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 2020  maggio 15 Venerdì calendario

Che nostalgia della foto di classe

Questo sarà il primo anno della nostra vita senza la foto di classe. L’unico anno, si spera. Ma Francesco, un bimbo della quarta elementare Renato Sclarandi di Torino, non si è perso d’animo. Ha magistralmente disegnato i compagni a matita, ha scattato una foto dell’opera e l’ha inviata agli amici: «Visto che non possiamo fare la foto insieme, c’ho pensato io». L’immagine, rilanciata su Facebook dalla viceministra all’Istruzione Anna Ascani, ha fatto il giro dei social. Documenta il talento di un bimbo, ma è anche l’emblema di quello che i ragazzi si stanno perdendo col lockdown, perché la scuola non è fatta solo di lezioni e compiti, ma anche di socialità. Raduni con gli amici, studio insieme, sport e vita all’aperto mancano tanto di più, se fatichi a cogliere i motivi del divieto. Finora, la foto di classe faceva venire nostalgia di ciò che era stato. Ora, il buco nell’album farà venire nostalgia di ciò che non è stato. 
Giovanni Floris, oltre a condurre DiMartedì su La7, ha scritto romanzi su giovani compagni di scuola, come Quella notte sono io e La prima regola degli Shardana, e ora dice al Corriere: «Negli anni della formazione, ogni istante ha un peso specifico enorme. L’ultimo giorno di scuola, la gita sono attimi fermati anche da riti come la foto. Spero che gli studenti troveranno il modo per scattarla lo stesso: si vedranno davanti alla scuola o al parco e molto mi aspetto dai professori. Sarà l’unico anno con distanziamento e mascherine, perciò rivedere la foto da grandi sarà ancora più forte». Nella foto di gruppo del suo quarto anno al Liceo Tasso di Roma, sezione E, anno 1985, ci sono compagni ancora parte della sua vita: «Li considero affetti stabili. Per me, i compagni di scuola sono i congiunti del futuro», chiosa lui. 
Lo scrittore Andrea De Carlo ama disegnare e nell’edizione illustrata per il recente trentennale di Due di Due, ha messo il disegno di una classe di liceali ispirato ai suoi anni al Berchet di Milano e a quel suo romanzo: «Ogni studente ha il suo atteggiamento, vedi la posa svogliata o spinta dal desiderio di mettersi in mostra, vedi la compagna più carina, il ribelle... Insomma, c’è tutto il gioco delle parti. Le foto di fine liceo, poi, sono come un messaggio nella bottiglia che dice: nella fase embrionale in cui tutto si andava definendo, eravamo così».  
Hanno già in terza elementare l’aria di quelli che sognano in grande Sergio Leone ed Ennio Morricone, che si ritroveranno quasi trent’anni dopo quel 1937, con Morricone che comporrà le colonne sonore di film come Per un pugno di dollari,  C’era una volta il West e C’era una volta in America. «Il ricordo di Leone è nella mia memoria senza bisogno di guardare le foto», dice ora il maestro, «siamo stati amici, spesso andavamo a cena con le famiglie». Certe cose, però, non si vedono dalle foto e sfuggono pure vis à vis: «Parlavamo spesso della Roma, ma solo allo stadio, un giorno, lo vidi esultare per un gol della Lazio ai giallorossi e scoprii che era tifoso laziale». 
Il «come eravamo» fa subito nostalgia. Il premier Giuseppe Conte si è commosso quando in visita al suo Liceo, nel foggiano, gli hanno fatto vedere vecchie foto di gruppo. Papa Bergoglio ha raccontato che lo addolorava il bullismo di cui era vittima un compagno, che sente ancora. Le foto di classe evocano anche confronti a volte impietosi, a volte no. Silvio Berlusconi, noto barzellettiere, ha raccontato a Che tempo che fa: «Ho invitato i miei compagni di liceo. Uno è venuto sostenuto dal figlio, l’altro dal bastone... Ho detto: ho invitato i compagni di liceo, non i loro genitori».