Il Sole 24 Ore, 17 maggio 2020
Lindo Ferretti e gli altri menestrelli della pandemia
Nel 1918, durante l’influenza Spagnola, uscirono in America decine di Influenza Blues, canzoni che anticipavano un’apocalisse che evaporò, anche nei ricordi delle persone, l’anno successivo. Tutto tornò come prima, anzi peggio. Alla fine, il confinamento globale non ha alimentato la fiamma eterna della creatività, per una semplicissima ragione: gli artisti, quelli veri, da sempre si isolano per creare. Questione di battito, non di dibattito. E di silenzi da coltivare. C’è un però: la pandemia, almeno nel messaggio (che non coincide quasi mai con il linguaggio creativo) ha comunque, in alcuni casi, prodotto nuove parole, nuovi moniti sul mondo che va a pezzi.
Sul fronte globale (e globalista), in queste settimane, sono arrivati i primi annunci, come il singolo cameristico Tomorrow’s World di Matt Bellamy(Muse), tra i più preziosi compositori, cantautori e polistrumentisti del nostro tempo. La canzone è un capolavoro di atmosfere sonore, straziante e distopico, a dispetto delle intenzioni dell’autore: «Il lockdown mi ha costretto a pensare a quello che conta veramente nella vita. E ho provato un senso di ottimismo crescente, di gratitudine e speranza per il futuro». Tra le follie del lockdown, da segnalare le tracce domestiche dell’utente della piattaforma Soundcloud user18081971, che altri non è che il più radicale e influente compositore di musica elettronica al mondo, Aphex Twin e la traduzione in musica della struttura molecolare del Coronavirus, composta dall’ingegnere biomedico Marcus Buelher del MIT di Boston (Viral Counterpoint of the Coronavirus Spike Protein 2019-nCoV). E poi, come sempre, c’è Bob Dylan. Che annuncia il nuovo album di inediti, dopo Tempest del 2012. Rough and Rowdy Ways, in arrivo il 19 giugno, è anticipato dal brano False Prophet. Il titolo del nuovo album è un omaggio alla star del country jodel Jimmie Rodgers a alla sua My Rough and Rowdy Ways del 1929 (l’anno della Grande crisi), mentre la canzone False Prophet cita If Lovin’ Is Believing del bluesman Billy “The Kid” Emerson (1954). L’ossessione di Dylan per l’epica della frontiera americana (di cui è ufficialmente l’Omero e l’Ulisse), avendo terminato lo spazio da conquistare, affonda ora il suo racconto nel tempo. Ma è la frontiera locale, quella della provincia, che ci offre le migliori intuizioni.
Tra le migliori canzoni generate in pandemia, c’è Mal’aria, una laude su pandemia e fine del (nostro) tempo, educatamente diffusa sull’osservatorio digitale DoppioZero (www.doppiozero.com) da Giovanni Lindo Ferretti. Che da oltre un decennio è il più autentico cantore della provincia italiana; prima con il manifesto editoriale, teatrale e infine discografico Bella gente d’Appennino, poi con un piccolo capolavoro editoriale, Annarella Benemerita Soubrette. CCCP Fedeli alla Linea (Quodlibet, 2014), entrambi capitoli ancora provvisori dell’epica tascabile di quel paradiso-purgatorio-inferno che è l’Italia rurale.
Ferretti racconta quel mondo sospeso e ancestrale che da secoli cerca di sopravvivere tra la spina dorsale (l’Appennino emiliano) e il ventre, o meglio la pancia (la pianura padana), del nostro Paese. Ora, dalla sua postazione isolata, scrive una canzone che assomiglia più ad un esperimento naif di video-arte contemporanea, in cui voce recitante, cantato, immagini potenti (e lo-fi) creano un racconto davvero inedito. Un ritorno al No Future, manifesto politico del punk emiliano dei CCCP e un diario della quarantena dall’isola verticale dell’Appennino, che è fuori dal tempo (ma non dalla Storia) almeno dalle guerre gotiche. Peccato che in questo momento, e da tempo ormai, non sia più accompagnata dallo sguardo necessario di Massimo Zamboni.
Ferretti, creatura folk-punk, introduce il suo racconto in puro stile Dylan, con immagini potenti e bibliche, senza fare né farsi la morale: «nei borghi, sui monti, dispiace dirlo tra tanto dolore intorno, è il paradiso terrestre ma è come se l’angelo stesse già posizionato sulla porta. La spada non l’ha ancora sguainata». È ancora, sempre, l’Emilia Paranoica che ha emozionato più di una generazione e ha consacrato la provincia italiana come luogo “metropolitano” di sperimentazione sociale e creativa. La taiga radicale dell’Appennino sarebbe uno dei migliori osservatori sociali del nostro Paese dall’anno zero, a solo volerlo osservare. Altri e più delicati boschi, quelli rappresentati da Giotto e dai Fratelli Grimm, hanno ispirato una strepitosa violoncellista e cantautrice irlandese, Naomi Berrill (già notata da Giovanni Sollima e Mario Brunello), che durante la quarantena ha composto Suite Dreams, album folk, jazz e cameristico composto da quadri sonori meravigliosamente limpidi.
Auguriamoci che, stavolta, ad evaporare sia la paura e non la fiamma con cui la pandemia ha incendiato un mondo parecchio buio, da parecchio tempo, consentendoci di guardarlo in faccia.