Il Messaggero, 20 maggio 2020
La crisi matrimoniale di Linus
Fino a quando è il titolo del nuovo libro, appena uscito, di Linus – vero nome Pasquale di Molfetta, 62 anni – direttore e voce storica di Radio Deejay, (iniziò nell’83, la guida dal 94). Si tratta di un’autobiografia romanzata, in cui il popolare dj immagina il suo ultimo giorno in onda, la mattina di un Natale milanese ricoperto di neve.
Passato e presente si intrecciano per raccontare la storia di un ragazzo di periferia passato dalle radio improvvisate degli Anni 70 ai fasti di un network nazionale. «La mia start up si chiamava, in maniera abbastanza imbarazzante, Hinterland Radio Milano 2», racconta Linus mettendo insieme episodi della sua vita professionale e privata, come quello sulla crisi con la moglie, di cui parla pubblicamente per la prima volta. «Per superarla c’è voluta tanta pazienza», risponde, «sono abituato a parlare dei fatti miei in radio in un modo anche un po’ strumentale. In questo caso, per i due anni in cui sono stato fuori di casa, sono riuscito a non far venir fuori niente. Siamo stati bravi a superarla insieme, ma tra i due quella brava è stata sopratutto lei. Le donne, si sa, sono più pazienti». Il libro somiglia ad una seduta psicanalitica, come a voler esorcizzare la sua più grande paura: la pensione. «Diciamo che ho voluto prepararmi. Avere l’illusione di poter decidere quando smettere, in autonomia, aiuta non poco». Insomma, la coperta di Linus. «Esatto, è proprio così», conferma. Sulla fama di capo terribile, non smentisce. «Ogni tanto alzo la voce, faccio un po’ il duro, però quando faccio delle scelte cerco sempre di fare il bene delle persone».
Riguardo al nuovo progetto, I Love my Radio, con il quale – per la prima volta – tutte le maggiori radio italiane si uniscono per un format musicale che grazie al voto dei radioascoltatori eleggerà la canzone più bella e radiofonica di questi ultimi 45 anni, nel libro c’è un passaggio quasi profetico: «Spesso i momenti di grande difficoltà sono quelli che finiscono per unire le persone. Prendi un gruppo di viziati, pigri, egoisti ed egocentrici, togli loro tutti i privilegi e le comodità, e di colpo tornano a essere simili a esseri umani».
Pensava ai suoi colleghi? «Certo. Se c’è stato un mondo che è sempre stato litigioso in maniera anche infantile è proprio quello delle radio. Una sorta di odio da cortile vecchio di quarant’anni. Quello che non siamo mai riusciti a fare, ovverosia un progetto tutti assieme, è riuscito a farlo il covid. Meno male». Da tempo Linus dichiara che andrà avanti «fino a quando continerò a divertirmi». Va bene, e dopo? «Per il momento non ho intenzione di smettere», dice, lo farò nel momento in cui inizierò ad avere sospetto che quello che faccio non piaccia più. In questo periodo, per esempio, l’ultima settimana in onda è stata particolarmente soddisfacente. Se va avanti così posso continuare ancora dieci anni». Quindi niente politica (prima di Beppe Sala il Pd propose il suo nome per la corsa a sindaco di Milano)? «Non fa per me», replica, «non sono in grado di sopportare la violenza e l’ipocrisia che c’è in politica».
Quindi niente Linus a dare il buongiorno da Palazzo Marino, come fa Sala ultimamente. «Visto? È diventato un po’ un dj. Comunque, con quello che c’è in giro, inscì a veghen come Sala, come si dice a Roma. Scusate, mi è scappata: ad avercene».