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 2020  maggio 18 Lunedì calendario

I Rockefeller dal petrolio al green

È un’icona americana, una leggenda nella storia del capitalismo. Il cognome di questa famiglia è immortalato in uno dei grattacieli più celebri del mondo, il Rockefeller Center sulla Quinta Avenue di Manhattan (da tempo non è più loro proprietà, ma vi conservano un ufficio). La dinastia Rockefeller 150 anni fa diede vita a un impero, fondato su due pilastri: petrolio e banche. Fu anche uno dei bersagli del nascente Antitrust fin dalle origini. Da molti anni i loro due gioielli – la ex-Standard Oil poi ribattezzata Esso, poi Exxon nel petrolio, la Chase nelle banche – non sono più loro. Il trust che gestisce le ricchezze familiari resta una cassaforte tra le più pregiate, ma ha abbracciato il credo ambientalista cedendo qualsiasi partecipazione in aziende legate all’economia fossile. Hanno perfino una Fondazione che ha finanziato cause giudiziarie celebri contro Exxon, incolpandola di aver occultato la scienza sul cambiamento climatico. Ora questo cognome altisonante fa notizia per una felice sorpresa: il loro fondo d’investimento ha battuto i benchmark del mercato e ha surclassato la concorrenza, con investimenti sostenibili che rendono più di quelli tradizionali.

La virata verde
La performance tutta “verde” del Rockefeller Brothers Fund va aggiunta a due altre notizie recenti. Nonostante la sua predilezione per le energie fossili, l’amministrazione Trump ha appena dato via libera alla più grande centrale solare mai costruita negli Stati Uniti. Il Gemini Solar Project della NV Energy ha tra i suoi azionisti la holding Berkshire Hathaway di Warren Buffett, è un investimento da un miliardo di dollari. La centrale solare da 690 megawatt, a Nord di Las Vegas, sarà in grado di fornire energia a 260 mila abitazioni. Insomma c’è un capitalismo americano – con Warren Buffett che è nel trio di testa degli uomini più ricchi degli Stati Uniti – che continua a credere nella sostenibilità come in un buon investimento. Senza lasciarsi distrarre dal fatto che il crollo del petrolio ha alterato tutti i parametri del settore, sconvolgendo i confronti sulla convenienza economica delle energie fossili. In realtà il petrolio non viene usato per generare elettricità negli Stati Uniti, quindi i veri concorrenti delle fonti rinnovabili come eolico e solare sono gas e carbone.

Il sorpasso delle rinnovabili
Altra notizia rilevante in questo senso: il 2020 sarà con ogni probabilità l’anno di uno storico sorpasso delle rinnovabili sul carbone come fonte di elettricità, un sorpasso in parte accelerato dalla pandemia. «Sembrava impossibile ancora un decennio fa, quando il carbone era così dominante da fornire quasi metà di tutta la corrente», scrive Brad Plumer sul New York Times. Tra l’altro la concorrenza tra rinnovabili e fossili è stata distorta da Trump che in tre anni ha fatto tutto il possibile per resuscitare il carbone, anche attraverso una deregulation che ha smantellato i limiti alle emissioni di CO2 delle centrali fissati da Obama. Eppure gli aiuti di Trump non hanno invertito una tendenza di lungo periodo: le utility continuano a chiudere definitivamente centinaia di centrali a carbone. Nel frattempo il costo degli impianti eolici è sceso del 40%, quello delle centrali solari dell’80%. Il coronavirus non ha provocato un’inversione di tendenza. Anzi, la paralisi degli ultimi due mesi, con il conseguente crollo del consumo di energia, ha favorito le centrali a gas o le rinnovabili i cui costi operativi sono generalmente inferiori rispetto agli impianti a carbone.

Mai più emissioni carboniche
Tutto questo riporta alla scelta che fecero diversi membri della famiglia Rockefeller cinque anni fa. Fu allora che alcuni eredi della dinastia storica diedero l’annuncio clamoroso: mai più un dollaro del loro patrimonio doveva contribuire alle emissioni carboniche. Il Rockefeller Brothers Fund cominciò a dismettere ogni partecipazione da aziende legate al business delle energie fossili. L’eliminazione di quegli investimenti dal patrimonio di 1,1 miliardi è ormai quasi totale, e nel frattempo i rendimenti del fondo hanno segnato +7,76% rispetto al benchmark di settore che ha fatto +6,71%. Il presidente del fondo di famiglia, Stephen Heintz, e Christopher Bittman che è uno degli amministratori, sono convinti che ambientalismo, lotta al cambiamento climatico e oculata gestione possono andare d’accordo. Uno dei principi strategici è questo: i danni del cambiamento climatico sui bilanci degli investitori tradizionali porteranno a perdite importanti, oggi sottovalutate.

Il Rockefeller Brothers Fund
Il Rockefeller Brothers Fund venne creato nel 1940 da cinque figli di John D. Rockefeller Jr., il figlio di colui che 150 anni fa fu il fondatore dell’impero petrolifero Standard Oil. Così grande che intervenne l’Antitrust a imporne lo “spezzatino”, uno smembramento in più compagnie. Il fondo di famiglia cominciò a interessarsi di cambiamento climatico nel 1986, e intraprese una sistematica strategia di attenzione verso gli investimenti sostenibili nel 2005. Valerie Rockefeller, una delle eredi che oggi dirige il Board of Trustees del fondo, è convinta che la vera rivoluzione in famiglia ebbe inizio nel passaggio delle consegne da John D. Senior (il creatore della Standard Oil) a John D. Junior: quest’ultimo iniziò a orientare l’attività filantropica verso la conservazione della natura acquistando terreni da donare al National Park Service.