Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 17 Domenica calendario

La primula rossa di Telegram sconfitta dalla Sec

«O ggi è un giorno triste per noi qui a Telegram. Annunciamo l’interruzione del nostro progetto di blockchain». Il messaggio della resa arriva sulle chat di Telegram alle 18,51 del 12 maggio. Il mittente è Pavel Durov, il 35enne miliardario russo ideatore e proprietario dell’app di messaggeria istantanea rivale di Whatsapp.
Per Durov è l’ora più buia, l’attimo in cui si infrange un sogno che vale almeno 1,7 miliardi di dollari, tanti quanti sono i soldi raccolti finora da centinaia di investitori per sviluppare una nuova criptovaluta, il Grams, che nei progetti del giovane miliardario era destinata a diventare la moneta virtuale di Telegram. In pratica, ciò che Libra sarà (o dovrebbe essere) per Facebook, la società del suo antagonista Mark Zuckerberg: un business dal valore incalcolabile. Ma adesso il sogno è svanito.
L’aut-aut della Sec
Ciò che non ha potuto Vladimir Putin lo ha ottenuto la Sec, la Securities and exchange commission americana: fermare Durov e i progetti di Telegram. Il 24 marzo un tribunale americano ha stabilito che Grams non è una criptovaluta come il Bitcoin ma è un prodotto finanziario che deve essere autorizzato dalla Sec e, visto che ciò non è avvenuto e che la moneta potrebbe essere acquistata da cittadini americani, va dunque fermata in tutto il mondo. Durov ha riflettuto a lungo ma dopo 49 giorni ha ceduto. Il progetto Telegram Open Network è ufficialmente morto.
Per Durov è uno smacco difficile da digerire. Con 3,4 miliardi di dollari di patrimonio, l’inventore di Telegram è per Forbes il 565° uomo più ricco del mondo. Ma Durov non è solo questo. È l’incarnazione di una nuova élite mondiale che si muove senza confini, ripudia il potere degli Stati e mal sopporta l’autorità che i governi esercitano sulle iniziative imprenditoriali. Durov è l’anti-Stato, l’enfant prodige dell’anarco-capitalismo.
Dopo la sentenza del tribunale Usa, Durov ha polemizzato duramente contro gli Stati Uniti sollevando un problema di natura giuridica di rilevanza globale. «La decisione della Corte – ha accusato – implica che gli altri Paesi non hanno la sovranità di decidere cosa è bene e cosa è male per i propri cittadini. Se gli Usa decidono improvvisamente di vietare l’utilizzo di caffè e chiedono ai bar in Italia di chiudere perché degli americani potrebbero entrare nei loro locali, dubito che qualcuno sarebbe d’accordo».
Da Torino a San Pietroburgo
Nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo), infanzia in Italia, a Torino, poi di nuovo in Russia dove nel 2006 – finita l’università – crea VKontakte, il social network russo concorrente di Facebook, Durov si scontra ben presto con i servizi segreti di Putin, che vorrebbero entrare nelle chat del social network per sorvegliare gli utenti ucraini durante la crisi della Crimea. È costretto a mollare la sua creatura nel 2014 all’apice del successo ma nel frattempo ha creato Telegram, l’app che oggi ha raggiunto i 400 milioni di utenti mensili e che doveva diffondere la nuova criptomoneta Grams. 
Dopo il 2014 ha lasciato la Russia e ora vive a Dubai ma nel 2013 ha acquistato il passaporto di Saint Kitts e Nevis – arcipelago nelle Antille, dove peraltro non ha mai messo piede – per muoversi indisturbato senza utilizzare il lasciapassare russo. Dubai, Mosca, Antille, ovunque e in nessun posto, secondo il principio della diversificazione del rischio. Difficile bloccare qualcuno che non sai dove sia.
Una regola osservata scrupolosamente anche per strutturare il gruppo di società che controllano Telegram, una nebulosa di entità sulle quali è difficile accendere un faro perché disperse in alcuni dei paradisi fiscali e societari più impenetrabili del mondo.
