Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 18 Lunedì calendario

Biografia di Haaland

Il calcio di Erling Haaland è un treno in corsa, un tir senza freni: gioca con la consapevolezza di non poter essere fermato, come se tra lui e la porta non esistessero ostacoli. Il suo stile è di brutale semplicità. La sua carriera procede alla stessa maniera: prende velocità man mano che avanza, sfrenatamente. In Norvegia lo hanno definito un orso che corre come un cavallo: rende l’idea.
Haaland, 194 centimetri per 87 chili, autore del primo gol della Bundesliga post virus, farà vent’anni tra due mesi, ma di quell’età non ha né la timidezza né la sfrontatezza: è solo uno che trova naturale giocare al pallone e farlo a quel modo, senza uno stile eppure con una simbiosi totale con il pallone, gli spazi, la porta. I suoi primi allenatori ammettono di non aver mai speso tempo a insegnarli qualcosa, la sua istintività non lo richiedeva. Solo Solskjaer, che ne ha guidato i primi passi da pro nel Molde, gli ha dato un consiglio memorizzato al volo: «Non devi per forza sfondare la porta ogni volta che tiri: quando senti di poter segnare, mantieni la calma». Quella, regolata all’istinto, è stato lo scatto decisivo.
Haaland prima si chiamava Håland. Poi nel 2019 Mino Raiola dal Molde lo mandò al Salisburgo (e non alla Juve, che lo aveva invitato a Torino) e decise che fosse meglio globalizzare il cognome, per poi globalizzare il personaggio. A gennaio 2020 l’Europa più ricca avrebbe pagato i 20 milioni di clausola, ma Raiola e Haaland padre, che è l’altro consigliere del figlio, avevano un piano preciso e hanno scelto il Borussia: perché è il club ideale dove far crescere un giovane, perché c’è un equilibrio perfetto tra ambizioni e qualità del gioco, perché Erling parla bene il tedesco, perché Favre è un tecnico che con i ragazzi ci sa fare, perché l’ambiente è elettrizzante, perché finire alla Juve o al Real sarebbe stato prematuro («Me l’avrebbero fatto giocare con l’Under 23», disse Raiola dei bianconeri) ma anche perché il Borussia ha condiviso l’impostazione finanziaria di un affare a medio termine conveniente per tutti. Intanto, nel passaggio a Dortmund Raiola s’è intascato una commissione da 15 milioni e il padre di Haaland una di 8. Poi, è stata fissata una clausola rescissoria di 75 milioni valida dal luglio 2021, quando il valore di mercato di Haaland sarà (o sarebbe stato, senza le svalutazioni causa pandemia) senz’altro superiore ai 100. A quel punto si scatenerà un’asta non sul prezzo del cartellino, già fissato, bensì sui bonus da pagare a procuratore e genitore e sullo stipendio da versare al giocatore. Il Borussia contabilizzerà una cospicua plusvalenza e intanto si sarà goduto i gol del fenomeno (13 a Dortmund, 41 in stagione). Raiola farà una montagna di soldi, ma non si può dire che non ci sappia fare.
Haaland è nato a Leeds, dove all’epoca giocava suo padre Alf-Inge: buon difensore (34 presenze nella Norvegia), ha chiuso nel City una carriera stroncata da Roy Keane che, dopo essergli entrato a gamba tesa sul ginocchio, si chinò su di lui e gli disse: “job done”, missione compiuta. Questo perché nel 1997 Keane si era rotto i legamenti in un contrasto con Haaland, il quale, con l’avversario a terra, lo accusò di essere un simulatore. L’irlandese quell’infamia non la poteva sopportare (passi il ginocchio rotto, non la lesione all’onore) e nel 2000, in un derby di Manchester, si vendicò. Siccome la saga continua, Haaland senior non porterà mai il figlio allo United, il club di Keane.
Se dal padre ha ereditato la potenza, dalla mamma, campionessa di eptathlon, il giovane Erling ha preso la velocità, l’elasticità e un certo talento per l’atletica: è tutt’ora primatista mondiale di salto in lungo tra i bambini di cinque anni, con 1,63. Nel calcio si è “limitato” a segnare 9 gol all’Honduras ai Mondiali U20 e una tripletta in 23’ al suo esordio con il Borussia, senza che nulla desti meraviglia: con lui sembra tutto così normale, scontato, inevitabile.