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 2020  maggio 18 Lunedì calendario

Il Triplete dell’Inter mise fine a un’epoca

Il Triplete interista del 2010 è una di quelle rare date che cambiano le epoche. Se torniamo indietro di dieci anni ci accorgiamo che è cambiato tutto. Se ne sono andati dal calcio Massimo Moratti e Silvio Berlusconi, gli ultimi presidenti che gestivano le squadre di tasca propria. Questo ha fermato il calcio di Milano lasciandolo in balia di una sola squadra, la Juve. Sono arrivati presidenti stranieri portando grande freddezza nel rapporto con la gente. Sono cambiati i costi del calcio, aumentati di tre-quattro volte. È infine cambiato il calcio sul campo. Guardiola ha continuato a essere un riferimento, ma la sconfitta con l’Inter in semifinale lo portò ad abbandonare lentamente il tiki-taka e a inventare un gioco di possesso rapido e molto più verticale. E a capire che per evolversi doveva lasciare la Spagna. Quella Champions interista confermò invece che il calcio non potrà mai appartenere a una tattica unica, universale. Mourinho vinse quel triplete giocando come giocava Rocco cinquant’anni prima, gestendo i giocatori secondo l’avversario, avendo cura prima di tutto di difendersi e usando la propria modernità in un’esasperata attenzione dei dettagli, nella costruzione eterna del nemico. Credo che il triplete sia stato soprattutto merito suo. Anche l’Inter di Herrera, a cui indubbiamente Mourinho assomiglia, aveva molti più punti fermi, la sua formazione era una poesia, la scandivi a memoria come il verso di un sonetto. Quella di Mourinho è sempre stata piena di sorprese. Più che all’Inter del vecchio Moratti, questa del figlio mi ha ricordato alcuni esempi del Manchester di Ferguson, per l’ ampiezza del gioco, la semplicità e l’aggressività. Mourinho non aveva quell’anno una squadra formidabile, era un’Inter di tutti campioni ma forse di nessun fuoriclasse. La parte migliore era la difesa, quella linea con Maicon-Lucio-Samuel-Zanetti. La squadra subì mezzo gol a partita e ne segnò in media appena 1,30. Gli unici a giocare per intera la Champions furono appunto i difensori, più Julio Cesar ed Eto’o. Gli altri furono mescolati con grande abilità da Mourinho. Era più forte forse la sua Inter dell’anno prima che infatti vinse il campionato con dieci punti di distacco. L’anno del Triplete a quattro giornate dalla fine era ancora in testa la Roma di un punto, perse in casa con la Samp dopo essere andata in vantaggio. L’anno prima giocavano Ibrahimovic, Adriano, Balotelli ragazzo, Cruz, ancora Figo, Cordoba, Materazzi, Viera, Burdisso e c’erano già Cambiasso, Stankovic, Quaresma, Mancini. Non riuscirono a segnare un gol allo United ed uscirono agli ottavi. Forse anche Mourinho ha chiuso un’epoca con il Triplete. È con quella Inter che ha dato il meglio di sé. Dieci anni dopo resta un grande allenatore a cui tutti hanno fatto un po’ l’abitudine. E viene spesso esonerato come gli altri. La sua Champions fu invece uno straordinario crescendo. Cominciò con tre pareggi, due in casa, ritmo da eliminazione. Poi scoprì Pandev, convinse Eto’o a fargli strada, dette sostanza a Sneijder, trovò i gol di Milito (nelle prime sei giornate ne aveva segnato solo uno). L’anno dell’Inter chiuse anche quelli che erano stati i grandi anni del calcio italiano tra le Champions del Milan e il Mondiale di Lippi. Siamo stati tutti costretti a voltare pagina, come se un paese intero avesse dato il suo ultimo fiato per spingere Milito nella notte di Madrid. Non abbiamo più vinto niente, siamo usciti subito da due Mondiali e a uno non abbiamo nemmeno partecipato. Forse adesso si stava ricominciando a vedere qualcosa di diverso, nel calcio e nell’Inter. Poi il futuro ci ha preso a tradimento.