I segreti nelle Isole Vergini Britanniche
Per fare un po’ di chiarezza sulla struttura societaria di Telegram bisogna consultare i documenti depositati nel Tribunale del distretto meridionale di New York, dove la Sec ha avviato la causa per ottenere lo stop della blockchain di Telegram. E frugare nei suoi archivi fino a ritrovare anche i documenti ingialliti di una causa del 2014 nella quale Durov aveva citato in giudizio i suoi ex soci in VKontakte. Solo così è possibile ricostruire – almeno parzialmente – in che modo Pavel Durov controlla la sua ricchezza valutata da Forbes in 3,4 miliardi di dollari.
Anche se da alcuni anni Durov vive a Dubai, negli Emirati Arabi, dove ha sede il cuore operativo di Telegram, per salire in cima alla piramide dell’impero del miliardario russo bisogna volare a Road Town, nell’isola di Tortola, la più importante delle Isole Vergini Britanniche (Bvi).
Qui ha sede la Telegram Group Inc, che secondo la Sec sarebbe la holding di controllo della web company. Sempre a Road Town, Durov possiede altre tre società: Telegram Messenger Inc, Dogged Labs Ltd e Ton Issuer, l’entità creata appositamente per gestire l’operazione Telegram Open Network che avrebbe dovuto generare la nuova criptovaluta.
Dal Belize a Panama
A 2.500 chilometri più a ovest, in Belize (altro paradiso fiscale) c’è la Telegraph Inc e 1.300 chilometri più a sud, a Panama, è registrata la Telegram Corp. Inutile dire che queste società sono soltanto delle cassette postali, senza dipendenti e domiciliate in edifici dove hanno sede migliaia – e a volte decine di migliaia – di altre società. Sono i luoghi perfetti se si vuole conservare un alone di mistero. Non si pagano imposte, non c’è obbligo di depositare i bilanci e di fornire informazioni sugli azionisti e sui beneficiari effettivi.
Quando il Sole 24 Ore ha chiesto di accedere ad alcune informazioni negli elenchi delle Bvi la risposta arrivata dai gestori del registro delle società è stata lapidaria: «Gli amministratori delle società registrate nelle Virgin Islands non sono obbligati a fornirci informazioni, quindi le informazioni non sono disponibili nel registro delle società». Stesso discorso a Panama, dove gli azionisti della Telegram Corp sono schermati da professionisti che di lavoro fanno i prestanome, o nominees come si definiscono nella terminologia anglosassone. 
Ultima tappa: Dubai
Altre quattro società della galassia Telegram sono domiciliate in Delaware, dove vige lo stesso principio delle Bvi, di Panama e del Belize. Le entità si chiamano Telegraph Llc, Durov Llc, Telegram Llc e Pictograph Llc. Insieme alla Digital Fortress Llc (nello Stato di New York) le ultime due sono state al centro della controversia che ha contrapposto Durov ai suoi ex soci nella VKontakte nel 2014. Impossibile avere accesso ai bilanci e capire chi sono gli azionisti effettivi.
Dal Delaware a Dubai ci sono più di 11mila chilometri di distanza. Nell’Emirato sono registrate due società: la Telegram Software House Llc, gestita da Alexandr Stepanov, braccio destro di Pavel Durov fin dai tempi di VKontakte, e la Telegram Fz-LLc. È questa, formalmente, la società operativa che gestisce Telegram. Ed è qui che la Procura della Repubblica di Bari ha inviato la richiesta per la soppressione dei canali Telegram che diffondevano illegalmente copie digitali di alcuni quotidiani italiani. L’inchiesta partita da un esposto della Fieg non coinvolge naturalmente Telegram ma solo le organizzazioni che sfruttano l’app per diffondere contenuti fraudolenti che danneggiano le società editoriali italiane. 
Al telefono nessuno risponde
Gli Emirati sono usciti nell’ottobre 2019 dalla blacklist dei paradisi fiscali stilata dall’Unione europea. Ma nonostante questo restano un paese con numerose zone d’ombra, come rilevano anche i rapporti della Financial Action Task Force (Fatf), l’agenzia internazionale di contrasto al riciclaggio di denaro sporco.
