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 2020  maggio 20 Mercoledì calendario

Lance Armstrong: «Mi dopavo già a 21 anni»

«Mi dopavo già a 21 anni, forse è per questo che mi è venuto il cancro». È l’ultima eclatante rivelazione di Lance Armstrong, 48 anni, americano del Texas, ex finto fenomeno del ciclismo, vincitore di 7 Tour de France di fila, dal 1999 al 2005, in seguito accusato, smascherato e squalificato per «la più grande truffa legata al doping nella storia dello sport». Una favola molto americana senza lieto fine, piena di superbia e tracotanza, svanita come una bolla di sapone. Che a distanza di anni riserva altri strascichi clamorosi, come quest’ultima rivelazione alla rete tv Espn, che andrà in onda tra 4 giorni. La carriera di un campione del bluff paradigmatica di come non ci si deve comportare nello sport e nella vita.
Pratiche illecite
Nel 2005 Lance era l’idolo delle folle, un simbolo per gli States dopo che nel 1998 era riuscito a guarire da un tumore ai testicoli conquistando poi 7 Tour, meglio anche di Merckx. Un modello perfetto di yankee americano che supera qualsiasi ostacolo e alla fine vince, non importa se inimicandosi compagni e avversari (proverbiali furono i suoi dissapori con Pantani e Contador). Nel 2012 però ecco la stella di Armstrong si eclissa di colpo quando i sospetti e le accuse portano all’inchiesta dell’Usada (ente antidoping Usa) e alla maxi squalifica per pratiche illecite organizzate e sistematiche. Il boss del gruppo, che aveva ordito intorno a sè e al proprio team un rete di complicità e menzogne, di omertà e connivenze, viene tradito anche dai suoi ex compagni - Andreu, Hamilton, Landis - e accusato dall’italiano Filippo Simeoni, che ci avrebbe poi rimesso la carriera per le sue deposizioni. La pentola è scoperchiata e Armstrong subisce come un boomerang la sua smania di protagonismo e di onnipotenza. Se si fosse defilato dopo il ritiro dalle corse nel 2005 nulla sarebbe emerso e il nome di Lance Armstrong comparirebbe ancora per 7 volte nell’albo d’oro della Grande Boucle. La bramosia di gloria lo aveva convinto invece a tornare in gruppo, dopo tre anni di stop, alla conquista nel 2009 del suo 8° Tour. Mal gliene incolse, perché i suoi detrattori tornano alla carica e una parte dell’America gli volta le spalle. Alla fine l’Usada riesce a incastrarlo confrontando i campioni prelevatigli proprio in quel Tour con quelli conservati in laboratorio dopo le sue performance francesi di 10 anni prima. La truffa adesso ha le prove, il gigante della bicicletta si scopre d’argilla. Addio a tutti i trionfi dal 1998 in poi, cancellati dalla lavagna con un colpo di spugna. L’eroe dello sport americano, che anche sui rotocalchi rosa aveva fatto parlare di sè per le sue tre grandi storie d’amore e i cinque figli, si trasforma all’improvviso nel grande truffatore.
Nessun pentimento
L’ex Robocop, abbandonato da tutti, potrebbe ravvedersi nel tentativo di un riscatto. Invece decide di sfruttare la sua nuova triste nomea per fare almeno qualche soldo e pagare almeno una parte delle folli spese legali sostenute. Così nel 2013, ospite ben remunerato del salotto tv di Oprah Winfrey, vuota il sacco e riempie il portafoglio confessando la sua organizzazione improntata sul doping con la regia del dottor Michele Ferrari. E adesso, 7 anni dopo, passa di nuovo alla cassa con altre piccanti rivelazioni mediatiche alla Espn: «Già ad inizio carriera ho assunto cortisone e ormoni della crescita, forse è per quello che mi è venuto il cancro anche se l’Epo presa in seguito era di un altro livello. Ero consapevole di tutto e ho sempre preso le mie decisioni da solo. Non voglio trovare scuse, allora il ciclismo era così. Certe cose le prendevano tutti, perché faceva parte del sistema. E avrei vinto anche senza il doping». Nessun pentimento, fino alla fine.