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 2020  maggio 19 Martedì calendario

Come si scelgono i colori dopo il virus

«In mezzo a questa catastrofica pandemia, il virus ci sta anche insegnando a rallentare e a cambiare i nostri modi. Goditi il il podcast, stai al sicuro e rifletti!». Così è scritto nel sito di Lidewij Edelkoort, una delle più influenti trend forecaster del mondo. La sua società, la Trend Union, offre visioni strategiche agli esperti di marketing, ai designer e alle industrie di moda. Ogni anno Edelkoort e il suo gruppo di ricerca propone delle pubblicazioni dedicate ai colori divise secondo i settori produttivi e le specificità. Si tratta di cataloghi d’immagini in tiratura limitata che vengono venduti al costo di alcune migliaia di euro per singolo volume, editi in due versioni stagionali: primavera-estate e autunno-inverno.
Edelkoort, una signora olandese sessantenne vestita in modo elegante, ma non vistoso, che indossa spesso un paio di occhiali rotondi da intellettuale, è un guru per moltissimi brand che acquistano e studiano con grande attenzione le sue pubblicazioni. Sembra possedere quella che uno psicologo della Università di Washington, John Gottman, chiama «thin-slicing», ovvero la capacità di «tagliare a fette sottili», d’individuare in modo intuitivo le soluzioni giuste per abbinare colori e tessuti basandosi su situazioni e comportamenti molti quasi invisibili alla maggior parte delle persone. Cattura elementi tra loro non collegati e li mette insieme trovando una trama visiva per spiegare i cambiamenti in corso.
I suoi cataloghi accostano infatti parole e immagini, colori e capi d’abbigliamento, oggetti e citazioni artistiche, il tutto offerto in forma leggera e altamente immaginativa. Questi cataloghi, che contengono accostamenti cromatici, vengono esaminati negli uffici delle aziende di moda, negli atelier di progettazione di marchi prestigiosi, nei seminari di esperti, alla ricerca della chiave per proporre colori e abiti nella stagione successiva.
La ricerca del Color concept è una delle attività più difficili da realizzare perché sono poche le persone che posseggono il Blink, il battito di ciglia, come lo chiama in un libro omonimo Malcom Gradwell, il giornalista americano, il quale è affascinato dalla capacità che alcune persone posseggono d’afferrare da segnali impercettibili gli indirizzi che s’affermeranno da lì a qualche mese. La moda è uno dei sistemi di segni che, pur nella sua ripetitività stagionale, e nel suo ciclo annuale, possiede un’elevata aleatorietà e un alto grado di volatilità.
In questo campo tutto è rapido, sottile e insieme intenso. Edelkoort, regina indiscussa del Color concept, appartiene a quella schiera, per altro molto esigua, che Gladwell definisce «innovatori», contrapposta alla «maggioranza», ovvero noi tutti. Sino ad ora la signora olandese con sede a Parigi, nonché decana della Hybrid Design presso la Parsons School di New York, non ha mai deluso gli acquirenti dei suoi innumerevoli cataloghi, proponendo abbinamenti tra oggetti di design, arredamenti, abiti e colore. La sua prerogativa è quella di vedere prima degli altri le possibili tendenze in un sistema che lei conosce e frequenta da decenni e che, grazie ai suoi collaboratori, tiene monitorato continuamente.
Ma senza quella capacità intuitiva di tagliare a fette tutto e di afferrare anzitempo gli spostamenti della sensibilità, non riuscirebbe ad essere un personaggio così influente nel campo della moda. Per quanto la signora appartenga di diritto a quel gruppo di persone che facendo previsioni sul prossimo futuro lo influenzano e l’orientano. Ma quale sarà il colore all’epoca del Coronavirus?
Lidewij Edelkoort ha tratto le conseguenze dei cambiamenti in corso spostando la sua attenzione sulle attività ecocompatibili e sulla sostenibilità ambientale. In un mondo colpito così profondamente dalla pandemia, Edelkoort ha iniziato infatti a suggerire di guardare alle piccole filiere di produzione, alle attività dei piccoli marchi, alle attività artigianali installate in luoghi spesso periferici. Per quanto riguarda la produzione, propone di utilizzare i tessuti che giacciono nei magazzini, le piccole produzioni di stoffe invendute per via della chiusura di negozi e grandi magazzini.  La tendenza, sostiene, sarà tesa verso una maggior uniformità nel vestire, con abiti più standardizzati. Questo è il momento della maggior semplicità, recuperando anche vecchi vestiti dismessi. Tutto il mondo del vintage, collocato oggi nel web, riceverà dalla pandemia probabilmente un nuovo slancio all’insegna del riciclo di cose e oggetti. Tutto questo s’accorda perfettamente con la tendenza ad una visione ecologica della moda stessa, proponendo una sorta di ritorno alle origini, come se il mondo dei creativi del colore fosse ora composto da persone alle prime armi.
Difficile dire quali possano essere i colori per interpretare questo nuovo orientamento estetico. Forse il nero delle uniformi, colore calvinista per eccellenza, o piuttosto il bianco, colore orientale del lutto, il cui significato in occidente è invece completamente rovesciato? Edelkoort non si spinge nei suoi interventi sulla stampa mondiale a questo. Anche per lei non deve essere facile indicare quale sarà la direzione che prenderanno le grandi case di moda italiane e mondiali. Se è vero che di tutti i sensi quello che oggi più ci manda è il tatto, è possibile che il piacere di toccare e stringere avrà bisogno di colori vivi, per quanto non vivaci, come il ceruleo, il verde trifoglio, lo zafferano, il giallo cromo, l’ambra, presenti in quel catalogo di colori che Kassia St Clair ha mappato in Atlante sentimentale dei colori.
Abbracciare il colore è diventata una necessità che non riguarda solo i vestiti, ma anche le sedie, le poltrone, i divani, i tappeti e gli oggetti in genere. C’è una funzione che resta ancora sospesa in questo distanziamento imposto dal virus, cui il colore può dare un suo contributo essenziale: la percezione aptica, quella che nasce da quel particolare gesto che stringe le superfici tra le dita e il palmo della mano, una forma del tatto sin qui inseguita senza troppo successo dalla realtà virtuale. Saremo più connessi dopo la pandemia, ma la necessità di stringere i colori con le mani sarà un bisogno insopprimibile dopo.