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 2020  maggio 18 Lunedì calendario

Tre miliardi per Aliitalia ter

Tre miliardi sono una bella somma. E con 3 miliardi si fanno un sacco di cose. Per esempio, dice il cosiddetto decreto Rilancio, con poco più di quella cifra si possono sistemare certi problemi del sistema sanitario nazionale che l’epidemia ci ha sbattuto impietosamente in faccia. cominciare dal deficit pauroso di posti letto di terapia intensiva, per continuare con la carenza di personale medico e infermieristico. Evviva. Tre miliardi si potevano mettere su un piano di contrasto al dissesto idrogeologico, di cui il Paese ha un bisogno estremo. Tre miliardi si potevano perfino investire nella scuola, dotando finalmente tutti gli istituti di strutture informatiche decenti: che mai come in questo momento sarebbero state utili.
Aiuti inaspettati
Tutto ci si poteva aspettare, tranne che altri 3 miliardi venissero stanziati per creare una nuova compagnia aerea interamente controllata dallo Stato. Forse per pudore, nell’articolo 206 del suddetto decreto Rilancio che rilancia questa follia, non si cita la parola chiave: Alitalia. Perché è lì che si va a sbattere. Non contenti dei miliardi (7, o 10?) già bruciati con i vari tentativi di salvataggio, la coazione a ripetere gli errori ci spinge verso mete inesplorate di masochismo collettivo. E dopo Alitalia uno commissariata nel 2008, e dopo Alitalia bis commissariata nel 2017, è ora la volta di Alitalia ter. Formidabile l’ostinazione politica a perseguire un disegno fallimentare come questo. Raramente si è vista una tale determinazione da parte di una classe dirigente solitamente distratta e superficiale. Viene da pensare che se la medesima perseveranza fosse stata impiegata per modernizzare una burocrazia ingorda e ossessiva, rassettare la giustizia ingolfata, o più banalmente combattere le mafie, la corruzione e l’evasione fiscale, l’Italia sarebbe oggi un Paese decisamente migliore. Ci dobbiamo invece accontentare del tormentone Alitalia. Dice tutto, a proposito delle prospettive che avrà questa nuova singolare trovata, quanto accaduto negli ultimi tre anni. Giusto tre anni fa, il 2 maggio 2017, l’Alitalia ex dei patrioti (copyright di Silvio Berlusconi) che nel 2008-2009 tentarono un improbabile salvataggio con un piano industriale da dimenticare per poi passare la patata bollente agli arabi per una breve e improduttiva scorreria, veniva commissariata. Decisione inevitabile, che comunque aveva l’effetto di conseguire una specie di record: quello di una compagnia aerea che aveva due procedure commissariali contemporaneamente aperte. Con la prima delle due Alitalia commissariate che aveva ancora una quindicina di sedi in giro per il mondo, senza essere riuscita in quasi dieci anni a chiuderle.
Il governo ci riprova
Da allora l’Alitalia bis è stata affidata a un’amorevole terapia intensiva, con regolare somministrazione di prestiti ponte. Fino a quando il governo gialloverde della coppia Di Maio - Salvini è arrivato alla conclusione che si doveva procedere a un secondo salvataggio, dopo quello tanto patriottico quanto fallimentare del 2008-2009. Abbiamo assistito quindi ai piani e alle proposte più stravaganti. Con una costante: la fetta più grossa dei soldi ancora una volta avrebbe dovuto metterli lo Stato. Il quale nel frattempo, per consentire alla compagnia di continuare a bruciare il suo bel milioncino al giorno, aveva ideato un meccanismo per far pagare il conto alla vecchia cassa conguaglio per l’elettricità. Caricandolo così indirettamente sulle bollette della luce. E allora la discesa in campo delle Ferrovie, secondo uno schema che era stato immaginato ma per fortuna anche archiviato all’inizio degli anni Novanta. Con il Tesoro che magnanimamente accetta di convertire in azioni tutti i prestiti. E il tentativo di coinvolgere qualche privato con l’anello al naso, e il risultato di trovarsi a trattare per un calcolo ben preciso solo con Atlantia: la concessionaria delle autostrade che rischia di vedersi revocare la concessione dopo il crollo del ponte Morandi e infilandosi nell’Alitalia conta magari di evitare quel rischio. Ma tutto sfuma, e il Covid 19 mette a terra la compagnia.
Previsioni per il futuro
Che cosa abbia indotto ora il governo Conte bis a tagliare la testa al toro e dare vita a un’Alitalia ter risiede nell’imponderabile. Possiamo soltanto immaginare che cosa accadrà. Andrea Giuricin dell’Istituto Bruno Leoni twitta: "Se passa questo decreto Rilancio, il mercato aereo sarà distrutto. Per salvare Alitalia, si sta uccidendo tutto il mercato italiano che era triplicato tra il 1997 e il 2019. Siete pronti a volare a 400 euro tra Milano e Catania?" L’idea è che questa operazione possa prefigurare la rinascita di un monopolio, mettendo in crisi le compagnie low cost protagoniste di quella spettacolare crescita. Vedremo. Di sicuro anche prima, nonostante le low cost, c’erano tratte nazionali che costavano ben più di 400 euro. E poi va considerato che quelle compagnie sono state lautamente sussidiate dagli aeroporti italiani, in larga misura pubblici. Anche dopo la liberalizzazione il mercato aereo non è mai stato un mercato perfetto. L’unico vantaggio è che l’aumento dell’offerta, pur se talvolta un po’ drogato, aveva comportato un oggettivo calo dei prezzi. Ora il rischio che questo possa venire intaccato esiste davvero. Ma quello che potrebbe costare in più ai viaggiatori è niente rispetto a quello che tale avventura potrebbe costare ancora una volta ai contribuenti. E poi perché? Orgoglio nazionale, propaganda, incompetenza? Oppure solo stupidità?