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 2020  maggio 16 Sabato calendario

Il muro prima del virus. Il romanzo di John Lanchester

Serve coraggio, per avviare una storia con la frase: «Sul Muro fa freddo». I romanzi non vivono in un mondo tutto loro, isolati e protetti dagli spifferi – non dovrebbero, almeno. Il freddo e la muraglia sono già precettati da Game of Thrones, la serie tratta dalle Cronache del ghiaccio del fuoco di George R. R. Martin (se il fantasy in tv diventa Shakespeare, è tutto merito di David Benioff, lo strepitoso scrittore di La 25° ora — poi un film di Spike Lee – e Città di ladri, su Leningrado assediata). «L’inverno sta arrivando» è il motto della casa Stark, che occupa le terre nordiche di Westeros e difende la Barriera, il muraglione di ghiaccio tirato su dagli antenati per tenere fuori gli Estranei.
Così inizia Il muro di John Lanchester, romanziere e saggista per il New Yorker e Granta. Oltre alla serie più vista in questi anni, oltre al muro di Berlino, oltre all’album dei Pink Floyd datato 1979 (anche in live berlinese, 1990), il titolo ammicca alla cronaca recente. Il muro sognato da Donald Trump per tenere lontani i messicani (il conto lo avrebbe dovuto pagare il Messico). La Brexit che ha separato la Gran Bretagna dall’Europa. Un catalogo di spunti, anche satirici, fatalmente spiazzati e smorzati dal coronavirus, dalla segregazione casalinga, dalle mascherine e dal divieto d’abbraccio.
Son le incertezze del mestiere: la fantascienza, sia pure soft, comporta rischi che altri generi non corrono. Il muro è uscito in Gran Bretagna l’anno scorso, candidato al Booker Prize vinto a pari merito da Margaret Atwood e Bernardine Evaristo: una femminista e una scrittrice di origine nigeriana. John Lanchester non immaginava che il 2020 sarebbe stato dei virologi e degli epidemiologi.
Il suo primo romanzo — Gola, uscito nel 1996 – era molto in anticipo sui tempi: un dandy, appassionato di cucina francese, che tra le belle arti non disdegnava l’omicidio.
Capital — uscito nel 2012 ma ambientato nel 2008 – raccontava Pepys Road. Una strada di Londra popolata da ricchi e meno ricchi: finanzieri, artisti alla Banksy, negozianti pachistani, calciatori senegalesi, muratori polacchi, anziane vedove. Tutti impauriti da lettere anonime che minacciano «Vogliamo Quello Che Avete Voi». La separatezza fatta Muro evoca la Brexit – nel linguaggio ufficiale si chiama «Struttura costiera nazionale», costruita dopo il Cambiamento. Politico, e si direbbe anche climatico: la temperatura va dal freddo al gelido. L’importante è che gli Altri – di cui non sappiamo granché – restino fuori. Una muraglia di 10.000 chilometri, presidiata da un Difensore ogni 200 metri: maschi e femmine prestano servizio obbligatorio per due anni. Non è chiaro cosa facciano poi, per alcuni si parla di “vita da ricchi”, per altri di noiosi lavori nei sobborghi. A Lanchester interessa soprattutto l’assurdità dello scudo.
La vita dei soldati è dura, le regole crudeli. Per ogni Altro che riesce a penetrare nella nazione-cittadella, un Difensore viene abbandonato in mare, su una barchetta. Come se l’isola fosse a numero chiuso: un clandestino entra, un britannico esce. Il nuovo arrivo diventerà un Aiutante, dotato di microchip come l’intera popolazione. Quando per punizione te lo tolgono, e non sei più nessuno, esiste la sindrome da microchip fantasma.
Racconta tutto Joseph Kavanagh, giovanotto delle Midland con le stesse iniziali di Joseph K. (oltre a Frank Kafka, John Lanchester aveva sicuramente certi romanzi di Ballard accanto al computer). L’ora della licenza, quando il Difensore torna a casa, aggiunge incubi a incubi. Fin troppo espliciti. La fantascienza colta e letteraria – per distinguerla dai geniali mestieranti delle generazioni addietro – chiarisce ogni dettaglio e sentimento: «I vecchi si sentono in colpa per aver mandato a puttane il mondo in modo irrecuperabile e poi per averci fatto nascere».
Il Cambiamento – che gli Altri chiamano Kuishia, in swahili sta per “fine” – abbandona il disastro Brexit per abbracciare il disastro climatico. Privandoci del gusto di confrontare la versione di John Lanchester con la versione di Ian McEwan: Lo scarafaggio racconta una blatta che entra a Downing Street e si risveglia con le fattezze e il carattere di Boris Johnson.
«Certi miei coetanei hanno una fissa per le spiagge, guardano foto, film e programmi tv». Si parla sempre del Muro, ma è quel che succederà presto a noi con le fotografie di folle e assembramenti. I personaggi di John Lanchester sono più esemplari che romanzeschi, anche se viene ribadita la necessità delle storie. Joseph Kavanagh in servizio sul muro incontra Hina, camuffata da maschio. Insieme decidono di offrirsi come Figliatori – nessuno vuole più fare bambini che rischieranno la vita sul Muro. Rispunta la fantascienza “generazionale” di Margaret Atwood, o P. D. James, I figli degli uomini.
Restiamo affezionati alla parola, anche se distopia fa un più nobile effetto ( ma quasi sempre nella trama l’ideologia prevale sul romanzesco).
Quando è più bravo, John Lanchester dimentica il messaggio: racconta seccamente l’angoscia della sentinella, la crudeltà degli attacchi, le gerarchie. Anche nel Muro troviamo chi dice: «andrà tutto bene». Come le famiglie felici di Tolstoj, tutti i disastri si somigliano.