Al numero di telefono dell’ufficio di Dubai di Telegram il telefono squilla a vuoto. Anche il nome a cui rivolgersi per informazioni indicato nel sito sembra inattivo da molto tempo. Non c’è modo di raggiungere qualcuno in tempi brevi. Un anno e mezzo fa una blogger australiana si era introdotta in incognito nella torre che ospita ufficialmente Telegram per cercare gli uffici della società. Il Business Central Towers è un complesso di due torri di 51 piani che sorgono al confine di Dubai Media City, la free zone dell’emirato dove hanno sede le più importanti società di media e di comunicazione del mondo, da Al Jazeera a Bloomberg alla Cnn. Qui le società non pagano imposte e possono portare fuori dai confini utili e dividendi.
La blogger, comunque, non trovò traccia degli uffici di Telegram e nei locali che le erano stati indicati dal personale della reception trovò solo stanze vuote e abbandonate. 
Niente tasse e dazi
«Dubai è una città che cancella tutti i dogmi socialisti. Infrastruttura straordinaria combinata con un’assenza quasi completa di tasse e dazi doganali – ha scritto Durov su VKontakte il 23 novembre 2013 facendosi immortalare di spalle mentre ammira i grattacieli dell’emirato -. Allo stesso tempo, l’Europa è in profonda stagnazione. Il motivo è semplice: gli europei sono costretti a riscuotere tasse elevate e distribuirle sotto forma di prestazioni e pensioni, che sono generosamente promesse agli elettori durante le campagne elettorali. Saranno eletti coloro che promettono di più. Il socialismo è il risultato inevitabile del suffragio universale. Tuttavia, presto il paradiso socialista dell’Europa finirà. La globalizzazione e la crescente concorrenza tra paesi faranno il loro lavoro. Dubai è uno dei presagi dei prossimi cambiamenti del nuovo mondo».
I sette tabù di Durov
L’anti-Zuckerberg, come viene spesso definito l’inventore di Telegram, ama lascarsi andare a considerazioni pubbliche sui social network. Veste sempre di nero e osserva una cura manicale per la sua forma fisica. In occasione del 33° compleanno ha enunciato le sette cose che evita per mantenere la salute, l’efficienza e la produttività. Nell’ordine sono: non bere mai alcol, non mangiare carne (il pesce invece è previsto), non prendere mai medicinali (tranne quelli dal dentista), mai fumo né droghe, mai caffé, thè e bevande energetiche, mai fast food, zucchero e bevande gassate. Infine mai vedere la tv. «A un certo punto della mia vita – ha affermato – ho realizzato che queste cose diminuiscono la produttività e la chiarezza del pensiero».
Nel 2016, per festeggiare il 32° compleanno, ha affittato il castello di Procopio, una splendida fortezza medievale a pochi chilometri da Perugia ristrutturata e adibita a residenza di lusso. Durov torna sempre volentieri in Italia. A Torino ha frequentato le elementari perché il padre, filologo di fama e studioso dell’antica Roma, si era trasferito nel capoluogo piemontese per insegnare. Al suo ritorno a San Pietroburgo, Durov frequenta il ginnasio e si iscrive alla facoltà di filologia dell’Università di San Pietroburgo. È qui che nel 2006 crea il Facebook russo, VKontakte (Vk.com), che nel giro di pochi anni ha uno straordinario successo e lo rende ricco. 
Imprenditore libertario
Ma quando Vk.com è ormai il social più frequentato della Russia, gli uomini di Putin realizzano che non può più restare fuori dal controllo del regime. Chiedono più volte a Durov di consentire ai servizi segreti di accedere ai server. Durov rifiuta e comincia a costruirsi l’immagine di imprenditore libertario e allergico a ogni forma di potere. Quando perde il controllo di Vkontakte e alla fine cede la sua quota per 300-400 milioni di dollari, fa di Telegram il baluardo della privacy rifiutando di aprirne i server ai governi di Russia e di Iran. 
«Telegram difenderà sempre la privacy dei suoi utenti», è il mantra di Durov. Che si è sempre opposto agli occhi indiscreti dei governi. Questa, almeno, è l’immagine che ha scolpito di se stesso. Una “primula rossa” anarcoide e libertaria. Ma a volte, niente è come sembra.