Il Sole 24 Ore, 21 maggio 2020
L’Argentina va verso il default ma spera nei supplementari
La fenomenologia del populismo, declinata in salsa peronista, concede sempre un secondo tempo, una riapertura delle trattative. L’Argentina, nei prossimi giorni, si appresta ad affrontare una doppia sfida: una scadenza e un rinvio. Il governo di Alberto Fernandez scende in campo con uno schema tattico-politico appoggiato dal Fondo monetario internazionale e un dribbling imparato in molti anni di giocate finanziarie trasmesse in mondo visione. L’obiettivo è quello di evitare un default tecnico e incassare la ristrutturazione di un debito di 67 miliardi di dollari.
L’offerta presentata dall’Argentina per la ristrutturazione del suo debito estero in valuta straniera verrà rimodulata, così come le richieste dei creditori. «È probabile si trovi un punto di incontro – spiega Enzo Farulla, analista, già Rayond James, esperto di temi latinoamericani – anche se non è escluso che le agenzie di rating, nei prossimi giorni emettano un verdetto di selective default. Si tratterebbe comunque di una impasse transitoria».
Domani scade infatti il termine posto dal governo del presidente Fernandez ai creditori per l’accettazione di nuovi titoli, in cambio di quelli in scadenza, con la condizione di un periodo di moratoria di tre anni, un taglio del capitale pari al 5,4% e degli interessi del 62%. Un mese fa l’accoglienza della proposta da parte dei principali fondi di investimento è stata tiepida, tanto da spingere Fernandez e il suo ministro dell’Economia Martin Guzman a prorogare la scadenza per l’accettazione della proposta, inizialmente fissata all’8 maggio.
Gli analisti concordano. Ciò è stato possibile perché le parti manifestano la volontà di negoziare un compromesso ragionevole, basato sulla «sostenibilità negli anni a venire delle capacità governative di pagamento», auspicata anche dalla direttrice generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva. I media argentini confermano che Guzman sta esaminando “tre controproposte” pervenute dai creditori, fra cui spicca quella del fondo Blackrock, del finanziere statunitense Lawrence Fink, conosciuto come il “Re del rischio”. Da indiscrezioni emerge che si chiede una riduzione del periodo di moratoria o, in alternativa, un aumento dei tassi di interesse dei nuovi titoli, poiché quello medio del 2,5% offerto è considerato troppo basso. Inoltre si propone di accorciare i tempi di scadenza di almeno un titolo, che nella proposta governativa scade nel 2047.
Blackrock è l’osso duro per il governo argentino, il creditore più ostico. Secondo Gabriel Caamano, analista di Ledesma, è qui il punto di svolta della trattativa, il braccio di ferro con Blackrock.
Tuttavia il negoziato tra il governo argentino e i suoi creditori per la ristrutturazione del debito estero denominato in valuta straniera potrebbe andare oltre la scadenza di domani. Si allontana il pericolo di un crack immediato.
Lo stesso Guzmán prevede un allungamento dei tempi, confermando che il negoziato con i possessori dei titoli del debito in scadenza «continuerà» e che esistono «grandi possibilità che il termine fissato sia esteso. I negoziati – ha insistito – continueranno, perché abbiamo bisogno di una soluzione ordinata, di un accordo sostenibile».
Il ministro ha proseguito indicando che «ci sono elementi validi nelle (tre) offerte» presentate la settimana scorsa dai consorzi di creditori argentini e stranieri. Domani, oltre a scadere l’offerta di adesione alla proposta di ristrutturazione avanzata dal governo, arriva a scadenza anche il pagamento di 503 milioni di dollari di interessi sui titoli esistenti, che originariamente doveva essere realizzato il 22 aprile.
In merito alla possibilità che l’Argentina, cada domani in un default tecnico, Guzmán ha risposto che «la data del 22 maggio è simbolica; ci troviamo in un processo negoziale per raggiungere un accordo. E la nostra possibilità di finanziamento è andata persa». L’offerta iniziale argentina, respinta dai creditori, contempla lo scambio di 21 titoli onerosi esistenti con altri di durata ventennale, un periodo di grazia triennale fino a fine 2022, con l’inizio del pagamento nel 2023 di interessi dello 0,5% in crescita graduale, «fino a livelli sostenibili», stimati mediamente nel 2,5%. Una schiarita, quindi. Il quadro internazionale e soprattutto gli attori protagonisti giocano un ruolo di primo piano. Gli Stati Uniti e il Fondo monetario internazionale hanno concesso un prestito di 55 miliardi di dollari al governo di Mauricio Macri, l’ex presidente argentino che ha lasciato una eredità imbarazzante, un Paese allo sfascio. E ora, con l’emergenza Covid-19 non è il caso di inciampare in un altro default. Per questo la moral suasion del Fondo per una soluzione condivisa è un fatto acclarato.