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 2020  maggio 17 Domenica calendario

I verdi contro Michael Moore

Sapete come si alimenta un’auto elettrica? Con l’energia della rete, che al 95% dipende dal carbone. E l’idrogeno, che pure viene utilizzato come carburante, da cosa si ricava? Dal metano, cioè sempre da una fonte fossile. E il bioetanolo, che passa per essere un’altra alternativa «pulita» alla benzina? Dalle coltivazioni di canna da zucchero, che richiedono però molti fertilizzanti, e altrettanto carbone per la distillazione. Non se ne scappa: nel documentario di Michael Moore, Planet of the Humans (da qualche giorno visibile su Youtube) non si salva nessuna fonte di energia verde. In questo nuovo film il dissacrante regista americano – autore di documentari sempre molto discussi, da Bowling a Columbine a Fahrenheit 9/11 — ci accompagna attraverso il mondo delle energie rinnovabili, sempre con la stessa domanda: è possibile trovare delle fonti alternative, emancipate dai combustibili fossili e quindi non inquinanti? 
Moore, che si definisce un ambientalista precoce («a 9 anni sabotai la scavatrice che aveva cominciato ad abbattere il bosco dietro casa, infilando della sabbia nel suo serbatoio»), oltre che un fan delle energie verdi, gira l’America per mettere alla prova le sue convinzioni, con l’aiuto di scienziati, imprenditori e attivisti di associazioni ecologiste. E così dal deserto della California ai laghi del Michigan, scopriamo che non c’è fonte rinnovabile che non devasti ulteriormente l’ambiente, compromettendo ancora di più il futuro del pianeta. Vallate sfregiate da distese di pannelli solari, montagne terremotate per fare spazio a parchi eolici, intere foreste distrutte dagli impianti a biomasse. E sempre, dietro ogni tecnologia alternativa, rispuntano le vecchie fonti fossili. 
Il silicio delle celle fotovoltaiche? Lo si estrae dalle miniere, e poi va fuso negli altoforni che bruciano carbone. La più grande centrale solare del mondo, a Ivanpah, in California? Per accendersi ogni mattina deve essere alimentata per ore a gas, producendo emissioni altamente inquinanti. Le auto elettriche della Tesla? Sono fatte di alluminio, che richiede otto volte più energia dell’acciaio; litio, metallo la cui estrazione libera sostanze tossiche; e grafite, che è un’altra forma di carbone. 
Non se ne esce: per quasi due ore il documentario va alla ricerca di un’alternativa, restando impigliato nelle contraddizioni del capitalismo. «Appare chiaro che quella che chiamiamo energia verde e rinnovabile, e la nostra civiltà industriale, sono una cosa sola: misure disperate non per salvare il pianeta, ma il nostro stile di vita», commenta, fuori campo, la voce di Jeff Gibbs, il regista che ha affiancato Moore nella realizzazione del documentario. 
La sentenza definitiva viene affidata a Ozzie Zehner, l’autore di Green Illusion, un controverso pamphlet che già nel 2012 cercava di svelare i retroscena dell’industria del fotovoltaico e dell’auto elettrica, che è coproduttore del film: «Sarebbe meglio bruciare solo combustibili fossili, invece di fare finta» di produrre energia pulita, afferma ad un certo punto. 
Apriti cielo! Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il mondo ambientalista americano, accusato pure di collusioni con la finanza e le grandi corporation, attraverso le donazioni di cui beneficiano associazioni come Sierra Club e 350.org, e messo alla berlina per i conflitti di interesse dei suoi esponenti di punta – a partire da Al Gore, presentato come lobbista delle industrie che disboscano l’Amazzonia – è insorto, chiedendo la censura del film perché «pericoloso, fuorviante e distruttivo». Il documentario, la cui uscita era programmata per il 50esimo anniversario della Giornata della Terra, è stato comunque visto già più di 5 milioni di volte su Youtube. 
In una lettera aperta, sottoscritta da una ventina di climatologi, esperti di ambiente e filmmaker, un altro regista militante, John Fox, autore di Gasland (sull’industria del fracking) ha confutato molte delle tesi contenute nel film, a partire dall’affermazione che l’energia solare ed eolica siano inefficienti, inutili, e comunque dipendano da fonti fossili. Queste idee sono «false, antiquate e obsolete», e non tengono conto dei progressi fatti dalla tecnologia, si legge nella lettera. Il film riprende argomenti superati in modo tendenzioso e ridicolo, ignorando l’ultimo decennio di politiche per il clima e il New Deal verde. 
Debole è apparsa la difesa di Moore: «Credevo che le auto elettriche fossero una buona idea, ma non avevo riflettuto sull’energia che le alimenta – ha detto in un contraddittorio sui social —. Davo per scontato che i pannelli solari sono eterni, non sapevo cosa contengono». Il popolo del web si è così accanito contro quello che un tempo era l’idolo della sinistra americana. Eppure Greta Thunberg, mai citata nel film, condividerebbe le conclusioni del regista: «Dobbiamo accettare che una crescita infinita su un pianeta dalle risorse limitate è un suicidio, comprendere che la nostra presenza è già andata ben oltre ogni sostenibilità. Non sono le molecole di Co2 a distruggere il pianeta, siamo noi». Come dargli torto?