la Repubblica, 16 maggio 2020
La storia del colore rosa
Per Baudelaire che ne parla nel Pittore della vita moderna, il rosa “rivela un’idea di estasi nella frivolezza”. Non per niente fin dal Settecento era il colore preferito di cocotte e grandi seduttrici a partire da madame Pompadour, storica amante di Luigi XV. Lo conferma l’antropologo francese Michel Pastoureau, studioso della simbologia dei colori, quando scrive: “il rosa ha acquisito la sua simbologia nel XVIII secolo: quella della femminilità (è un rosso attenuato, spogliato del suo carattere bellicoso) e della dolcezza (si dice ancora ‘vedere la vita in rosa’)”.
Nel tempo a glorificarlo sono arrivate regine (si pensi a Maria Antonietta o a Elisabetta II d’Inghilterra), first ladies, una su tutte Jackie Kennedy, e una quantità di pittori. Da Claude Monet a Giovanni Boldini che nel 1916, in piena prima guerra mondiale, ritrasse velluto di seta cangiante color ciclamino la sottile Olivia Concha de Fontecilla nel famoso dipinto Signora in rosa (Ferrara, Museo Giovanni Boldini). In seguito la couturière Elsa Schiaparelli intitolò le sue memorie Shocking Life (1954) ed elesse la sfumatura più accesa di questo colore, lo shocking a sua nuance preferita, al punto da chiamare così il suo profumo più noto. Elsa ricorda nelle sue memorie: “Il colore all’improvviso mi si parò dinanzi agli occhi: impossibile, brillante, sfrontato, bello, pieno di energia, come tutta la luce, tutti gli uccelli e tutti i pesci del mondo insieme, un colore proveniente dalla Cina e dal Perù, non occidentale, un colore “shocking”, puro e non diluito”.
Dopo la moda è arrivato il cinema. Durante il secondo Conflitto mondiale quando a Hollywood i film di evasione iniziarono a essere in technicolor, il rosa divenne protagonista. È il caso del musical Ziegfeld Follies (1946). Per l’occasione, Helen Rose, capo-costumista della Metro Goldwyn Mayer, disegnò centinaia di costumi rosa tempestati di piume. I musical (costumi in rosa inclusi) hanno poi continuato ad attrarre il pubblico anche negli anni Cinquanta. Si pensi a tanti film con Doris Day, Marilyn Monroe – difficile dimenticarla mentre canta Diamonds are the Best Girls Friends, in Gli uomini preferiscono le bionde (1953) o Audrey Hepburn in Cenerentola a Parigi (1957). In quest’ultimo film Key Thompson nei panni della direttrice di una famosa rivista di moda, fa una sorta di inno al rosa come simbolo di una nuova gioia di vivere dedicandogli addirittura una canzone “Think Pink”. Nel tempo, con le sue infinite sfumature che dal cipria virano allo shocking, il rosa ha assunto i significati più vari. Non è un caso che Valerie Steele, storica della moda e direttrice del Museum at FIT di New York gli abbia dedicato tempo fa un libro e una mostra: Pink: The History of a Punk, Pretty, Powerful Color (Thames & Hudson, 2019). Così, oscillando tra il cosiddetto Millennial Pink – delicata sfumatura pare derivata dal film di Wes Anderson Grand Budapest Hotel (2014) – e le nuances più accese del ciclamino predilette da Lady Gaga, che l’anno scorso, all’ultimo Gala del Metropolitan Museum, indossava un’eccentrica mise shocking firmata Brandon Maxwell, il rosa non smette di incantare.