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 2020  maggio 14 Giovedì calendario

Periscopio

La pandemia ci ha messo a nudo. Tutte le deficienze collettive stanno venendo fuori: adesso è chiaro ai più che siamo fragili, deboli e impreparati su tutti i fronti. Francesco Alberoni. Il Giornale.
Va bene la cultura antica, i monumenti, ma non si può vivere di solo passato. Nella cultura di oggi siamo niente, siamo inutili. Ma io non voglio essere inutile, ho fatto di tutto nella mia vita per non esserlo. Gianna Nannini, cantante (Gino Castaldo). la Repubblica.

Gli Stati Uniti, che sembravano essere al di là del bene e del male, sono molto impreparati. Il progresso ci ha portato tanti benefici e confidavamo nel fatto che non ci sarebbero più state spiacevoli sorprese. Ebbene, no! Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano, Nobel per la letteratura (Juan Cruz). la Repubblica.

L’alibi dell’opposizione è però che in un momento d’emergenza può dire poco: se appoggi il governo sparisci, se attacchi troppo sei considerato uno che in piena emergenza cerca di guadagnare consensi. In compenso agli occhi del fronte governativo, da la Repubblica al Fatto alla Gruber e loro codazzi, sembra che il problema italiano sia sempre e solo Salvini e dobbiamo benedire il governo perché altrimenti con Salvini saremmo morti tutti. E in mancanza di bersaglio si accaniscono col povero Fontana, governatore della Lombardia e col suo assessore Gallera. Marcello Veneziani. Panorama.

Ho subìto infinite vessazioni durante tutta la mia vita che mi hanno portato, professionalmente, socialmente, economicamente, esistenzialmente, ai margini della società nella frustrante posizione del «bombarolo» di De André. Per tutta la vita ho cercato di essere leale nei confronti del Paese in cui mi è toccato di nascere, non nascondendo mai le mie posizioni quando gli erano avverse. Ma adesso mi sono stufato di fare «il bravo ragazzo». E questa è l’ultima dichiarazione leale che faccio. D’ora in poi, nemici o estimatori che siate, non potrete più fidarvi di me. E le forme della mia rivolta le sceglierò io. Massimo Fini. il Fatto Quotidiano.

Gli americani esigono che il pianeta intero riconosca che certi stati d’importanza secondaria costituiscano un «asse del male» che deve essere combattuto e distrutto: l’Iraq di Saddam Hussein, verboso ma insignificante, la Corea del Nord di Kim Jong-il, primo (e ultimo) comunismo ad avere istituito una successione ereditaria per primogenitura, residuo di un’altra epoca e votata a scomparire da sola in assenza di qualsiasi azione militare. Emmanuel Todd, Après l’empire, Dopo l’impero. Gallimard, 2002.

Il direttore di Radio Rai Venezia, in viaggio verso Roma, si fermò a Rimini per riposarsi al caffè Forcellini. Quella domenica ero alle prese col derby Ravenna-Rimini. Terminata la cronaca, il direttore segnalò a Roma uno studente che raccontava il calcio con una tonalità a suo dire inedita. Parlava allo straordinario capo delle Radiocronache, Vittorio Veltroni, padre di Walter. La Rai, non disposta a cedere alla richiesta di aumentare il compenso del celebre Nicolò Carosio, mi chiese se ero disposto a trasmettere, sperimentalmente, Bologna-Genova. Il mercoledì un telegramma mi invitava a Roma, via Asiago 10, «per comunicazioni». La domenica raccontavo, in diretta, Roma-Fiorentina. Poco dopo, Veltroni mi segnalò a Cesare Zavattini, suggerendogli di ascoltarmi. Cominciò così la mia avventura in Rai. Sergio Zavoli (Pierluigi Vercesi). Corsera.

Ma a via del Corso qualche labrador affannato al guinzaglio (i cani sono alibi a quattro zampe, costretti dai padroni alla terza passeggiata del mattino) ti strappa un sorriso. Come le rose che grondano generose da un balcone di un vicolo, o il gatto che da un davanzale ti spia, indolente. E ti accompagna sempre, fedele, il chiocciare delle piccole fontane. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

Il governo italiano faceva notare, con una mia lettera del 2008 alla Lagarde, allora presidente di turno della Ue, che nei trattati europei non c’era la parola crisi. Trattati che erano stati tutti scritti in termini progressivi e positivi dove il bene era la regola e il male era l’eccezione non prevista. Si iniziò, quindi, sulla base della nostra proposta, la discussione sulla crisi e sulla necessità di introdurre un fondo anti crisi. Alla fine, una notte, fu invitato in Eurogruppo un notaio per incorporare con strumenti di diritto privato il primo fondo europeo. La logica della discussione, in quelle lunghe notti, era, sopra, serietà, pur se non austera, nel fare i bilanci nazionali; sotto, solidarietà per chi andava in crisi e, in mezzo, il fondo europeo come piattaforma da cui lanciare gli eurobond. Sugli eurobond ricordo l’articolo scritto sul Financial Times da me e Juncker. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia (Andrea Indini). il Giornale.

Vittorio Messori, modenese di Sassuolo, figlio di anticlericali, allievo di Alessandro Galante Garrone, Norberto Bobbio e Luigi Firpo, la trimurti del laicismo duro e puro, laureato con una tesi sulla storia del Risorgimento, già detentore di un’agendina sulla quale si era appuntato i numeri di telefono delle più avvenenti prostitute torinesi, convertitosi a 24 anni per quella che definisce «un’evidenza del cuore» seguita alla lettura dei Vangeli (sua madre Emma voleva portarlo da uno psichiatra perché pensava che fosse in preda a un esaurimento nervoso), ripete spesso alla moglie Rosanna: «Sta’ tranquilla, quel Gesù Cristo in cui crediamo noi lo incontreremo». E dell’abbazia di Maguzzano non ha mai sottovalutato «il benefico influsso spirituale delle tante croci nere sulle tombe – disadorne, secondo la Regola – del cimitero monastico in fondo all’uliveto». Stefano Lorenzetto. L’Arena.

Ho sofferto di lunghi periodi di malinconia e anche della voglia di scomparire. Ma sono ancora qui. Se non si affoga, prima o poi, si torna a galla come lo scampato che desidera una vita più normale: ho scartato le ambizioni e le rivalità, e per questo mi sembrava legittimo pensare che la vita sarebbe stata più semplice. Mi sono sbagliato. Eugenio De Signoribus, poeta (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Inizia all’infanzia il danno dei nuovi mezzi di comunicazione che colpiscono la capacità di concentrarsi, quindi la memoria. Non a caso adolescenti in auricolare vagano con dei grammofoni in miniatura infilati nel cervello. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio, 2011.

I nostri comunisti di Vimondino Arpinati li trattava da spazzapollai. So che un giorno disse preciso così: «Siete bravi a rubar galline». Guido Morselli, Il comunista. Bompiani, 1976.

Sono un uomo finito. Restano solo le rifiniture. Roberto Gervaso. il Giornale.