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 2020  maggio 18 Lunedì calendario

Borse, le opportunità del dopo shock

La crisi improvvisa e la grande incertezza indotta dal Covid 19 ha provocato una inusitata divaricazione negli andamenti dei vari segmenti dei mercati azionari. Divaricazioni che alla lunga sono destinate a chiudersi e che, perciò, costituiscono opportunità di investimento (e di rischio). La prima reazione è stata di puntare tutto su Big pharma e colossi del web, che traggono benefici immediati dalla crisi. L’indice Nasdaq 100, dove otto titoli (Microsoft, Apple, Google, Facebook, Amazon, Intel, Netflix e Nvidia) rappresentano il 53% della capitalizzazione, ha recuperato tutte le perdite rispetto a inizio anno, contro il -12% dell’indice delle società di maggiori dimensioni, S&P500. Meglio ancora l’indice dei farmaceutici: +4% da inizio anno. Numeri che contrastano con la perdita del 27% dell’indice dei titoli small cap Russell 2000 (vedere il grafico).

I titoli small in Italia
Nelle Borse dell’Eurozona, già con pochi titoli tecnologici e farmaceutici, pesano le banche, in declino ancora prima della crisi. Ma, anche escludendo banche e finanziari (-48% da inizio anno), l’indice EuroStoxx segna -20% da inizio anno. E, a differenza del mercato americano, i titoli small perdono di meno (-16%). In Italia, a causa della povertà del listino, le stesse tendenze hanno portato a risultati paradossali: DiaSorin guadagna il 57% da inizio anno, con p/e di 52 volte gli utili 2020 (un livello da bolla delle dot.com), mentre Leonardo, Saipem e Autogrill perdono in media il 50%. Evidentemente, il mercato Usa ritiene che saranno le grandi corporation ad avvantaggiarsi degli interventi massicci della Fed e delle misure fiscali di sostegno, penalizzando le piccole. Atteggiamento condivisibile, visto che gli acquisti di corporate bond e le altre forme di finanziamento indiretto da parte della Fed sono orientati a evitare il dissesto dei “too big to fail” (per esempio Boeing e compagnie aeree). Una spiegazione analoga non vale per il miglior andamento dei titoli small nell’Eurozona: l’ipotesi che le misure in Europa mirino soprattutto alle piccole e medie imprese contrasta con la caduta dei titoli bancari. O i timori per i crediti non performing delle banche sono eccessivi, o gli investitori sottostimano l’impatto della crisi sulle finanze e sui conti delle medie imprese. Più probabile la seconda ipotesi. In questo caso il gap di perfomance tra titoli grandi e piccoli dovrebbe allargarsi a vantaggio dei primi.

Magnifici otto del Nasdaq
Riguardo ai magnifici otto del Nasdaq, va detto che di fronte a uno shock (positivo o negativo) dalle conseguenze imprevedibili, i mercati tendono a puntare sui cavalli vincenti nell’immediato, trascurando considerazioni di più lungo respiro. Per esempio, con l’avvento di Internet a fine anni ’90 i mercati puntarono su media e telefonici come maggiori beneficiari della nuova tecnologia. Ora sappiamo che sono stati due tra i settori maggiormente penalizzati dalla nuova tecnologia.
Gli elevati profitti di Facebook, Amazon e compagni derivano oggi più dalla loro dimensione e dalla posizione dominante nei rispettivi segmenti, che dalla spinta innovativa. Gli effetti della crisi sul benessere di una larga parte della popolazione e sulla distribuzione del reddito, e il ruolo rafforzato del pubblico nell’economia, aumenteranno la pressione regolamentare e a tassare questi gruppi, riducendone la capacità di fare profitti e crescere. Discorso analogo per Big pharma: è politicamente insostenibile trarre grandi profitti da una tragedia sanitaria. Inoltre, si privilegia l’investimento in questi titoli perché sono gli unici capaci di crescere e generare profitti anche in recessione e con bassa crescita. Quindi, o si crede in una stagnazione duratura, tipo anni ’70, oppure ai primi cenni di una vera ripresa, ci sarà, come sempre successo, uno spostamento massiccio verso i titoli ciclici; e i cosiddetti value, oggi fortemente a sconto rispetto ai fondamentali, tornerebbero vincenti.