 10 euro che di maglioni da 2.000, sotto i tendoni da spiaggia per l’apericena a 8 euro che nelle finte stalle arredate dallo stilista tuttora in voga, per un goccio di champagne da 50 euro, seguito da una cena in qualche villa privata, ex antica malga ristrutturata dal famoso architetto del Mali con piscina in salotto. Eccoci quindi costretti a immaginare qualcosa che sì, si era sognato ma anche accantonato, perché si può morire di coronavirus non di ferie cancellate; e forse se ne è parlato troppo presto, (molti datori di lavoro hanno considerato vacanza una parte del lockdown, recuperando l’agosto) proprio adesso che avevamo appena cominciato a divertirci nella fase 2, con le nostre mascherine e a farci provare la febbre e spruzzare il disinfettante ad ogni ingresso di negozio e a infilare le scarpe e le borsa in sacchetti di plastica come dal dentista anche per un solo chilo di mele servite dai soliti commessi filippini con mascherina e guanti molto felici del continuo autospruzzo.
Stesso rito nell’istituto che sovraintende a mani e piedi del quartiere, prevacanze, che mi affida a una delicata giovinetta ecuadoregna, bravissima, ancora in attesa della cassa integrazione, a cui chiedo, e come ve la siete cavata, e lei, innocente, “tutti hanno piccoli risparmi’; tranne i tanti furibondi che se non andiamo a cena o in vacanza da loro assaliranno il Quirinale, si immagina. Dunque si chiarisce che il consiglio-ordine del premier Conte non riguarda il benessere e lo svago di noi eventuali villeggianti italiani e stranieri, ma l’economia del paese in questo caso delle zone che si mantengono appunto col turismo. Siccome, basta soffermarsi un secondo sui siti, per capire che il popolo italiano odia il popolo italiano (anche il mondo però), bisognerà trovare un modo meno patriottico per convincere gli italiani ad aiutare altri italiani “a non mettersi alla canna del gas”, morte romantica da fine ’800, e oggi visione preferita da chi era benestante sino a tre mesi fa e adesso è in miseria; colpa non di un’epidemia sconosciuta e non ancora vinta che ha messo a terra tutto il pianeta, ma del governo, il nostro governo maligno, del premier Conte e del comunismo. Ho letto e sentito dire che sarà il nostro Stato pur con un debito che non riusciranno ad estinguere neppure i nipoti dei nipoti dei nipoti, a finanziare parte delle vacanze, tanto per famiglia, tanto per coppie (sposate? Eterosessua-li?), tanto per single, secondo le entrate dichiarate e quindi come minimo dimezzate, ma è stato tale l’intreccio di informazioni, ritrattazioni, precisazioni, commenti e ovviamente insulti che al momento bisogna rinunciare a capire il rebus vacanziero. Ma ci sono un paio di punti che ancora non abbiamo affrontato.
Avremo voglia di andare in vacanza? Non ci assalirà il ricordo di quelle passate e risultate sinistre per folla, costo, cibo, rumore, furti, litigi, avvelenamenti, colpi di sole e mai un posteggio neanche per la moto? Quando ci si era promessi, mai più, o perlomeno mai più d’estate? E inoltre, dovremo rinunciarci per prolungato virus o saremo obbligati a vergate a farle lo stesso anche con virus, per via della solita “ripresa economica”? E gli stranieri che faranno? È ovvio che siano migliaia quelli che hanno disdetto le prenotazioni, soprattutto da paesi lontani come la Nuova Zelanda che privilegiava la Puglia, o i siberiani che si son comprati le case in Sardegna. Bisognerà aver pazienza, e se si deve fare un lungo viaggio per rischiare la nostra Fase 3, tanto vale ammalarsi a casa propria anche se il pericolo là è più grande. Gongolano invece le agenzie che affittano stanzucce o ville con parco, alte mura e piscina o almeno piscinetta: niente spiagge niente boschi, famiglia in cerca di isolamento semincarcerata come a casa.
In questa situazione indefinita sospesa, però piena di speranza, i responsabili del turismo in Italia, dalle agenzie al ministero, dovrebbero svegliarsi dal loro torpore millenario e organizzarsi per offrire finalmente la bellezza vera dell’Italia, quella dei suoi borghi antichi, delle sue coltivazioni che creano paesaggi stupendi e dei suoi piccoli produttori di nostre squisitezze (come nelle uniche trasmissioni televisive che io vedo, appunto in giro tra formaggi e vini e capre e cerbiatti). Senza ledere il turismo tradizionale ovvio, se no sarebbero dolori.