il Giornale, 16 maggio 2020
Perché s’è dimesso il capo di gabinetto di Bonafede
A una settimana dalle dimissioni del capo del Dap Francesco Basentini, un altro uomo di Alfonso Bonafede, lascia il ministero della Giustizia. Ufficialmente per «ragioni personali» ieri il capo di gabinetto Fulvio Baldi si è dimesso «dopo un colloquio col ministro». Motivi personali che però arrivano 24 ore dopo la pubblicazione sul Fatto Quotidiano di conversazioni tra Baldi e Luca Palamara, ex pm indagato dalla Procura di Perugia per corruzione. Tra gli atti dell’inchiesta, che nel giugno scorso aveva scatenato un terremoto politico e giudiziario, decimando il Csm e rivelando l’influenza delle correnti sulle nomine in magistratura, ci sono conversazioni risalenti al periodo aprile-maggio 2019 tra lo stesso Baldi e Palamara, entrambi esponenti di Unicost, la corrente centrista dei magistrati.
Dialoghi intercettati dalla Guardia di Finanza ma non penalmente rilevanti, tanto che Baldi non è mai stato indagato. Ma che rivelano come Palamara tentasse di raccomandare al capo di gabinetto, ex sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione ma anche amico, due magistrati da inserire negli staff ministeriali. Stralci imbarazzanti che, a quando trapela, Bonafede non avrebbe gradito visto che lo stesso ministro all’indomani del scandalo scoppiato al Csm annunciò battaglia contro l’influenza delle correnti in magistratura.
Nell’aprile 2019 Palamara chiede al capo di gabinetto un posto al ministero per una pm a lui vicina. Baldi risponde «presente» e dice di averla segnalata al capo dell’ufficio legislativo – ora reggente – Mauro Vitiello: «Ho passato il nome, vediamo che cazzo succede – dice Baldi – prima o poi te la porto qua, stai tranquillo perché è una considerazione che ho per te, un affetto che ho per te, e lo meriti tutto». E ancora, rivolgendosi a Palamara: «Se no che cazzo li piazziamo a fare i nostri?» I «nostri» sono i magistrati della stessa corrente, Unicost. La raccomandazione però non va a buon fine, perché, secondo Baldi, Vitiello apparterrebbe a un altra corrente, Magistratura democratica. Allora «prenditela tu», ribatte Palamara. Impossibile però, perché tutti i posti sono già stati assegnati: «Se non ero completo non c’era nessun problema», risponde Baldi. Successivamente l’ex pm, oggi sospeso dalle funzioni, vuole raccomandare un altro magistrato, «vicinissima a noi», per un altro ministero. Nessuna delle segnalazioni è andata a buon fine. Ma ce ’è quanto basta per infiammare la polemica politica contro il ministro Bonafede, con le seconde dimissioni arrivate nel giro di pochi giorni. E così si alza la fibrillazione alla vigilia di una settimana cruciale per il titolare della Giustizia, con la mozione di sfiducia del centrodestra e l’audizione in commissione antimafia sul caso delle scarcerazioni dei boss. Le conversazioni pubblicate seppur considerate non rilevanti ai fini dell’inchiesta ribadiscono però il «peso» che avevano allora le correnti sugli incarichi in magistratura. Bonafede è sotto attacco anche per il molto spazio dato al ministero a Unicost, la corrente di cui era esponente Palamara. Ne facevano parte oltre all’ex capo del Dap Francesco Basentini e allo stesso Baldi, anche da Leonardo Pucci vice capo di gabinetto del ministro. L’opposizione incalza: «Il ministro dovrebbe chiarire quali altre pressioni ha subìto dall’ex pm Palamara, già capo di Anm, per la creazione degli uffici di staff e quali altre liste ha ricevuto in questi anni», dice il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia. Per l’azzurro Giorgio Mulé «uno dopo l’altro vanno via tutti i dirigenti del ministero della Giustizia. Prima il capo del Dap, oggi il Capo di gabinetto. L’unico che dovrebbe togliere il disturbo è il ministro». Il leghista Jacopo Morrone, ex sottosegretario alla Giustizia, ricorda che «abbiamo presentato una mozione al Senato che è calendarizzata per mercoledì. Ci sono le dimissioni di tutti gli uomini più vicini al ministro ma il ministro mantiene la sua poltrona».